Don Giovanni

Sogni che si potrebbero avverare.

A quanto ho capito, le parole pronunciate dalla regina Rania di Giordania a proposito di quanto sta avvenendo in Israele dopo l’attacco terroristico di Hamas hanno provocato non solo  polemiche fra gli israeliani (il che è comprensibile), ma anche reazioni da parte del presidente francese Macron e del presidente del Consiglio Europeo Michel. Eppure, la regina, che non è solo bella ma anche intelligente, ha parlato con pacatezza, esprimendo giudizi difficilmente confutabili. Parla a favore dei palestinesi perché, nata in Kuwait, è anche lei una palestinese figlia di palestinesi? Indubbiamente questo dato di fatto non può che determinare in lei una particolare empatia verso un popolo al quale, per le sue radici, si sente sentimentalmente legata. Ma è un sentimento, tra l’altro nobilissimo, che non fa velo alla sua lucidità di giudizio. Che cosa ha detto di tanto scandaloso? Una pura e sacrosanta verità. Ha sottolineato la doppiezza di chi distingue fra vittime di primo rango e vittime di secondo rango. Sulle vittime israeliane cadute sotto i colpi del barbaro attacco di Hamas giustamente si spargono lacrime, sulle vittime causate dalla risposta vendicativa e indiscriminata contro tutta la popolazione della striscia di Gaza come ritorsione all’ingiuria subita si tace o si spendono poche parole. Non è forse proprio così? 

Qualcuno dice: è la logica della guerra. Anche nella Seconda Guerra Mondiale le forze alleate colpivano obiettivi civili, bombardavano città. Chi non ricorda i bombardamenti di Dresda, di Milano? E che dire di Hiroshima e Nagasaki? Che furono atti criminali, anche se compiuti da quelli che stavano, o credevano di stare, dalla parte giusta. Se accettiamo questa logica, dobbiamo anche ammettere, come dichiarano i disumani sostenitori di Hamas, che anche Hamas obbedisce alla medesima logica di guerra, coinvolgendo i civili nelle operazioni militari. Ma quella di Hamas non è guerra, è terrorismo! – si replica. Non giochiamo con le parole. Ogni guerra è terrorismo. Anche se dichiarata secondo certe procedure, anche se pretende di attenersi ad alcune regole, che poi di fatto vengono sistematicamente violate (pensiamo alle “bombe a grappolo”, formalmente vietate, ma tutt’altro che fuori uso). La guerra è un delitto, punto e basta. Solo la guerra difensiva è moralmente giustificabile. Senza dimenticare, però, che anche la difesa (magari una difesa “preventiva”) può essere un buon pretesto per quella che è a tutti gli effetti un’aggressione. Spesso mascherata con le definizioni più bizzarre. Putin, a proposito dell’invasione dell’Ucraina, ha parlato di “operazione speciale” e di “denazificazione”. Le sciagurate guerre degli Stati Uniti sono sempre state descritte come esportazione della democrazia. Lo scrisse anche l’acutissimo Severgnini: gli USA hanno fatto guerra all’Iraq per portarci la democrazia! Si vede quali sono i risultati. Tra l’altro, evita di ricordare che, in quel caso, il pretesto fu la notizia, poi risultata del tutto falsa, che gli iracheni possedevano arsenali di armi chimiche.

Nella polemica sulla guerra in corso fra Hamas e Israele è entrata anche la Gretina. Visto che gli scenari bellici rischiavano di oscurare la sua battaglia per la salvezza del pianetI, minacciato dalla CO2 che provoca il riscaldamento globale, ha pensato bene di dire la sua anche su Israele e i palestinesi, affermando che questi ultimi sono vittima di un genocidio. Parole forti, che hanno spaccato il suo movimento, e che, a differenza di quanto dichiarato dalla regina Rania, peccano di estremismo e di unilateralità. Forse è vero che, sotto sotto, Netanyahu se potesse farebbe piazza pulita di tutti i palestinesi. Come è vero che, tra gli israeliani, è presente una consistente minoranza fedele all’idea di “Eretz israel”, uno Stato dal Mediterraneo al Giordano di soli ebrei – e di arabi israeliani mantenuti in condizioni di subordinazione – senza spazio alcuno per i palestinesi, ai quali non si vuol riconoscere nessun requisito nazionale (come se tutte le Nazioni non fossero creazioni mitologiche che si autoavverano, anzi che vengono fatte avverare attraverso operazioni politiche e militari, ideologicamente giustificate. Altrimenti D’Azeglio non avrebbe detto che, fatta l’Italia, bisognava fare gli italiani, i quali evidentemente non esistevano ancora. Il servizio di leva serviva soprattutto a questo. Ma è anche vero che fra i palestinesi, benché in larga maggioranza non condividano il pensiero e l’azione di Hamas, è presente una non esigua minoranza che vorrebbe cancellare dalla carta geografica lo Stato di Israele. Non dimentichiamo che il Gran Muftì di Gerusalemme Amin al-Husseini era amico di Hitler, e si complimentò con lui per quello che stava facendo con gli ebrei.

La fondazione dello Stato di Israele è stato un errore, figlio dell’ideologia sionista, che in sè era laica e socialista, ben lontana da ogni integralismo religiso, ma trascurava il fatto che il territorio palestinese non era una terra seza popolo: c’erano musulmani, cristiani e anche ebrei. Ora che c’è, però – l’ho detto e lo ripeto –  Israele va difeso a spada tratta, e vorrei che fosse l’ultimo Stato del mondo a scomparire. Ma perché Israele possa prosperare in pace, bisogna risolvere la questione palestinese. Anche i palestinesi hanno diritto a una patria, se ne hanno avuto diritto gli ebrei. Il problema è che non è facile costruire una patria per due popoli diversi su un medesimo territorio. Le soluzioni potrebbero essere due. La migliore, in astratto, sarebbe quella di un solo Stato per entrambi i popoli, che in questo modo avrebbero una patria comune, con gli stessi diritti, rimanendo liberi di professare ciascuno la sua fede, di celebrare le sue feste, di coltivare la sue tradizioni. In concreto, però, non pare possibile  La Storia che i due popoli hanno alle spalle non lo consente. I risentimenti, da una parte e dall’altra, sono troppo brucianti. Potrebbero nascere conflitti interni fra una popolazione palestinese, più povera, e una popolazione ebraica, più ricca, e quindi inevitabilmete più potente anche sul piano politico (pensiamo al conflitto fra cattolici e anglicani nell’Irlanda del Nord). Potrebbero nascere movimenti secessionisti, lo Stato potrebbe spaccarsi, il conflitto fra i due popoli potrebbe riaccendersi. L’altra soluzione rimane quella dei due Stati. Più abbordabile, ma non priva di gravi difficoltà. Fin che resteranno sulla scena personaggi come Netanyahu rimane impensabile. Sarebbe necessario un vero ribaltamento politico, sostenuto dalle forze interne che riconoscono i diritti dei palestinesi e rifiutano la logica dell’integralismo religioso. Perché non dobbiamo dimenticare che la “Guerra Santa” dell’Islam ha una sua matrice nell’Antico Testamento, laddove un dio guerriero e crudele come Yahvè ordinava al suo popolo di conquistare i territori promessi sterminando i nemici senza distinzione fra uomini, donne e bambini. E se uno, come Saul, si azzardava a risparmiare qualche nemico, mal gliene incoglieva. “Tantum religio potuit suadere malorum”, dice Lucrezio parlando del sacrificio di Ifigenia nel “De rerum natura”. Parlava proprio della religione, non della superstizione. O meglio, per lui religione e superstizione erano la stessa cosa. Giusto. Buttiamole alle ortiche, le cosiddette religioni rivelate, basate su testi scritti spesso da fanatici. La spiritualità è un’altra cosa.

Israele è formalmente uno Stato laico, ma la connotazione religiosa del popolo che lo costituisce – anche se molti israeliani non sono praticanti, e alcuni sono addirittura atei – pesa enormemente sulla sua politica. Quando arriverà qualcuno che abbia il coraggio di cacciare tutti i coloni dai territori illegalmente occupati, buttando a mare l’ideologia secondo cui quelle sono le terre assegnate da Dio ai discendenti di Abramo? Potrebbe scatenarsi una rivolta. Ma è il primo passo che bisogna compiere. Altrimenti sarebbe come costruire una casa sulla sabbia. Per ora, è una meta lontanissima. Un sogno a cui mi abbandono volentieri? Due Stati liberi e indipendenti, che alla fine ritengono utile federarsi fra loro, per il bene dei loro due popoli.

 Quando? Alle calende greche. Ma qualche volta i sogni si avverano. 

Giovanni Tenorio

Libertino

3 pensieri riguardo “Sogni che si potrebbero avverare.

  • Hamas coinvolge e terrorizza soprattutto civili, in primo luogo i suoi.
    Israele prima del raid ha avvisato la popolazione di Gaza di spostarsi a sud: Hamas ostacola la fuga fermando le auto dei fuggiaschi, sequestrandone le chiavi e creando un serpentone di macchine per intasare la strada.
    ansa.it/sito/notizie/topnews/2023/10/13/hamas-blocca-strade-per-impedire-la-fuga-degli-abitanti_be65e6fa-d6f1-4390-a563-c16c65cfc2e6.html

    Israele usa l’esercito per proteggere la propria popolazione, gli eroi di Hamas usano la loro popolazione per proteggersi dall’esercito, mentre i grandi capataz se ne stanno al sicuro, lontani e ben serviti (mi ricordano tanto un certo Palmiro che antifascisteggiava vivendo da nababbo all’Hotel Lux di Mosca).
    ilsole24ore.com/art/lontano-gaza-ecco-dove-vivono-leader-politici-hamas-AFwoR2PB

    La storia falsa (ma anche vera) che gli iracheni possedevano arsenali di armi chimiche, sta nel fatto che, vendute dagli Usa, le aveva finite tutte a spese dei poveri curdi. Io mi sono stupito invece che non abbiano fatto finta di trovarle come fanno gli sbirri che, quando sbagliano, una pistola anonima con matricola abrasa da piazzare al posto giusto la trovano sempre.

    La fondazione dello Stato di Israele è stato un errore? Decisa dall’Onu la spartizione dalla Palestina in due stati per due popoli come era di moda in quel tempo (India/Pakistan), i solerti israeliani non hanno perso tempo e si sono subito dati da fare; i pigri e inetti palestinesi anzichè fare altrettanto, hanno pensato di alzare lai
    al cielo e invocare l’aiuto dei fratelli arabi per far fuori l’odiato nemico. Come è finita lo sappiamo tutti, Davide ha steso più e più volte Golia e adesso gli arabi in maggioranza non vogliono avere più nulla a che fare coi palestinesi.
    Speriamo avvenga presto un violento cambio di regime degli idioti iraniani (che non sono arabi): non potrà che giovare sia a loro stessi che alla causa della pace.

  • Non fu un errore la costituzione dello Stato di Israele in sé, ma il suo collocamento in un territorio abitato da altre popolazioni (in maggioranza di religione musulmana, però conviventi, in modo pacifico, con gruppi minoritari di cristiani e anche di ebrei). La giustificazione per assegnare quella che anticamente si chiamava “Palestina” (dal nome dei Filistei, forse i superstiti della civiltà minoica, che l’avevano conquistata prima dell’arrivo di Giosuè) agli ebrei dispersi, e spesso perseguitati, in tutti i Paesi del mondo, si basava sulla formula: “una terra senza popolo per un popolo senza terra”. Dove il termine “popolo” era usato in modo ambiguo, nel significato di “nazione”. Se così inteso, gli abitanti della Palestina contemporanea non erano un “popolo”, ma soltanto una “popolazione”. Ma non erano un “popolo” neanche gli ebrei, che avevano una fortissima identità religiosa comune, ma per molti aspetti si erano conformati agli usi e ai costumi dei Paesi in cui abitavano, sentendosene spesso parte integrante (in Italia parteciparono al Risorgimento, l’ebreo Nathan era tra i collaboratori di Cavour); né erano tutti discendenti degli ebrei che avevano abbandonato il loro territorio dopo le guerre del 70 e del 135 d.C: erano soltanto gli adepti di una confessione religiosa particolarmente tenace. Si voleva dare una terra a tutte le comunità ebraiche del mondo per preservarle dagli orrori delle persecuzioni che avevano patito nel corso della Storia, culminate nella Shoah? Sarebbe stato molto più opportuno scegliere un’altra terra, davvero disabitata, in qualsiasi parte del globo. Fra gli stessi ebrei, non tutti erano favorevoli al ritorno nella presunta “terra dei padri”. Molti praticanti, e fra loro molti rabbini, consideravano addirittura una bestemmia pretendere di riconquistare l’antica patria con mezzi umani. Solo l’avvento del Messia avrebbe risolto il problema, con mezzi divini.

  • “…vittime di primo rango e vittime di secondo rango. Sulle vittime israeliane cadute sotto i colpi del barbaro attacco di Hamas giustamente si spargono lacrime, sulle vittime causate dalla risposta vendicativa e indiscriminata contro tutta la popolazione della striscia di Gaza come ritorsione all’ingiuria subita si tace o si spendono poche parole. Non è forse proprio così? ”

    Sì e no, magari è vero ai piani alti, a quelli intermedi e bassi (compresi gli ammezzati ove ancora ci sono) hanno come maestri gente come Paolo Barnard o Chef Rubio, noti intelligentoni che hanno capito tutto.

    Segnalo Rampini (ex comunista come tanti, ma che stimo molto) cosa dice.

    youtube.com/watch?v=tXB-JCTyBto

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