Politica e magistratura
Vi ricordate quando certi magistrati volevano rivoltare l’Italia come un calzino? Giudici, venivano chiamati impropriamente un po’ da tutti, anche dalla stampa più qualificata. Procuratori e sostituti procuratori, si sarebbe dovuto dire. Perché se è vero che, nel sistema italico, le carriere della magistratura inquirente e di quella giudicante sono più o meno le stesse, e un magistrato può senza troppa difficoltà passare dalla funzione di pubblico ministero – che è una funzione di parte – a quella di giudice – che è una funzione terziaria, super partes – è anche vero che questa, con buona pace dell’Associazione Magistrati, rimane una bella anomalia. Chi accusa e chi giudica manifestano in origine, e rafforzano nel corso della loro carriera, una mentalità diversa; il primo, una mentalità da poliziotto, il secondo una mentalità da arbitro. Ma questo è un discorso complesso, che ci porterebbe molto lontano. Le cose probabilmente non cambieranno tanto presto. Né cambierà tanto presto quel senso di onnipotenza che la Magistratura nel suo insieme ha maturato negli anni di “Mani pulite”, non certo per un suo chiaro disegno premeditato, ma piuttosto per una serie di circostanze che gliene offrivano su un piatto d’argento l’opportunità. Negli anni del terrorismo, grazie alla legislazione premiale – un vero processo di imbarbarimento del sistema giuridico, che avrebbe fatto storcere il naso al sempre citato ma da pochi studiato Cesare Beccaria – la politica aveva delegato al sistema giudiziario la lotta contro l’eversione armata. Fu, alla fine, un successo, ma pagato a duro prezzo, con azioni aberranti e vittime illustri, primo fra tutti il povero Enzo Tortora. Poi, crollato il sistema comunista mondiale e venuta meno la necessità di chiudere un occhio o magari due sulla corruzione del sistema partitico per non esporre il Paese alla conquista del potere da parte del PCI (il partito dei “diversi” e degli “onesti” al soldo dell’Unione Sovietica) la Magistratura si sentì tanto forte da poter finalmente far guerra alle tangenti e agli intrallazzi fra la politica e l’imprenditoria privata. Era il momento dei Borrelli, dei Davigo, dei Di Pietro. Sta di fatto, però, che a un certo punto tutte le bocche di fuoco degli intrepidi uomini di legge presero a sparare contro il PSI di Craxi e contro una DC ormai malridotta, nonché contro quel che rimaneva degli altri sparuti partitini, mentre il PCI, che aveva nel frattempo cambiato nome e finto di mutar pelle, veniva soltanto marginalmente colpito e si vedeva aperta la strada verso il trionfo elettorale, sulle macerie delle forze avversarie. Il ciclone Berlusconi, come un fulmine a ciel sereno, sconvolse tale piano. Da quel momento il bersaglio fu lui, il Cavaliere. Niente di nuovo sotto il sole, a ben guardare. Anche in epoche lontane e vicine si cercò di screditare gli uomini politici più in vista con accuse infamanti, spesso riguardanti presunte ruberie e a pratiche licenziose.
Nell’antica Atene si diceva che il grande Fidia, con la complicità di Pericle, rubasse l’oro che gli veniva fornito per la sua attività scultoria; o addirittura che invitasse le belle ragazze nel suo laboratorio con la scusa di mostrar loro le sue sculture, in realtà per passarle a Pericle, che potesse sollazzarsene. Anche Cavour fu accusato di ruberie, stupri e altre azioni del genere. Berlusconi, in tutto questo, non è da meno. Quale scandalo, e quante inchieste, per le donnine dei suoi festini! E’ stato accusato, e condannato, anche per altro, ad esempio per evasione fiscale e per aver comperato per denaro una sentenza arbitrale; è stato anche fatto segno di accuse per presunte collusioni con la Mafia. Tutte accuse, però, che, pur minacciando di scardinare la sua azione di governo, non colpivano direttamente, per via giudiziaria, le scelte politiche del suo gabinetto. Con il governo Cinquestelle-Lega le cose sono cambiate. I Cinquestelle sono sempre stati forcaioli, la Lega è sempre stata garantista a proprio vantaggio e forcaiola contro gli avversari. La Magistratura finora non ha toccato i Cinquestelle, mentre ha cercato di impallinare Salvini rendendolo in qualche modo responsabile delle ruberie perpetrate a suo tempo da Bossi e famiglia. Salvini è riuscito a scagionarsi, per ora si è salvato e pare abbia avuto l’accortezza di salvaguardare il partito dalla bancarotta. Allora, per colpirlo, si cambia strategia. Per la prima volta ab immemorabili viene attaccato non per un crimine compiuto a proprio vantaggio da privato o nell’esercizio delle sue funzioni, ma per un atto governativo che, per quanto possa essere esecrabile, deve essere giudicato e condannato solo sul piano politico, se si vuol rimanere in un sistema liberal democratico, dove gli atti di governo sottostanno al controllo di particolari organismi istituzionali, dal Parlamento alla Corte dei Conti alla Presidenza della Repubblica; e se è vero che le leggi possono finire davanti alla Corte Costituzionale per un giudizio di merito, questo avviene secondo procedure che escludono l’iniziativa delle Procure.
Qual è il crimine di Salvini? Cerca cerca nel Codice, ed eccolo trovato: sequestro di persona. Per aver impedito che la nave Diciotti, dopo aver tratto in salvo alcuni migranti che rischiavano di naufragare, attraccasse in un porto italiano. Questa è bella! Allora tutte le volte che, per un ordine superiore, un poliziotto mi impedisce di passare per una certa strada o di attraversare una certa piazza, commette il crimine di violenza privata? Se non lui, il suo superiore che gli ha impartito l’ordine? Sono il primo a deplorare tutta la politica anti-migranti di Salvini, e a pensare che certi suoi provvedimenti aggravino il problema della sicurezza anziché alleviarlo, ma mi sembra assurdo che possa essere incriminato di sequestro di persona per un atto politico, indirizzato a fini criticabili quanto si vuole ma non certo motivato da un tornaconto personale. Impedire lo sbarco di migranti come ricatto contro il resto dell’Europa che cerca di scaricare sull’Italia tutti gli oneri dell’accoglienza è senza dubbio una politica deplorevole. Ma non siamo di fronte né a sequestro di persona né a violenza privata. I naufraghi sono starti salvati da una nave dello Stato italiano, secondo le norme internazionali del soccorso marittimo. Da quel momento, trovandosi su nave italiana, i migranti erano in territorio italiano. Se fossero stati fatti sbarcare subito, mica sarebbero stati lasciati liberi di andarsene dove volevano. Sarebbero stati tenuti sotto custodia per provvedere all’identificazione e per espletare tutte le procedure necessarie ad accertare chi avesse diritto d’asilo e chi dovesse essere respinto. Sequestro di persona e violenza privata anche questo? Cerchiamo di essere seri, per favore! La cosa che più lascia di stucco è che, questa volta, mentre i Procuratori ritengono si debba archiviare l’accusa per la sua manifesta improponibilità, il Tribunale dei Ministri insiste per l’apertura del processo come atto dovuto, rinviando alla Giunta parlamentare per le autorizzazioni a procedere la decisione di consentire alla richiesta o respingerla.Ma perché, poi, colpire solo Salvini? Gli atti politici di un ministro non sono atti di tutto il governo? La responsabilità non è collegiale? Certo, il governo in carica anche in questo è anomalo. A comandare sono i due vice, che vanno ciascuno per conto suo; ognuno cerca di accontentare i suoi elettori ed è tutto un gioco di do ut des: io ti concedo il reddito di cittadinanza e tu mi concedi la riforma delle pensioni, io ti concedo il decreto dignità e tu mi concedi la difesa sempre legittima, anche se si spara a un ragazzotto che ruba i fichi. E via di questo passo. E il presidente del Consiglio? Quello rimane l’Arlecchino servitore di due padroni di sempre: una perfetta nullità.Intanto Di Maio e compagni vanno a stringere la mano ai Gilet jaunes francesi, sperando di farseli amici per una prossima azione comune, magari in occasione delle elezioni europee. Non è il caso che la Magistratura li incrimini per concorso in associazione a delinquere, o qualcosa di simile? Qui la motivazione squisitamente elettoralistica è fin troppo palese, non si può parlare di atto politico governativo. Signori magistrati, se ci siete, battete un colpo.
Provo una certa empatia per il povero Conte che cerca di nobilitare -con il suo solo esserci – l’agire di due bulletti impresentabili ai tavoli internazionali.
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Il bimbominkia Di Maio però – che sicuramente un mese fa manco sapeva cosa fosse il franco CFA e che deve averlo scoperto all’Università di Youtube – ha (secondo me) sollevato un problema “se non del tutto giusto, quasi niente sbagliato” (cit.) che ha dato molto fastidio ai mangia lumache, oltre all’appoggio ai gilè gialli.
Buon per lui che vive nel terzo millennio e che il marcheur Macron si accontenta di richiamare l’ambasciatore per consultazioni; negli anni 60 mi sa che una “visita” di simpatici ometti dell’OAS lo avrebbe già ridotto a più miti consigli.
L’Oas erano i terroristi coloniali dell’Algeria?? Dove militava il padre della LePen se non erro, o sbaglio?
Perché credi che non gliela faranno pagare per gli insulti ricevuti, i francesi?
Il problema è che come al solito il conto lo salderemo noi per colpa di quei due guappi.
Sull’articolo di Don Giovanni concordo in pieno, ce ne sarebbero di fatti da aggiungere, più o meno recenti, riguardanti il buonsenso che evidentemente manca ad un’intera categoria secondo me, un pò come Ingroia che a flop elettorale avvenuto della sua rivoluzione civile, decise di tornare nella sua Palermo a condurre indagini delicatissime riguardanti i suoi ormai avversari(nemici?!?) politici oppure il caso di Punta Perotti a Bari…. dove intere carriere politiche si sono costruite sullo spot di quello scempio, non intendo il complesso edilizio in se riconosciuto legittimamente edificato dalla corte europea, ma viceversa il suo abbattimento illegittimo decretato da una giunta amministrativa con l’avallo della Procura; fatto sta che l’intera zona sarebbe stata riqualificata a spese di privati ed invece resta il degrado del demanio. Così come buonsenso mancò a quell’ex giudice romano, fondatore di MD ed ormai avvocato, che si vide costretto a difendere la figlioletta finita nei guai, a causa della sua insana passione marxista per le pistolettate nella schiena a giuslavoristi e poliziotti…. presso lo stesso tribunale dove fino a pochi anni addietro, lavorasse egli stesso con i colleghi del collegio giudicante, fatto sta che oggi la signora abbia goduto di lauti sconti di pena.
Diverse sere fa guardavo un vecchio video su YouTube di Giovanni Falcone, che vi allego al post, mi sembra dovuto come ricordo. Io quel periodo l’ho vissuto da bambino, ma resto esterrefatto di come venisse attaccato da “quei professionisti dell’antimafia” in servizio attivo permanente e quale visione aberrante avesse tale Alfredo Galasso, giurista comunista e già membro del Csm, c’è un momento in cui dice:”i magistrati non rispondono a nessuno, ma solo al popolo”….da gelare il sangue. Probabilmente il modo di come lo guardassero al giudice Falcone a quel tempo i suoi stessi colleghi, non doveva essere tanto dissimile dall’aria trapelante di quel teatro….. nu rumpcugghiune ed una prima donna in sostanza. Toglietemi una curiosità, ma sbaglio o Falcone si dichiarò a favore della separazione delle carriere??
P.s.: perdonatemi qualora abbia usato il termine “giudice”impropriamente, abitudine.
https://www.youtube.com/watch?v=k5JGWBP7U8Y
Certo, il galantuomo Falcone era favorevole alla separazione delle carriere, stante la diversità delle funzioni di Pubblico ministero e Giudice: “investigatore il P.M., arbitro della controversia il giudice” (parole sue). Nei sistemi anglosassoni di Common Law l’accusa è sostenuta da un prosecutor, di solito un avvocato che dipende dall’attorney general, quindi dall’esecutivo. Quindi non rappresenta lo Stato, come il Pubblico Ministero del sistema italiano, ma è soltanto una delle parti in causa. Falcone non era per la subordinazione del P.M. all’esecutivo, ma sulla separazione delle carriere si espresse più volte in modo netto, auspicandone l’attuazione.