Canaglie, delinquenti e coglioni
Qualche ingenuo pensava ancora che la Corte Costituzionale potesse avere uno scatto d’orgoglio, rivendicando coi fatti la propria indipendenza di giudizio e la propria onestà morale e intellettuale. Ci voleva poco a capire come sarebbero andate le cose.Troppi indizi lasciavano capire qual era l’esito già segnato. Quell’essere abominevole che risponde al nome di Giuliano Amato (il rapinatore che in una notte depredò i conti correnti degli italiani per il bene della Patria), quando era ancora presidente di quel nobile consesso, in alcune interviste lasciò trapelare quale fosse l’orientamento della sua masnada: quello di dichiarare legittime tutte le brutture di cui si era macchiato il governo del suo amichetto Draghi. Che un giudice anticipi pubblicamente l’esito di un giudizio ancora da pronunciare nelle sedi istituzionali deputate è un comportamento da censurare nel modo più severo. Nessuno ebbe niente da dire. Nelle stanze del potere giudiziario si era già informati di quel che la sentenza della Corte avrebbe dichiarato. I giudici dei tribunali ordinari ne avevano piena contezza. Al punto che qualcuno fu così spudorato da scrivere nero su bianco, nella motivazione di rigetto di un ricorso, che la giurisprudenza della Consulta relativa agli obblighi vaccinali sarebbe stata a breve modificata. Anche questo è un comportamento inaudito: come può un giudice emettere una sentenza sulla base di un presunto orientamento futuro di un organismo gerarchicamente superiore, in difformità dalla giurisprudenza che quel medesimo organismo ha sempre professato e ribadito fino a quel momento (e quindi è, al presente, l’unico punto di riferimento che può essere legittimamente invocato)? L’imbarbarimento del sistema giudiziario italiano ha raggiunto limiti difficilmente superabili. D’altra parte, dopo lo scandalo Palamara, che cosa c’era da aspettarsi? Ciliegina sulla torta: il giudice che aveva assistito Mario Draghi come consigliere nella sua azione di governo (e che quindi aveva avallato, e forse addirittura suggerito, tutti gli attentati alle libertà costituzionali da quel governo perpetrati) subito dopo la scadenza del suo incarico è stato nominato dal Presidente della Repubblica giudice della Consulta. A quale scopo? Il motivo è fin troppo evidente: rafforzare, all’interno della Corte, la componente favorevole all’azione governativa: in linea con l’atteggiamento del supremo garante della Costituzione, che ha sempre promulgato senza batter ciglio tutti i provvedimenti liberticidi sottoposti alla sua firma.
Sono state rese note le vicende che hanno ritardato di qualche ora la pubblicazione della sentenza. Anche qui, i giudici hanno offerto un’immagine davvero bieca della loro deontologia professionale. Alle rimostranze di uno degli avvocati ricorrenti, che giustamente deplorava, senza far nomi, la presenza del sunnominato giudice in conflitto d’interessi per essere stato consigliere del governo, la presidente della Corte ha ribattuto seccamente che l’organo da lei presieduto è ben cosciente dei suoi doveri e non può essere sospettato di parzialità. Come il Marchese del Grillo: “Io sono io e voi non siete un cazzo”. Come quegli “scienziati” che pontificavano sui vaccini mentre sul loro curriculum era presente la notizia -in seguito debitamente cancellata – della loro appartenenza agli “advisor” delle case farmaceutiche. Quando poi qualcun altro faceva presente che una giornalista fino a un mese prima in servizio presso la Corte come portavoce ufficiale aveva pubblicato un articolo in cui si rivelava il dispositivo dell’imminente sentenza, la presidente gli toglieva la parola. Grossolani e ignobili gli interventi dell’Avvocatura dello Stato, che ha saputo soltanto motivare l’obbligo vaccinale per ragioni di solidarietà, facendo riferimento a dati del tutto difformi da quelli desumibili dalle fonti più accreditate. Moralismo da quattro soldi. Povera e nuda vai, giurisprudenza!
Dicevamo qualche giorno fa che probabilmente il governo Meloni si era astenuto dal sospendere, come aveva promesso, l’irrogazione delle multe agli ultracinquantenni renitenti alla vaccinazione in attesa della sentenza della Corte, nella speranza che potesse essere favorevole all’obbligo vaccinale: nel qual caso le multe sarebbero state mantenute,con beneficio delle casse erariali. Se i trasgressori sono circa due milioni, il bottino risulterebbe di circa 200 milioni di euro. Niente male: possono sempre servire a mandare un po’ di armi a Zelenski, in nome dei valori fecali dell’Occidente. Ebbene, sbagliavamo. Il governo non si limitava a sperare, era sicuro che la sentenza della Corte avrebbe fatto il suo gioco. Così il provvedimento che avrebbe dovuto essere inserito nel primo Decreto Aiuti è stato rimandato al secondo Decreto Aiuti e di lì alla Legge Finanziaria, per poi scomparire del tutto. La Lega ha finto di porre rimedio presentando all’ultimo momento una sua proposta, che però era destinata a decadere grazie alla pubblicazione dell’agognata sentenza. Chi credono di prendere in giro? Se il governo Draghi era un governo di delinquenti, anche questo è un bel governo di canaglie.
Per giustificare i continui rimandi del provvedimento di sospensione promesso si è accampata una motivazione da squisiti legulei, sostenendo che alcuni coglioni (non saprei come altro chiamarli) avevano pagato spontaneamente l’ammenda non appena ricevuta la lettera che li informava dell’apertura del procedimento sanzionatorio, senza attendere l’arrivo della cartella esattoriale. Se si cancellava la sanzione dovevano essere rimborsati, ma questo significava rendere retroattivo il provvedimento. E perché mai? Se hanno pagato prima del tempo, vale la regola successiva. Tempus regit actum. Il tempo della regola successiva rende indebito il pagamento anticipato, che quindi va rimborsato.
Anzi, sapete che cosa vi dico? Non si deve rimborsare un bel niente. I coglioni devono pagare lo scotto della loro coglioneria.
Il problema è che lo scotto lo pagano anche i normali. Più che preoccuparmi del nuovo ministro della salute mi preoccupo di quello alla cosiddetta innovazione tecnologica, anche lui nella stessa posizione di interessato come il consigliere di Draghi che finisce per essere nominato giudice costituzionale. L’identità digitale è per lui qualcosa di simile al controllo panoptico pechinese. Se Giorgia Meloni lo ha voluto con sé, evidentemente anche lei non è molto interessata al discorso sulla libertà personale. I nazifascisti di sinistra in servizio permanente hanno già ripreso a cantare il loro inno ufficiale dal titolo “La salute prima di tutto”. Mai la libertà prima di tutto, in nome della sicurezza si possono approvare atti patriottici in stile tutela delle torri gemelle. Solo che se avviene negli Stati Uniti (se il governo è repubblicano), li sentiamo protestare; qui li vediamo applaudire al salutismo. Senza considerare che visti i risultati, abbiamo sia meno libertà che meno salute. Loro hanno ancora più potere ed è questo l’obiettivo reale. Un altro pezzo di cultura occidentale è… Colao a picco.
Approfitto per comunicare un cambio di indirizzo.