Totalitarismo tecnologico collettivista
Eterogenesi dei fini: è il processo storico per cui, indipendentemente, e anzi contro la volontà di chi agisce, si raggiungono risultati del tutto opposti a quelli perseguiti e sperati. Secondo il pensiero di Marx il Capitalismo, a causa delle sue contraddizioni interne, sarebbe giunto a un momento di crisi irreversibile che avrebbe portato alla rivoluzione della classe proletaria,ridotta alla miseria, contro la borghesia detentrice del potere e della ricchezza, aprendo la strada verso una società prospera, senza più conflitti di classe e senza più diritti di proprietà individuale, grazie al superamento di quella forma di dominio che storicamente si è configurata nell’istituzione dello Stato moderno. Le cose sono andate così? Non proprio. La transizione dal Capitalismo al Comunismo avrebbe dovuto presentare un momento di provvisoria “dittatura del Proletariato” attraverso cui il popolo, non più oggetto di sfruttamento e ormai padrone del proprio destino, avrebbe posto le condizioni per raggiungere l’agognata meta finale. Ma, laddove una rivoluzione proletaria è avvenuta, sotto la guida di partiti che al marxismo si ispiravano, la dittatura del Proletariato, lungi da rivelarsi come un semplice momento di passaggio, è diventata regime permanente, garantendo forse l ‘eguaglianza sostanzale dei sudditi a condizioni economiche molto modeste (a fronte di burocrazie dirigenti facoltose), ma causando anche la perdita delle cosiddette “libertà borghesi”, da sempre considerate come puramente formali perché frutto di un’ideologia di classe. Furono i romanzi di Solgenitsin, pubblicati in Occidente dalla fine degli anni Settanta dello scorso secolo, a illuminare questa tragica realtà, del resto già nota a chi non teneva chiusi gli occhi, e ad aprire una crepa profonda in tutti quei partiti di ispirazione marxista che fino a quel momento avevano considerato un modello il sistema sovietico. Si prese atto della realtà, ma con molta riluttanza: sarà bene ricordare che il “migliorista” Giorgio Napolitano, divenuto ora, alla sua morte, un santino della Repubblica, ancora nel 1974 bollava le opere di Solgenitsin come sfida al benemerito Stato sovietico e alle sue leggi, giustamente passibile di sanzioni penali.
Il crollo del sistema sovetico dopo la caduta del Muro di Berlino, alla fine degli anni Ottanta, sembrava segnare il trionfo del sistema capitalistico incardinato nelle democrazie liberali, con la proclamazione delle “libertà borghesi” come principi irrinunciabili di civiltà e dell’economia di mercato come unico strumento capace di garantire benessere a tutti, laddove lo Stato si preoccupi di intervenire con provvedimenti correttivi per venire incontro alle frange più deboli della popolazione. Un sistema che potremmo definire socialdemocratico, o, nell’accezione anglosassone, “liberal”. Non un paradiso in terra, ma una società libera, prospera e pacifica, dove anche i conflitti fra gli Stati sovrani, che nel corso della Storia hanno sempre tinto di sangue le vicende dell’Umanità, si sarebbero attenuati fino a scomparire. La “fine della Storia”, come recitava il titolo di un saggio, ben presto divenuto famoso, di un politologo fino a quel momento sconosciuto. Ma anche in questo caso siamo di fronte a una inaspettata manifestazione di eterogenesi dei fini, chiaramente in atto, benché pochi se ne stiano rendendo conto, e quei pochi corrano il rischio di essere etichettati con il nomignolo infamante di “complottisti”.
Eppure, basta leggere il libri di Klaus Schwab, il nume tutelare del famoso – o famigerato, secondo i gusti – “World Economic Forum” per rendersi conto qual è il disegno di quei potentati economici che reggono il mondo, movedo come marionette i politici che formalmente guidano le cosiddette democrazie liberali, legittimati da un consenso popolare sempre più insignificante. Viene dichiarato a chiare lettere: si dovrà arrivare a un assetto sociale in cui la proprietà come finora l’abbiamo intesa non avrà più ragione di essere, anche il lavoro subirà un drastico ridimensionamento, non solo quello manuale, grazie alle macchine, ma anche quello intellettuale , grazie all’Intelligenza Artificiale, e i cittadini-sudditi, godendo di un reddito di cittadinanza sufficiente a soddisfare tutte le esigenze della vita quotidiana, potranno ricevere i servizi di cui avranno necessità, dai trasporti (non ci sarà più bisogno di veicoli di proprietà, verranno forniti a noleggio) alla sanità ( basta medici di base, basterà un algoritmo per diagnosticare le patologie da remoto e per spedire in via telematica i medicinali necessari). Le abitazioni di proprietà non avranno più senso, anche l’alloggio sarà assicurato a tutti, in forma di comodato. Si potrebbe arrivare a un tipo di residenza abitativa in cui un medesimo appartamento può essere occupato in diversi momenti da persone diverse, secondo le loro esigenze. Anche le stoviglie e il vasellame domestico potrebbero essere concessi in comodato, a soggetti diversi in momenti diversi. Anche i vestiti.
Come lo chiamate, questo? Io lo chiamo Comunismo. Comunismo all’ennesima potenza. Un comunismo che non sarà l’esito di una rivoluzione proletaria, ma di un apparato tecnocratico messo a punto da un Capitalismo ormai giunto a una fase di concentrazione monopolistica inquietante, grazie all’appoggio di apparati pubblici che agiscono in simbiosi con il sistema economico, garantendo sostegni di ogni genere, brevetti, esclusive, proprietà intellettuale, depredazione dei beni demaniali. Il Capitalismo non teme più né aspetta la Rivoluzione proletaria, anche se negli ultimi tempi i ceti medi si sono un po’ dappertutto impoveriti. La rivoluzione se la costruisce da sé. Con lo stesso esito della “dittatura del Proletariato”. La quale, in realtà, era dittatura delle burocrazie dominanti, che governavano in nome del Proletariato ma in concreto miravano ai propri interessi, come chi comanda ha sempre fatto e sempre farà.
I grandi organismi sovrannazionali come WTF,OMS, FMI, Banca Mondiale, operano in questo senso. Difficile pensare che siano semplici servi sciocchi. Sono strutture portanti portanti a sostegno del disegno messo a punto dagli gnomi del sistema capitalistico-finanziario mondiale (l’OMS è ormai al soldo di Bill Gates e delle grandi case farmaceutiche), quelli che si incontrano a porte chiuse nei convegni di Bilderberg e della Trilateral, e alla luce del sole in vetrine come Davos o Villa d’Este a Cernobbio. Anche l’Europa fa la sua parte. L’enfasi sulla digitalizzazione, il programma “green”, il bando agli autoveicoli a motore termico e la promozione di quelli a motore elettrico, tutti i provvedimenti volti, a parole, a garantire la sicurezza delle abitazioni, e tutte le altre misure che comportano, per il comune cittadino, spese sempre meno sostenibili, porteranno proprio a quella proletarizzazione delle masse che consentirà ai padroni del vapore di attuare il loro disegno, esplicitamente dichiarato nei loro documenti ufficiali.
Un Capitalismo senza più mercato. A dimostrazione che Capitalismo e mercato non sono la stessa cosa, anzi spesso sono in conflitto. Pensatori liberali del calibro di Mises e Hayek dimostrarono a suo tempo che un sistema economico pianificato non poteva reggersi, perché intrinsecamente inefficiente: venendo a mancare i prezzi di mercato come “segnali” della domanda e dell’offerta, l’ apparato economico non poteva soddisfare le esigenze dei consumatori e finiva da una parte di produrre merci inutili e dall’altra di causare scarsità. Oggi si può pensare che, grazie all’elettronica, agli algoritmi, all’Intelligenza artificiale sia possibile superare questo problema, pianificando in maniera efficiente il sistema produttivo, senza bisogno di “segnali” spontaneamente emergenti dalle interazioni del mercato. Sarà proprio così? Staremo a vedere. Una cosa è certa. sarà una società molto più illiberale di quella sovietica, dove il popolo verrà rimbambito con mezzi di persuasione molto più sottili di quelli immaginati da Ray Bradbury nel romanzo “Fahrenheit 431”, da cui è stato tratto il film di Truffaut. La finta pandemia di cui stiamo patendo ancora i postumi (e forse avrà una reviviscenza) ne è stata la prova generale. Cinque o sei sedicenti scienziati, onnipresenti sugli schermi televisivi, osannati da un sistema informativo servile e manovrati da una politica al soldo di interessi innominabili ha convinto gran parte della popolazione a inocularsi anche quattro o cinque dosi di un farmaco sperimentale, di cui erano ignoti i possibili effetti collaterali. E molti se ne facevano un vanto, sbandierando il loro “green pass” come un trofeo.
Abbiamo una sola speranza: che il disegno si incarti, perché la presunta onnipotenza della tecnologia si rivelerà illusoria. O perché, in mancanza di mercato, verrà meno lo stimolo all’innovazione e al cambiamento. Qualcuno scoprirà che esistevano i libri, e comincerà a leggerli. Scoprirà che una volta esisteva la parola “rivoluzione”. Che molte dittature sono state travolte a furor di popolo. A cominciare da quella di Ippia, nella Atene, del declinante VI secolo a.C.