Don Giovanni

Se i fatti ci danno torto, tanto peggio per i fatti

Cari amici, vi sembrerò matto, ma questa notte pensavo alla battaglia di Kadesh… Ohibò, dirà qualcuno di voi, questo è diventato matto davvero, ammesso e non concesso che fino ad ora sia stato sano di mente. No, non sono matto; o, se preferite, come diceva Polonio di Amleto, c’è del metodo in questa follia. E’ vero che la Storia antica oggi è fuori moda (anche la Geografia, che a scuola non si studia più: uno studente di Liceo pronunciava GESI il nome della deliziosa cittadina marchigiana di Jesi, in provincia di Ancona, patria di Federico II imperatore e di Giovanni Battista Pergolesi, credendo che fosse una località francese); però ha ancora molto da insegnarci. Che cosa avvenne a Kadesh, città del Vicino Oriente, sul fiume Oronte, nel territorio oggi appartenente alla Siria, nell’anno 1275 a. C.? Si scontrarono due potenti eserciti, quello egizio del faraone Ramses II e quello hittita del re Muwatallis. Chi vinse e chi fu sconfitto? Non si sa! Perché a leggere le fonti egizie fu il faraone a bastonare gli Hittiti (come si vede in una rappresentazione pittorica nel famoso tempio di Abu Simbel, sul Nilo), a leggere quelle hittite fu Muwatalllis a ottenere una brillante vittoria. Probabilmente non vinse nessuno dei due; o se vinsero gli Egizi, come qualche storico propende a credere, fu un successo assai fragile, tant’è vero che si dovette giungere a un accordo di compromesso, suggellato dal matrimonio di Ramses con una principessa hittita, figlia di Hattusilis, il successore di Muwatallis.

Amici miei, vi prego, non agitatevi, chiedendovi dove voglio arrivare con queste anticaglie da muffiti. E’ presto detto. Le bufale, quelle che i barbari d’oggi chiamano “fake news” sono sempre esistite. Non sono figlie della globalizzazione elettronica. Sono nate dal potere politico. Ancora oggi il più grande ballista rimane lo Stato. Tutta la politica è infarcita di balle. La costituzione più bella del mondo comincia con una balla più grande di una montagna: “La sovranità appartiene al popolo”. Il popolo non è sovrano di un bel nulla. Viene chiamato ogni tanto alle urne a eleggere i suoi rappresentanti che poi, essendo esenti da vincolo di mandato, fanno le loro scelte infischiandosi spesso e volentieri di quanto hanno promesso in campagna elettorale. Alla sovranità del popolo può credere solo quel poliziotto svizzero che decenni fa, a un malcapitato automobilista italiano costretto a pagare una pesante contravvenzione per non aver pagato il bollo autostradale da poco introdotto e da lui ignorato, esclamò trionfalmente: “Questa chì l’è ona leg ch’ha voruu ol pòpol”. Il popolo che legifera sui pedaggi autostradali! Ma vadano a nascondersi! Solo perché magari c’è stato un referendum. E se a quel referendum ha partecipato una minoranza, la maggioranza, magari risicata, di tale minoranza, è la voce del popolo? Questo è un insulto alla matematica. Nessuno direbbe che, ad esempio il 30% è uguale al 100%. Sarebbe considerato non matto, ma scemo, che è cosa ben diversa.

La grande stampa va a ruota dei politici. Bufale a piene mani anche lì. Non ho letto da nessuna parte uno straccio di critica a quella baggianata sesquipedale, propalata dai banchieri centrali ( che si dicono tecnici ma sono servi in livrea della politica) secondo cui lo sviluppo economico può essere garantito solo da un’inflazione attestata sul 2%. E perché mai? E com’è possibile allora che in Italia, nel 1959, si sia avuta una crescita inaspettata del PIL mentre i prezzi erano in calo? Se i fatti ci danno torto, tanto peggio per i fatti? (Pare l’abbia detto Hegel, ma ho l’impressione che volesse prendere per il culo i suoi interlocutori).

Si potrebbe continuare per pagine e pagine. A raccontare baggianate ci pensa anche il successore di Pietro. Si limitasse a ripetere quelle che sono scritte nei cosiddetti testi sacri, farebbe il suo mestiere. Tutte le religioni hanno le loro”fake news”. I musulmani non sono da meno. Dicono che il loro Maometto è salito al cielo. Può darsi, io non impugno mai quel che non so, ma mi sembra un po’ grossa. Fin che è il Figlio di Dio a fare un giochetto di prestigio del genere, mi sta anche bene, ma un beduino… Torniamo al Vicario di Cristo. Anche lui è un convinto sostenitore del riscaldamento globale. Lo nomina come un dogma, senza un minimo dubbio. Quasi quasi è più dubbioso sull’indissolubilità del matrimonio, per la cui difesa la Chiesa qualche decennio fa giocò in Italia una rischiosissima partita a suon di referendum, uscendone con le ossa rotte. Chissà perché da un lato si dice che la Scienza nasce dal dubbio e lo coltiva, se non vuol rinnegare se stessa, e dall’altro di alcune ipotesi scientifiche assai discutibili si fa un atto di fede. Esistesse ancora l’Inquisizione si condannerebbe all’abiura, in nome della Scienza, chi disconosce il riscaldamento globale, così come al tempo di Galileo si processava in nome della fede chi sosteneva l’eliocentrismo (Giosuè ferma il sole, per consentire al suo esercito di invasori di concludere la battaglia e fare a pezzi i nemici. Lo dicono i testi sacri! Questa non è né una bufala né fake news, è semplicemente una cazzata).

Vengo al dunque. Visto che la politica, con i suoi reggicoda, è maestra di menzogne, vuole riservarsene il monopolio, come si riserva quello della violenza e della giustizia. Ecco il significato vero di una recente proposta di legge che vieta di immettere in rete contenuti in forma anonima, facendo obbligo alle piattaforme informatiche di registrare le generalità degli utenti chiedendone il nome anagrafico, l’indirizzo di posta elettronica e il codice fiscale. Capito? E’ il Grande Fratello che avanza. Io posso dire tutte le balle che voglio, ma se un altro dice balle, lo pizzico. Il monopolio delle balle deve rimanere allo Stato. Come uno per difendersi da un’aggressione deve chiamare i carabinieri, così per abbeverarsi di balle deve rivolgersi alla politica e ai suoi manutengoli.
Se la legge viene approvata, io ne gongolo. Che meraviglia andar fuori legge! L’unica bandiera che io riverisco è quella dell’illegalità. Odio tutti quelli che opprimono i sudditi con le leggi, e anche tutti quelli che tali leggi fanno rispettare, magari loro malgrado, perché portano una divisa o sono funzionari pubblici. Si dimettano! Non è vero che ambasciator non porta pena. “Bastonabile, bastonabilissimo”, come diceva quel simpaticone di Conte Attilio nella discussione durante la cena in casa del cugino Don Rodrigo. Anche chi andava a scovare gli ebrei per mandarli al gas obbediva alle leggi. Bastonabile, bastonabilissimo!

Sì, se la proposta diventa legge mi ubriaco dalla gioia, scolandomi decine di bottiglie di Marzemino e permettendo a quella canaglia di Leporello di gustarsi anche lui un bel pezzo di fagiano, al suono della mia Tafelmusik. Chi può chiedermi la carta d’identità e il codice fiscale? Chi può chiedere le generalità a un personaggio del mito? A Ulisse, a Medea, a Prometeo? Anch’io sono un mito. E posso ripetere, magari rivolgendomi a una delle tante donnette di tutti i colori che hanno firmato la proposta di legge (De Girolamo, Carfagna , Santanché, Gelmini, Prestigiacomo e altre, tutta gente con cui non andrei a letto neanche a pagarmi): “Donna folle, indarno gridi, chi son io tu non saprai”.

Giovanni Tenorio

Libertino