Don Giovanni

Notre Dame

Sarà proprio vero che nell’incendio di Notre Dame il terrorismo islamico non ci ha messo lo zampino? Corre voce che in Francia molti altri edifici religiosi, in questi ultimi tempi, abbiano subito danni di vario genere, per cause non ben identificate, ma le notizie in proposito siano state fatte  passare quasi del tutto sotto silenzio. Il governo Macron ha già molte gatte da pelare, dai “gilet jaunes” alla situazione libica che sta sfuggendo di mano a chi l’ha attizzata: non è il caso di aprire altri fronti polemici, con il pericolo di rinfocolare l’estremismo musulmano. D’altra parte, è anche vero che da molte centrali del fondamentalismo islamico sono giunte acclamazioni di gioia: è la vendetta di Allah contro i Crociati! Superstizione contro superstizione, bigottismo contro bigottismo, si potrebbe dire: no, è la vendetta di Dio Santissimo per gli scempi del patrimonio religioso perpetrato dai giacobini e dai sanculotti al tempo della Rivoluzione, quando l’abbazia di Cluny, per rimanere al caso più famoso, fu rasa completamente al suolo, tranne poche rare vestigia, e la stessa basilica di Notre Dame fu fatta oggetto di insulti d’ogni genere, per essere infine trasformata in una sala per le assemblee. La grande guglia che la sormontava, conservando al suo culmine alcune sacre reliquie, fu abbattuta per la prima volta proprio in quell’occasione. Ricostruita ad opera di Viollet le Duc, nel secondo Ottocento, quando imperversava il cattivo gusto del neo-gotico e del cosiddetto restauro stilistico, ha subito ora una nuova ingiuria, incenerita dalle fiamme. Mi vien voglia, da antistatalista incallito, di insinuare: con la legge del 1905, che sanciva la separazione della Chiesa dallo Stato, tutti gli edifici religiosi di Francia sono diventati di proprietà pubblica, e dati in concessione all’autorità ecclesiastica per le funzioni del culto; ecco che cosa succede con lo Stato proprietario! Pare che la maggior parte degli edifici sacri non siano coperti da assicurazione. La tentazione di dire così è molto forte, ma non vorrei diventare anch’io un talebano, sostenendo che il pubblico fa sempre schifo e il privato è sempre rose e fiori. Non è detto che, se Notre Dame fosse rimasta proprietà della Chiesa francese, se ne sarebbe avuta più cura. Va riconosciuto che in Francia la cultura è tenuta in grande considerazione, le opere d’arte sono ben tutelate e i musei sono governai nel migliore dei modi.

Forse è il caso di lasciar da parte dietrologie e bigottismi, per attenersi ai fatti. Non sarebbe la prima volta che un intervento di consolidamento o di restauro di un monumento antico, e in particolare di un edificio religioso, provoca più danni delle ingiurie del tempo. Talvolta ci si mette anche la malizia degli uomini. Sappiamo che l’incendio della “Fenice” di Venezia fu provocato ad arte, e fatto passare per un caso fortuito, per lucrare i risarcimenti delle assicurazioni. Ma, per fortuna, non è sempre così. Pensiamo all’incendio di un altro teatro, il Petruzzelli di Bari, che doloso non fu. O all’incendio della Cappella della Sindone a Torino. Nell’anno 1935 la cupola di Filippo Juvara che svetta sulla cattedrale di Como fu divorata dalle fiamme proprio durante lavori di riparazione. In sede penale, si accertò che non era stato un atto doloso, ma che l’incendio si era sviluppato a causa di una fiamma ossidrica lasciata accidentalmente accesa, che aveva intaccato le strutture lignee della costruzione, gravemente deteriorate. Sempre a proposito di restauri et similia, rivelo qui un episodio di cui, con un amico più libertino di me, fui testimone decenni fa. Sempre a Como, nella basilica di Sant’Abbondio, si stavano scattando le fotografie degli affreschi absidali, che dovevano servire come corredo iconografico al bel saggio di Liliana Balzaretti per il volume curato dalla CARIPLO in omaggio all’illustre monumento. Nello spostare le impalcature montate per la bisogna, capitò che una trave sporgente andasse a graffiare la muratura affrescata, tracciando un bel baffo sotto il naso della figura di non so più quale santo. Il responsabile delle operazioni divenne pallido come un morto; l’unico prete presente, tanto per non smentire il principio che il denaro è sterco del diavolo, seppe dire soltanto che si sarebbe potuto pretendere dalle assicurazioni un bel gruzzolo. Il giorno successivo il guasto era stato riparato, non so come. Vi assicuro però che ancora oggi, in determinate condizioni di luce, conoscendo il punto della parete dove l’incidente avvenne, qualche traccia di quel baffo si vede ancora. In somma, il tempo deteriora, le cause accidentali distruggono, la negligenza umana provoca disastri, il fanatismo, senza distinzioni, perpetra le distruzioni più esecrabili (ci siamo indignati per le ingiurie inferte ai tesori di Palmira dai fondamentalisti islamici, ma già i Cristiani, al tempo dei loro furori contro i residui del paganesimo, avevano infierito su quelle stesse gloriose testimonianze). E’ un destino inevitabile. Quel che più infastidisce è il florilegio di certi commenti “fuori del coro” che vorrebbero far da controcanto al  presunto conformismo di chi deplora l’incendio di Notre Dame, piangendo  su un gioiello perduto, mentre sono soltanto manifestazione di becera ignoranza.

Lascia basiti sentir dire a Vittorio Sgarbi, antipatico quanto si vuole ma coltissimo studioso di arte ed eccellente divulgatore, che tutto sommato a Notre Dame si è perso poco, perché grandi capolavori non ne conteneva e molte parti, come le vetrate e la guglia, non erano originali. E’ assurdo che qualcuno abbia da ridire sugli stanziamenti di fondi che personaggi ricchi e famosi hanno messo a disposizione per i restauri  della basilica. “Tutta propaganda! Tutto per poter godere di detrazioni fiscali!” E se anche così fosse? Viva la propaganda e le detrazioni fiscali, se possono servire a ridar lustro a Notre Dame. “Perché finanziare costosi restauri di opere d’arte, quando ci sono altre emergenze, e c’è gente che muore di fame?”. Si potrebbe ribattere, con le parole di Cristo a Satana:”Non in solo pane vivit homo”. Lascia perplessi che il papa regnante abbia declinato l’invito di Macron a celebrare una Messa davanti alla basilica, accampando altri impegni, mentre ha trovato il tempo per ricevere Greta Thunberg, la pasionaria della lotta al riscaldamento globale; proprio lei, quella che ha avuto il coraggio di dire che, a fronte del mondo che brucia, l’incendio di una cattedrale è una cosa da nulla. Non vorrei che questa volta il buon Dio se la prendesse davvero col suo rappresentante in terra, e scagliasse qualche fulmine sulla cupola michelangiolesca di San Pietro. No, per carità! Ha già provveduto a suo tempo il vicario a far guasti, facendo proiettare sulla facciata della basilica vaticana immagini “ecologiche”. Per fortuna le immagini proiettate, a differenza dei graffi alle figure affrescate dei santi, non lasciano traccia.

Giovanni Tenorio

Libertino

4 pensieri riguardo “Notre Dame

  • Ricordiamo anche che la marmaglia rivoluzionaria mozzò le teste dei Re di Giuda (credendo fossero i Re di Francia) sulla facciata di Notre Dame. Furono poi ritrovate per caso negli anni 70 e ora stanno in un museo.

    ***

    Chissà perchè poi voler scomodare Bergoglio quando nella vicina Svizzera ad Econe o Menzingen hanno la gente “giusta” che le messe le sa dire molto (ma moooolto) meglio…

  • Mi pareva di ricordare che il rogo del Petruzzelli fosse doloso e controllando vedo che ricordavo bene. Ho letto anche l’evolversi del successivo processo penale/civile. Forse si intendeva dire che non fu fu doloso perchè non fregò nessuna assicurazione, non essendo assicurato?

    • mi sa che ho cannato la consecutio: “fosse STATO doloso” forse va meglio…

    • E’ vero: anche il rogo del Petruzzelli, a quanto pare, fu doloso, come quello della Fenice. Il movente rimane però un mistero. Se ne conosce l’esecutore materiale, ma la dirigenza del teatro è stata scagionata, perché i testi a carico sono risultati inattendibili. Si ha l’impressione che ci sia di mezzo qualche vendetta o qualche avvertimento di stampo mafioso. Uno dei tanti buchi neri della giustizia italica.

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