Nessuna medaglia alle Olimpiadi per le femministe
Ho sempre creduto che il femminismo autentico debba puntare sulle differenze tra maschi e femmine, per esaltare quelle qualità che sono tipicamente femminili e il maschio purtroppo non possiede. Differenza nel senso greco del termine, che in molti casi è sinonimo di superiorità. Mi pare invece che una certa ideologia confonda eguaglianza giuridica con intercambiabilità fra maschio e femmina. La recente filosofia transgender ha ulteriormente complicato le cose. Pare che uno sia maschio o femmina secondo come si sente o come gli gira. Le differenze anatomiche non contano, quelle psicologiche sono sfuggenti. Può darsi che sia io a sbagliare, ma credo che molti furbastri, quelli che manovrano sagacemente le leve del potere, manipolando i governi e condizionando l’opinione pubblica attraverso un sistema di informazione asservito ai loro disegni, approfittino di questa confusione e facciano di tutto per alimentarla per raggiungere scopi inconfessabili. Nessuno vuol fare più certi lavoracci? Sarebbe poco conveniente pagarli profumatamente, per aumentare l’offerta. Molto più fruttuosi due altri espedienti. Il primo è l’enfasi sull’accoglienza, di cui si fanno stupidi portavoce tanti tromboni come l’attuale Vicario di Cristo con il codazzo dei suoi elemosinieri e compagnia cantante: accogliere tutti significa tener bassi i salari, impoverendo la classe lavoratrice tradizionale (o quel che ne resta) e coprire con pochi spiccioli al giorno proprio quei posti di lavoro che altrimenti resterebbero vacanti. Chi vuol più andare a raccogliere olive o pomodori? Chi vuol sottoporsi a certi lavori che spaccano la schiena? Ben vengano i migranti, che, pur di non morire di fame, sarebbero disposti a tutto, ma non sempre anche a rubare. L’altro espediente è l’enfasi sull’eguaglianza “di genere”, come si dice oggi (i miei vecchi precettori mi insegnavano che il genere è una categoria grammaticale, fra esseri viventi la differenza è di sesso: la stessa Costituzione più bella del mondo all’art.3 si esprime così: “senza distinzione di sesso”. Da emendare, da emendare!). Visto che certi altri mestieracci come il soldato, il vigile, il poliziotto, il carabiniere non li vuol fare più nessuno, si fa credere che una donna vigile, poliziotto carabiniere o soldato sia un gran segno di emancipazione. Io quando vedo una vigilessa che si sbraccia in mezzo a un incrocio o che fa la faccia feroce se ferma un povero cristo che ha superato il limite di velocità di qualche punto, mi sento una stretta al cuore. Al solo pensiero che una donna possa essere mandata a combattere in guerra nei reparti di combattimento, orridamente mascherata e imbracciando armi micidiali, sono preso da una vertigine. L’emancipazione femminile per me si chiama Rita Levi Montalcini, Margherita Hack, Fabiola Gianotti, Patrizia Caraveo, per dire solo i primi nomi che mi vengono in mente: guarda caso, tutte donne di Scienza, quella Scienza che stupidamente un tempo si riteneva estranea alla mente femminile. Eppure sappiamo (ma pochi lo ricordano) che nei suoi studi sulla Relatività Einstein ricevette un notevole aiuto dalla moglie proprio su questioni squisitamente matematiche. Commuove leggere, fra i ringraziamenti che concludono il bellissimo saggio di Federico Faggin “Oltre l’invisibile”, queste parole: “In primis, un enorme grazie va alle sorelle Viviana, Irene, Elvia Sardei, mia moglie, per aver identificato aspetti poco chiari e avermi aiutato a migliorare l’esposizione delle tematiche. Irene ha inoltre contribuito in maniera significativa a rendere il testo più snello e scorrevole”. Per chi non lo sapesse, Faggin è l’inventore del microprocessore e della tecnologia “touch”, che hanno rivoluzionato la nostra esistenza. Dietro il suo lavoro c’è sempre stato quello umile e silenzioso di tre grandi donne amatissime. E che dire di un passato più o meno lontano? Che sarebbe stato Giuseppe Verdi senza Giuseppina Strepponi (se Verdi era intelligente, la Strepponi era intelligentissima, dice Paolo Isotta), che cosa sarebbe stato Robert Schumann senza Clara Wieck (le cui composizioni, tra l’altro, sono talvolta più belle di quelle del marito)?E’ un vero delitto che, in passato, molte donne non abbiano potuto sviluppare il loro ingegno, donando tante belle invenzioni e tante belle opere d’arte all ‘umanità, solo perché donne. Quante Gaetane Agnesi, quante Artemisie Gentileschi sono state soffocate dal pregiudizio maschilista? E perché la grande matematica Emmy Noether, l’inventrice del Teorema di Simmetria, per essere piuttosto bruttina, doveva sopportare il sarcasmo dei colleghi che, pur riconoscendo le sue altissime doti intellettuali, si chiedevano se fosse proprio una donna?
Qualche tempo fa sono venuto a sapere che esistono anche gli ostetrici maschi. Un maschio ostetrico? Ohibò! Ho sempre pensato che l’ostetricia sia un mestiere nobilissimo, che solo le donne sanno fare. Altra cosa è il ginecologo. Ma, di solito, il ginecologo, in sala parto interviene solo in caso di complicazioni, per il resto fanno tutto le donne, in maniera egregia. E’ sempre stato così, anche in passato. I due momenti cruciali dell’esistenza umana, la nascita e la morte, sono sempre stati governati dalle donne. Ricordate la “Vita Nova” di Dante? Quando il giovane poeta si azzarda a entrare nella casa di Beatrice subito dopo la notizia della morte di lei, è guardato con sospetto. Che ci fa lì in quel momento? Solo le donne ci possono stare. la Morte, come la Vita, appartiene a loro.
Ecco, se io fossi una donna e dovessi partorire, mi sarebbe indifferente essere seguita da un ginecologo o da una ginecologa, ma in sala parto un ostetrico proprio non lo vorrei. Mi farebbe lo stesso effetto di una vigilessa o di una soldatessa. Una maschera, una caricatura. Se la violenza è preminentemente maschile, la cura è una delle qualità più alte della femminilità. Per questo, di solito, le infermiere sono molto meglio degli infermieri. Pensiamo alle suore. Il compianto Augusto Guerriero, che si rammaricava di aver perso la fede, scrisse più volte di non aver mai visto nessuno, in tempo di guerra, soccorrere i feriti con tanto amore come le suore. Una prova dell’esistenza di Dio? Forse.
Le notizie di questi ultimi giorni, riguardanti le bruttissime Olimpiadi che si tengono a Parigi (una vergogna per la Francia: chez nous, chez nous, ma smettetela una buona volta!) mi stanno sconvolgendo. Premetto che non ho mai amato le Olimpiadi, pur ammirando molti atleti. L’idea di Pierre de Coubertin di ridare vita a un rito dell’antica Grecia mi è sempre sembrata piuttosto bislacca. A quei tempi non si trattava solo di atletica. Era un vero e proprio rito religioso, che si celebrava nello splendido santuario di Olimpia, quello che nel sacrario del tempio di Zeus ospitava la statua criselefantina opera di Fidia, purtroppo andata perduta come quella di Atena nel Partenone. Tra noi e loro, un abisso non di secoli, ma di millenni. E a quei tempi, non c’erano gare di pugilato tra donne.
Davvero l’idea che una donna possa dedicarsi al pugilato mi fa impazzire. Ma com’è possibile? Capisco tutto il resto, capisco anche che una donna possa dedicarsi al sollevamento pesi. Ma il pugilato? Già non posso sopportare quello maschile, entro certi limiti però posso anche comprenderlo. La violenza è tipicamente maschile. Ma come può una donna, la cui più alta qualità dovrebbe essere la tendenza alla cura del prossimo, soprattutto dei più deboli, dedicarsi a uno sport che consiste addirittura nella demolizione fisica dell’avversario? Come può una donna fare a pugni con un’altra donna, sfigurandone il volto ed essendone a sua volta sfigurata? Mi sembra inconcepibile. Sia ben chiaro: chi vuol farlo dev’essere libera di farlo. Ma voglio essere a mia volta libero di proclamare che mi ripugna, senza per questo essere bollato di maschilismo. Mi ripugna proprio per l’alta concezione che ho della donna. Guardate che tutte le donne che ho sedotte, in quell’attimo, le ho amate davvero (anche quella rompiballe di Donna Elvira).
Ancora più ignobile mi pare che si possa autorizzare un incontro di pugilato fra un uomo e una donna. Conosco già l’obiezione: Angela Carini ha combattuto con una donna! Eh no, cari signori, non prendiamoci per i fondelli, di grazia. Il suo avversario si sente donna, soffre della Sindrome di Swyer (cariotipo maschile, genitali esterni femminili ma gonadi che producono testosterone), all’anagrafe è registrato come donna, sul passaporto figura come donna. E allora, per questo è una donna? Ha le ovaie, ha l’utero, ha il ciclo mestruale, può partorire? Penso proprio di no. Soprattutto, geneticamente risulta XY, cioè maschio, non XX, cioè femmina. Se il grande luminare prof. Bruno Dallapiccola dice che è una femmina con cromosomi XY dice una grande cazzata, “per la contradizion che nol consente”. E’ come dire: è un cerchio, però è quadrato. E con il livello di testosterone, come la mettiamo? Angela Carini, sotto questo aspetto, ha combattuto con un uomo. Qualche ultrafemminista potrebbe dire che è un segno di parità. Se la tengano, questa parità.