Virtù libertina e criminalità di Stato
Cari amici, epicureo qual sono, non ho mai avuto grande trasporto per l’etica di Aristotele. Ad esempio, l’idea che la virtù stia sempre nel giusto mezzo non mi ha mai convinto del tutto. La moderazione spesso è segno di ignavia. Prendiamo la situazione del Bel Paese. Marcio com’è, si può razionalmente pensare di guarirlo con una politica moderata, magari illudendosi di modificare dall’interno, con il sostegno della cosiddetta maggioranza silenziosa (la palude dei vili e degli inetti) uno Stato così ladro che più ladro non si può? Estremismo ci vuole, estremismo della libertà, ovverossia libertinismo: che non ha nulla che fare con la violenza, ma piuttosto con la non-collaborazione, la disobbedienza civile, l’interpretazione cavillosa e ostruzionistica delle norme, come boomerang contro chi le ha “democraticamente” imposte.
Di Aristotele ho invece sempre apprezzato la logica, divertendomi a costruire i più bizzarri sillogismi. Prendiamo questo, ad esempio: PREMESSA MAGGIORE: Chi a una sola è fedele verso l’altre è crudele; PREMESSA MINORE: Don Ottavio è fedele solo a Donn’Anna; ERGO: Don Ottavio è crudele verso tutte le altre donne. Oppure: Donn’Anna dice solo balle; Donn’Anna dice che in quella famosa notte io ebbe un attacco di impotentia coeundi; Donn’Anna dice una balla, e caso mai frigida sarà lei.
Ma non divaghiamo.
Rimanendo fermi alla tecnica del sillogismo, consideriamo questo ragionamento deduttivo: nel processo penale le prove acquisite attraverso operazioni illecite non hanno valore; le prove acquisite attraverso la violazione del segreto professionale sono illecite; le prove acquisite attraverso la violazione del segreto professionale non hanno valore. La deduzione non fa una piega! Ora, se ricordate, qualche tempo fa un certo Hervé Falciani , tecnico informatico, trafugò l’elenco dei titolari stranieri di depositi presso la banca Hsbc di Ginevra, offrendolo in pasto ai gabellieri degli Stati ladri perché potessero vendicarsi di quei benefattori dell’umanità che, meritoriamente, sottraevano i loro capitali, guadagnati in modo legittimo, alla rapina fiscale (occulta compensazione, dicevano una volta i gesuiti, prima che un loro rappresentante salisse al soglio di Pietro). Si possono usare i dati svelati da quel losco figuro ai fini processuali? No, per il sillogismo sopra esposto, se è vero che l’art. 622 del Codice Penale italiano sanziona come reato la propalazione di segreti professionali. E contro l’ammissibilità della lista Falciani come prova processuale sentenziò a suo tempo più di un giudice. Ora invece la Corte di Cassazione ribalta il verdetto. Quelle prove devono essere considerate valide! Quindi gli evasori fiscali registrati nella famigerata lista sono perseguibili penalmente, a vantaggio del pubblico erario. Sulla base di quale principio? E’ il caso di chiederlo? Ma che diamine, di un principio costituzionale; e la Costituzione, si sa, è una legge sovraordinata alle altre leggi! Solo che gli interpreti del dettato costituzionale sono quasi peggio dei teologi: questi fanno dire ai testi sacri ciò che gli autori non si sono mai sognati di pensare, quelli fanno dire alla Costituzione ciò che garba al Potere, secondo lo spirare del vento. Così hanno inventato il dogma secondo cui esistono diritti di serie A e diritti d serie B. Ad esempio, il diritto di proprietà è di serie B, perché può sempre essere retrocesso a interesse legittimo per motivi di pubblico interesse; anche la libertà di intrapresa può essere limitata per motivi di ordine superiore; e il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano. Invece il diritto dello Stato di percepire tributi non si discute, perché lo Stato è un Dio, e la legge di Dio è santa per definizione: “L’uso di documenti trafugati non determina una lesione di diritti costituzionalmente garantiti, in particolare il diritto alla riservatezza, visto che il segreto bancario è stato abolito e la riservatezza cede il passo al dovere costituzionale di pagare le tasse”. Traducendo dal latinorum: “Lo Stato è ladro, quindi ha la facoltà di servirsi di altri delinquenti per estorcere denaro ai suoi sudditi, i cui tentativi di sottrarsi al taglieggiamento sono penalmente sanzionabili”. Il carnefice fa la vittima, e la vittima diventa carnefice! La sentenza dell’augusta Corte cade come il cacio sui maccheroni sui conti disastrati dell’italica repubblica fondata sui debiti: considerata la possibilità che si mettano al lavoro altri delatori del calibro di Hervé Falciani, molti sudditi italici si rassegneranno, per timore di essere condannati, alla famigerata “voluntary disclosure”: altra bestemmia nella lingua di Albione che, tradotta nel bel volgar toscano significa “denuncia volontaria dei capitali depositati presso banche estere”. Capìta l’antifona? E qualcuno ha ancora il coraggio di dire che la virtù sta nel mezzo, e l’estremismo è abominevole? Al diavolo! I veri virtuosi siamo noi libertini!