Don Giovanni

Dante fuorilegge

Era stato Matteo Renzi, il ragazzone che, da presidente del Consiglio, moveva al riso gli  interlocutori esteri con il suo inglese caricaturale, a introdurre nella politica italiana il vezzo di battezzare nella lingua di Albione le leggi presentate in Parlamento. Vi ricordate il “Job Act”? Ora è un autentico diluvio: Plastic Tax, Sugar Tax, e chi più ne ha più ne metta. Per fortuna non si sente più parlare di “spending review”, perché a risparmiare non pensa più nessuno, ammesso e non concesso che qualcuno in passato ci abbia mai pensato sul serio. Non ho mai capito da dove sia venuto tanto amore per i barbarismi. Forse è il frutto di un complesso di inferiorità nei confronti di economisti, esperti di finanza, banchieri centrali, che non sanno spiccicare due parole senza infiorare il discorso con qualche tecnicismo anglosassone. I politici devono aver mormorato in cuor loro: se voi proclamerete il vostro “Quantitative Easing” noi risponderemo con la nostra “Flat Tax”; e anche noi, pur di salvare la nostra bella patria dal “climate change” faremo “whatever it takes”, magari insozzando con le pale eoliche e i pannelli fotovoltaici ogni metro quadrato rimasto libero. Qualche somaro (anzi, somara) dice che le distese di mulini a vento sono belle. Ma c’è di peggio. Fin che sono economisti, banchieri e politici semianalfabeti a parlare da barbari, non c’è da stupirsi né da scandalizzarsi: un asino non può che ragliare. Ma quando è un insigne linguista, presidente onorario dell’Accademia della Crusca a proporre, come appellativo della giornata da dedicare a Dante in occasione dell’imminente settimo centenario della morte, il mostruoso “Dantedì”, che è un calco dell’inglese “Columbus day” et similia, cadono davvero le braccia. Il povero Dante ha già subito un insulto quando la manifestazione musicale che si tiene ogni anno nella città dove riposa in pace è stata battezzata “Ravenna festival”, anziché, come sarebbe corretto, “Festival di Ravenna, o, in forma più elegante “Festival ravennate”. Ora gli tocca anche il “Dantedì”! In buon italiano si dice “giornata dantesca”. Se fosse vivo, il Sommo Poeta scaglierebbe contro il responsabile di tanto scempio una delle sue infocate invettive. L’Italia era serva ai suoi tempi ed è serva ancora oggi. Non dell’Europa, come dicono gli scioccherelli, ma del suo provincialismo, del suo complesso di inferiorità. Tutto il contrario della Francia, che, con la sua “grandeur” pretende di far diventar francese anche quel che francese non è: così Giovanni Battista Lulli, fiorentino, è diventato Jean Baptiste de Lully; Chop, polacco, è diventato Chopin; il còrso Napoleone Bonaparte è diventato francese DOC (se lo tengano, se lo tengano); ora Leonardo da Vinci è diventato Leonard de Vinci. Da una parte provincialismo, dall’altra sciovinismo. Non so quale dei due è più brutto. Mi fanno schifo tutt’e due. Da anarchico odio i confini, le barriere, gli inni. Sempre da anarchico, faccio mio il concetto di “affinità”. Esiste, purtroppo, uno Stato italiano, ma esiste anche un’affinità italiana, di cui la lingua è il segno più evidente. Esistono anche affinità venete, bergamasche, piemontesi , napoletane, ecc. ecc., di cui i dialetti sono altrettante manifestazioni. Benissimo: purché non si pretenda di costituire staterelli veneti, bergamaschi, lombardi, padani, napoletani. ecc. ecc. come vorrebbero gli indipendentisti, di cui i libertari italioti sono i reggicoda.

A proposito di Dante: qualche giorno fa è stata approvata in Parlamento una mozione che, in teoria, doveva essere un grido d’allarme contro l’antisemitismo, della cui rinascita si rilevano, non solo in Italia, segnali inquietanti, mentre di fatto è un manifesto del “politically correct”, tanto per usare un’altra espressione barbara dal significato immensamente cretino. L’astensione delle destre è deprecabile non perché si sarebbe dovuto votare a favore, ma perché è ipocrita: si sarebbe dovuto votare contro. Se davvero tutto quanto nella mozione si deplora dovesse essere vietato a norma di legge, il povero Dante finirebbe a pezzi. Della sua Commedia si potrebbero pubblicare solo edizioni antologiche, “ad usum delphini”. Islamofoboiia? Dante è islamofobo. Guardate un po’ come rappresenta Maometto, nell’Inferno: “Tra le gambe pendevan le minugia/la corata pareva e ‘l tristo sacco/ che merda fa di quel che si trangugia”. E’ considerato un seminatore di discordie, e quindi, per contrappasso, è tutto tagliuzzato e gli escono dal ventre  le interiora. Tra l’altro, Dante diffonde “fake news”: dice che Maometto era un vescovo che aveva abiurato la fede cristiana. Una vera panzana, così grande che più grande non si può. Nel Paradiso, poi, per rincarare la dose il suo trisavolo Cacciaguida chiama i Musulmani “gente turpa”. Omofobia? Dante ce l’ha a morte con i culattoni. Mette all’Inferno addirittura il suo venerato maestro Brunetto Latini, perché era uno di quelli. Fra i culattoni ci sono anche tanti preti, sprofondati in “uno sterco/che dalli uman privadi parea mosso”. Nazionalismo? Più campanilista di Dante non c’è nessuno. Vorrebbe che i genovesi fossero “del mondo spersi”, che i pisani fossero annegati nell’Arno, diffama i lucchesi trattandoli tutti da barattieri, definisce Pistoia una tana di ladri e a proposito dei senesi dice che neppure i francesi sono così scemi. Ce l’ha anche con i migranti. Perché Firenze si è corrotta? Perché ha accolto tutti quegli zoticoni che venivano dal contado, la “gente nova”. E la colpa di chi è? Del papato, che non ha permesso all’imperatore di fare il suo mestiere, obbligando ciascuno a rimanere al suo posto. Peggio di Matteo Salvini! Antifemminismo? Dante fa dire al giudice Nino Visconti di Gallura che l’amore nel cuore di una donna dura poco  “se l’occhio o ‘l tatto spesso non l’accende”. In somma, alle donne piace guardare i bei fighi  e essere palpate.Guardate che non sto scherzando. Nelle università statunitensi. capita già qualcosa di simile, con Shakespeare e i grandi della letteratura anglo-americana. Visto che in Italia dei modelli esteri si imita solo il peggio (un esempio: il canone Rai in bolletta, che il ragazzone Renzi ha importato dalla Francia), arriveremo al punto che per leggere Dante integralmente dovremo ricorrere a qualcosa di simile ai  “samizdat”, come ai bei tempi dell’Unione Sovietica.

Giovanni Tenorio

Libertino

10 pensieri riguardo “Dante fuorilegge

  • Il bello dei francesi è che convincono pure noi a pronunciare i NOSTRI nomi alla loro maniera, tipo Zolà, Padovanì, Luchinì… per qualche oscuro motivo si salva solo Lino Ventura.

    Ma soprattutto « no se dovarìa mai desmentegar che Piero Cardìn xe de Treviso, ostrega !!! »

  • Alessandro Colla

    Dantedì? Potrebbe andar bene in forma parodistica, forse l’emerito crusco voleva suggerire una battuta da copione per rivista o avanspettacolo. A me non piace neanche “festival”. Si può festeggiare anche la cultura e in italiano. Dell’Europa non siamo servi ma dell’Unione Europea sì. Come lo siamo della repubblica italiana, siamo schiavi di un stato e di un superstato che è tale perché formato da più stati. A volte i nostri governi fingono di affrancarsi all’italiana (o alla greca) con trucchi contabili per arginare gli sfondamenti deficitari ma questo non implica un’automatica rinuncia alla sudditanza.

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  • Alessandro Colla

    A proposito delle distese di mulini a vento “belle”. La somara è una giovane studentessa svedese o una nostrana che però non riesco a identificare?

  • Sarà che nel 99 ho vissuto Morro Jable (isola di Fuerteventura), ma a me le pale eoliche non danno alcun fastidio ottico. Vabbè, là è un deserto e quindi rompono persino un po’ la monotonia del paesaggio. Quando le vedevo sfrecciando a 140 sull’unica strada perfetta e deserta significava che stavo arrivando a casa (il parco eolico allora era limitato all’ultimo lembo dell’isola, ora forse sarà aumentato).

    Comunque i nuovi produttori eolici fanno a meno delle pale, quindi niente più scuse o danno fastidio pure quelli? Ma se un tempo avessero pensato così anche per ferrovie, pali telegrafici, ciminiere, acquedotti, adesso dove saremmo?

    Casomai è da vedere se l’Italia è abbastanza ventosa per giustificarle. Alcune zone lo sono, la Sardegna ha molta abbondanza di aria. Purtroppo ve ne è molta pure nel cervello dei sardi, quindi non mi aspetto nulla di buono. Amen.

  • Alessandro Colla

    Gli acquedotti romani sono belli anche a vedersi; sono opere d’arte a livello architettonico, non solo utili sul piano tecnico. Pali telegrafici ed elettrodotti sono oggetto di proposte per il loro interramento, proprio per ragioni estetico – paesistiche. Le ferrovie non sono bellissime ma neanche orrende, brutte sono le nuove stazioni progettate da architetti venduti al potere. In nome del progresso si può anche rinunciare a qualcosa sul piano dell’impatto paesistico e ambientale ma se si riescono a coniugare avanzamento tecnologico con estetica (ed è possibile), si raggiunge un progresso autentico. Diverso da quello auspicato e realizzato dai sedicenti progressisti politici che fino al giorno prima di un vantaggio dimostrabile, distruggevano luddisticamente i macchinari tecnologici. Uno di questi è ancora sotto i riflettori per colpa dello scarso senso critico di pubblico, giornalisti, e commentatori politici; compresi, questi ultimi, che si professano suoi avversari. Continuare a definirlo “comico” e “attore”, significa non aver letto né il “Saggio sull’umorismo” di Pirandello né gli studi sulla comicità degli antichi di Armando Plebe. E significa non capire nulla di tecnica recitativa perché accentuare ogni sillaba su ogni parola o frase in stile oratoriale è l’esatto contrario della recitazione. Quello lì sta alla recitazione come il sottoscritto sta allo sport. Rimane il fatto che amava distruggere in diretta televisiva i cervelli elettronici ma oggi usa la piattaforma Rousseau che non garantisce affatto la segretezza del voto. Incapace,analfabeta e cialtrone; altro che comico, attore o scrittore.

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    • Ahahah, non per difendere il grillo parlante, ma 20 anni fa pure io avrei fracassato volentieri qualche PC, perchè significava avere a che fare strumenti lenti, ingombranti, rumorosi, con Windows 98 o ME (certamente poco “user friendly”) che si piantavano ogni 2×3. Li usavo o per lavoro o in luoghi pubblici come le biblioteche, ma in casa mia non li ho mai voluti.
      (Per la cronaca: il primo attrezzo l’ho comprato nel 2006, un notebook, categoria che iniziava ad avere prezzi accessibili e prestazioni accettabili).

    • A dire il vero Linux 1.0 fu rilasciato nel 1994

  • Non so se diretto a me il commento su Linux di Leporello, in ogni caso fatico a capirlo.

    Linux era ed è un sistema robusto e stabile. Se accendevi il PC con linux poi partivi per le ferie, quando tornavi, ti siedevi e partiva come se fosse passato un minuto. Se accendevi il PC con Windows 98 e poi partivi per le ferie, quando tornavi, ti siedevi ed ottenevi un crash assicurato.

    Quindi Windows ci faceva la figura di una signorina contro un lottatore di sumo.
    Tuttavia Linux non era accessibile al grande pubblico, perchè è rimasto a lungo esclusivamente a linea di comando. Solo quindi per smanettoni nerds, che si riunivano in sette simili alle logge massoniche e si scambiavano messaggi e info per soli iniziati.

    Poi sono cominciati i timidi tentativi di interfacce: Gnome, poi Kde, poi altre, ma anche così restava comunque astruso e con assistenza nulla se non affidandosi al buon cuore dei succitati smanettoni. Ha cominciato ad essere “potabile” per (quasi) tutti forse con Ubuntu 10 (2010), purchè si abbia sempre un collegamento in rete, sempre molta pazienza e sempre molto spirito di adattamento, sennò meglio rinunciare o lo si dovrà usare al 50% delle possibilità.

    Comunque tuttora ha grossi problemi di assistenza e parlo per esperienza personale. Ad es. dovendo installare “desktop telematico” dell’agenzia delle entrate tre anni fa, volevo farlo su un Ubuntu nuovo di pacca, ma ho dovuto rinunciare perchè, sebbene vi sia la versione per Linux,
    poi non ti rilascano gli aggiornamenti necessari e l’assistenza che l’AdE riserva a Windows, quindi se hai un problema ti attacchi.

    • Se parliamo di software SOGEI, non c’è OS che tenga! Desktop Telematico non si installa per un bug (relativo alla ricerca della versione di Java) che viene mantenuto da anni… è una battaglia persa! SOGEI non produce software, ma spazzatura…

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