Un vero talebano
Mi convinco sempre più che i preti o non leggono i testi sacri di cui pur si professano unici interpreti legittimi, o forse li leggono ma, furbescamente, ne danno interpretazioni “accomodatizie”: cioè a dire, li stravolgono secondo i propri disegni, a gabbo del gregge di cui si dicono pastori. Quante volte nel Vangelo Cristo fatica a far capire a quegli zucconi di apostoli che il suo regno non ha nulla che fare con la politica di questo mondo? Eppure, ancor dopo la resurrezione, hanno il coraggio di domandargli: “E’ questo il momento in cui restaurerai nella sua potenza il regno d’Israele?” La domanda è così becera che il Maestro neanche li degna d’una risposta, limitandosi a promettere la discesa dello Spirito Santo, l’unico rimedio divino contro l’ottusità di quelle teste dure. C’è poco da leggere in modo “accomodatizio”: Cristo disdegna il potere politico. Se non la disdegnasse, fonderebbe, o rifonderebbe, un regno su questa terra, oppure lascerebbe ai suoi seguaci il compito di provvedere a un tale disegno. Si guarda bene dal farlo. La santità non passa dalla politica. Non so se l’uomo di Nazaret sia figlio di Dio. E’ sicuramete un anarchico, e in quanto tale non violento, come tutti gli anarchici veri. Rifiuta quindi quella violenza al quadrato che si chiama Stato.
I suoi seguaci hanno impiegato un pugno di decenni a tradirlo. Appena si sono potuti ammanicare con i politici, l’hanno fatto ben volentieri, in cambio di onori e privilegi. Forse si illudevano di cominciare da quaggiù la costruzione del regno di Dio, dando vita, quale preludio e viatico a quello celeste, a un regno d’Israele terrestre, dove il braccio secolare dello Stato garantisse il rispetto di una sorta di sharia cristiana.
Cambiano le forme, ma la sostanza, nei secoli, rimane la stessa. Monsignor Galantino (a cui è dedicato un aggiornato sito internet: http://www.nunziogalantino.it/ ) prima rampogna duramente il governo, presieduto da un cattolico educato nelle sacrestie e perfezionatosi fra le file dei boy scout, per la sua presunta scarsa sensibilità nei confronti dei migranti, e subito dopo ingaggia un furibondo battibecco col leghista Salvini sullo stesso tema dell’accoglienza. Poi partecipa a un convegno in commemorazione di Alcide De Gasperi, arrivando a ripetere, sulle orme di illustri predecessori, anche insigniti del ministero pontificio, che la politica è la forma più alta di carità. Fosse vero, i più grandi santi dovrebbero essere i politici. La politica non ha nulla che fare con la santità. Machiavelli, che della teoria politica moderna è considerato il padre, non ha nulla di cristiano: nel nome dello Stato, secondo il suo pensiero, si possono, anzi si devono compiere le peggiori turpitudini. Nel mondo d’oggi come in quello antico: gli Ateniesi dissero chiaramente ai Meli, riluttanti a tradire le proprie alleanze e passar dalla loro parte – che in politica vale l’uso della forza; chi è più potente comanda e impone; e invocare la giustizia degli dèi a difesa dei deboli è da stolti. A questo punto non mi si venga a dire che la politica può essere santificata dall’interno. Due millenni scarsi di governanti cristiani-fossero re, imperatori, feudatari, vescovi – conti, presidenti di repubbliche, primi ministri, governatori, e chi più ne ha più ne metta-dimostrano il contrario. Due esempi a caso, presi ai due estremi dell’arco temporale: Costantino era un delinquente, che forse aspettò il momento della morte a farsi battezzare per cancellare in un sol colpo e una volta per tutte le malefatte della sua vita, e guadagnarsi senza troppa fatica la felicità eterna. Andreotti andava a messa tutte le mattine, ma voglio vedere chi avrebbe il coraggio di proporre l’ elevazione alla gloria degli altari dell’amico di Sindona, Monsignor Marcinkus, Salvo Lima e altri loschi figuri della stessa risma. De Gasperi? Una persona rispettabilissima, ma anche lui, per governare, avrà dovuto più volte ricorrere a menzogne, ipocrisie, ambiguità, reticenze, false promesse, e forse anche qualcosa di peggio, mettendo il fine, lo Stato, davanti ai mezzi.
Galantino, come il papa di cui è scrupoloso mandatario, è un vero talebano. Se la politica è la più alta forma di carità, è lo Stato a doversi accollare le opere d beneficenza, che invece il Maestro indicava come dovere morale dei singoli, non per garantire la giustizia sociale su questa terra, ma per entrare nel regno dei cieli. Così si prendono due piccioni con una fava: si provvede al bene comune e si aprono a tutti le porte del paradiso! Il guaio è che se la beneficenza diventa pubblica, tutti sono obbligati a esercitarla, attraverso un sistema coattivo di tangenti che viene pudicamente chiamato esazione fiscale, mentre è pura estorsione piratesca. Se questa non è sharia!
E’ paradossale che anche chi non vede di buon occhio né i Bergogli né i Galantini, come certi devoti più o meno atei, certi neoconservatori, certi presunti paleolibertari teocon, si batta poi per il riconoscimento, nel diritto positivo, di princìpi a suo dire inderogabili, anzi “non negoziabili”, quasi che il “diritto naturale”, su cui dichiara di voler fondare il proprio pensiero, corrisponda sic et simpliciter non all’essenza del cristianesimo (il che è già opinabile, ma meritevole di confronto), bensì alla dottrina della Chiesa cattolica. E allora niente aborto, abbasso i culattoni e via di seguito. Se fossero coerenti, questi signori dovrebbero accettare anche la carità di Stato, cui invece sono avversi in nome di uno “Stato minimo” che riduca allo stretto indispensabile la vessazione fiscale. Se sharia dev’essere, che sia completa! Anche la carità è un principio non negoziabile, senza di cui, lo dice San Paolo, in paradiso non si entra. In questo, i musulmani sono molto più rispettabili. Per loro la beneficenza è un precetto coranico, che deve valere anche nel diritto positivo. Si può discutere sul principio in sé, non certo sulla sua consequenzialità. Allah Akbar!