Don Giovanni

La lezione di Tucidide

In un bell’articolo pubblicato il 30 marzo sulla “Verità” (uno dei pochissimi quotidiani rimasti leggibili nel coacervo di stampa emetica che ci assedia), in riferimento alle vicende che stanno sconvolgendo l’Ucraina, e di conseguenza un po’ tutto il mondo, dopo l’attacco di Putin, Daniele Capezzone cita un saggio dell’economista Peter Navarro sulla Cina, “tigre accovacciata”, che a sua volta si rifà al pensiero di Graham Allison, il politologo che ha elaborato il concetto della “trappola di Tucidide”. In breve: la situazione mondiale di oggi non è molto dissimile da quella in cui si trovava la Grecia alla vigilia della Guerra del Peloponneso. Analizzando le cause remote di quel conflitto, che agli occhi dei contemporanei appariva come il più vasto e rovinoso mai capitato dai tempi mitici della guerra di Troia, Tucidide (mente lucidissima, il più grande storico dell’antichità) spiegava che, quando fra due potenze rivali, in cui una delle due ha sempre avuto una superiorità economica e militare, a un certo punto quella rimasta fino a quel momento in condizioni di inferiorità comincia a crescere, minacciando la preminenza dell’altra, il conflitto diventa inevitabile. Così fu tra Atene e Sparta, dopo la lotta contro l’impero persiano che aveva visto alleate, nella difesa degli interessi comuni, le due più importanti città della Grecia fino alla decisiva sconfitta delle armate di Serse. Atene, da più debole, divenne la più forte, anche grazie al suo impero marittimo, basato sulla superiorità della sua flotta, che nella battaglia di Salamina aveva dato prova della propria eccellenza, travolgendo lo schieramento navale nemico. Bastò una scintilla (il tentativo di Tebe di ristabilire la propria egemonia sulla Beozia, attraverso un colpo di Stato a Platea, alleata di Atene) perché scoppiasse una guerra quasi ventennale.Oggi, a livello mondiale, la situazione si ripropone nel confronto tra Stati Uniti e Cina. Gli Stati Uniti fino a questo momento sono stati la potenza dominante, grazie a un’ indiscutibile superiorità economica e militare. Fino a tutti gli anni Ottanta del secolo scorso, il confronto era tra USA e URSS. Sappiamo com’è finito. L’Urss era militarmente agguerritissima, ma economicamente debole. Era ben lontana dal poter raggiungere il livello della potenza rivale. A un certo punto, schiacciata dalle spese per gli armamenti che l’apparato difensivo della NATO la costringevano a mettere a bilancio, il suo sistema implose. Qualche anima bella parlò allora di “fine della Storia”: ormai tutto il mondo si stava avviando ad accettare pacificamente il sistema liberal-democratico, fondato sulla difesa costituzionale delle libertà dei cittadini  e sull’economia sociale di mercato. Anche la Cina, prima o poi, si sarebbe dovuta adeguare. La libertà di intrapresa in campo economico, alla quale si era da tempo convertita, avrebbe inevitabilmente portato con sé, in tempi brevi, un’evoluzione del sistema in senso liberal democratico. Tutto va per il meglio nel migliore dei mondi possibili!Non mai profezia fu più sciocca. La Storia non è finita, ha soltanto voltato pagina. La Cina non si è affatto convertita al sistema liberal-democratico, a dimostrazione che, se non è possibile libertà politica senza libertà economica ( si ricordi il confronto fra Croce e Einaudi su liberismo e liberalismo), è invece possibile il contrario. La Cina è diventata la grande rivale, proprio in campo economico, degli Stati Uniti. Rivalità economica che, com’è naturale, comporta enormi conseguenze anche sul piano politico.  La famosa “Via della seta”  è stata concepita proprio in vista di un piano egemonico in un’area del mondo che è sempre stata sotto il controllo degli USA. La presenza sempre più capillare e invasiva della Cina nel continente africano è sotto gli occhi di tutti. Se ha ragione Tucidide, il conflitto armato fra Cina e USA è prima o poi inevitabile. Tanto più se la Russia sarà in qualche modo costretta a finire nelle braccia della Cina dalla scellerata politica di Biden, che continua, portandola alle estreme conseguenze, l’impostazione dei suoi predecessori, fatta qualche eccezione per Trump.In che modo, grazie alla lungimirante azione di Kissinger, ai tempi del confronto USA-URSS, gli Stati Uniti riuscirono a mettere in scacco l’Unione Sovietica? Staccando la Cina dalla Russia, con una politica di graduale avvicinamento al colosso asiatico, sfruttando le frizioni da tempo esistenti fra Cina e Russia e la necessità di tecnologia capitalistica di cui la Cina sentiva il bisogno, dopo il fallimento della Rivoluzione Culturale e del Grande Balzo in avanti di Mao, che avevano impoverito il Paese. Dopo l’implosione del sistema sovietico, in presenza di una Cina sempre più avanzata sul piano tecnologico ed economico, si sarebbe dovuto far tesoro del modello kissingeriano e dell’esperienza passata per proporli invertendo le parti: non più allenza con la Cina in funzione anti-sovietica, ma avvicinamento alla Russia de-sovietizzata per contenere l’espansionismo cinese.E’ stato fatto tutto il contrario. A dispetto delle promesse, la NATO, anziché essere ridimensionata come sarebbe stato auspicabile, lungi dal fermarsi sulle posizioni in cui si trovava al tempo della “guerra fredda” si è andata espandendo fino a raggiungere i confini della Russia attuale, che giustamente si sente accerchiata. Il conflitto con l’Ucraina, i cui esiti sono ancora imprevedibili, è stato causato anche da questo. La ragione ufficiale (non del tutto pretestuosa) è quella di portare aiuto alla popolazione russofona, oppressa e discriminata dai governi filo-occidentali di Kiev, ma forse quella più forte è di impedire che la NATO, una volta estesasi all’Ucraina, secondo i propositi proclamati da Zelenski, disponga i suoi apparati bellici, in particolare i suoi missili, a poca distanza da Mosca. Non è una ragione da poco.Probabilmente l’America di Biden punta a prolungare il conflitto, impedendo una trattativa onorevole che non veda né vincitori né vinti, per indebolire l’Europa e renderla ancor più succuba della politica e dell’economia USA, con la complicità della UE e l’appoggio totale di personaggi come Mario Draghi, messo a capo del governo italiano con il chiaro intento di ridurre il suo Paese in condizioni  di mendicità. Se Putin chiuderà davvero i rubinetti del gas all’Italia, si dovrà comperare il gas liquefatto dagli USA, pagandolo il triplo. La produzione di energia elettrica, indispensabile all’industria, diventerà enormemente più cara. La competitività dei prodotti italiani sui mercati esteri subirà una forte caduta, tanto più che l’appartenenza all’Eurozona renderà impossibile il rimedio della svalutazione che tante volte in passato ha salvato l’economia italiana. Draghi è un inetto? E’ un folle? No, è semplicemente l’agente  dei burattinai del World Economic Forum. Non per niente, qualche mese fa, ha avuto un incontro neanche troppo segreto proprio con il capo dei burattinai, Klaus Schwab.Dove si andrà a finire? Difficile dirlo, la situazione potrebbe anche capovolgersi, se le prossime elezioni porteranno nel governo degli USA una linea politica radicalmente diversa da quella finora dominante. Sperare in un ritorno di Trump? Personaggio, per molti aspetti, abominevole. Ma, a denti stretti, sì. Anche del diavolo, se necessario.

Giovanni Tenorio

Libertino

3 pensieri riguardo “La lezione di Tucidide

  • Alessandro Colla

    Eppure ci sarebbe un’alternativa anche al diavolo se solo il Grand Old Party non fosse gestito da criminali corrotti e da fanatici teoconservatori: Condoleza Rice. Non avrebbe l’aspetto abominevole di Trump e soprattutto non avrebbe come lui un passato con i democratici, cosa che avvenne anche con Ronald Reagan. Se sciogliere la NATO come voleva Trump non è possibile nell’immediato, quanto meno si potrebbe tentare l’approccio di Bush senior: allargamento ad est, con la Russia alleata in funzione di protezione dalle mire cinesi. Evidentemente le pressioni “weffine” per non tornare a un’intesa similare a quella tra Bush padre e Eltsin, sono molto forti non soltanto in casa Clinton e signora (della quale Biden è apertamente succube) ma anche nella domus repubblicana.

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    • Dino Sgura

      E’ una mia ipotesi, ma temo che a Trump non verrà data alcuna possibilità di candidarsi, quantomeno non potrà correre per le primarie del GOP e a quel punto senza la piattaforma del partito repubblicano, non potrebbe andare da nessuna parte, per di più con i media e social network scatenati nella censura nei suoi confronti. Per evitare eventuali divisioni o scissioni inutili, fossi in lui punterei già in De Santis magari in coppia con Rand Paul, il figlio di Ron.

      • Alessandro Colla

        Rimango convinto che la candidatura di Condoleza Rice otterrebbe maggiori consensi popolari di quelli che potrebbero raccogliere Donald Trump, Ronald De Santis o Rand Paul. Questi ultimi due, Paul soprattutto, potrebbero essere candidabili alla vicepresidenza.

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