Don Giovanni

Libertà liberale e libertà libertina

Cari amici, forse saprete che una sera, passando per caso da un cimitero, vidi il sepolcro d’un commendatore che, per sua dabbenaggine, m’aveva costretto a duellare con lui ed era rimasto ucciso. Per sberleffo invitai la sua statua funebre a cena in casa mia. Si sono inventati la storiella che la statua mi avrebbe risposto accettando l’invito, per poi presentarsi davvero il giorno dopo nella mia dimora e trascinarmi all’inferno. Scempiaggini (anche se il grande Mozart ci ha costruito sopra un magnifico finale d’Opera): ve lo dico io come sono andate le cose. Passava di lì quello scimunito di Don Ottavio, genero del commendatore, sentì il mio sberleffo e andò dai carabinieri a denunciarmi per vilipendio. Fui condannato a morte dalla cosiddetta “giustizia” dello Stato, che -chissà perché- è sempre così inefficiente quando deve prendere ladri e truffatori, mentre è efficientissima quando si tratta di soffocare il libero pensiero. Perché anche uno sberleffo, anche un pernacchio alla napoletana sono espressione del libero pensiero; sarà maleducato, ma chi ha detto che la maleducazione dev’esser passibile di sanzione penale? Anche se mangio con le mani anziché con coltello e forchetta devo subire i rigori della legge? Ma-si dirà-qui sono in ballo i Valori, un conto è mangiare con le mani, un conto farsi beffe della divinità e di tutto quanto c’è di sacro. Ma chi stabilisce che cos’è divino e sacro? E, visto che ci sono in giro tanti dèi, qual è quello vero e quali sono quelli falsi? E perché è buona cosa, almeno oggi, applaudire una bara durante un funerale, quasi fossimo a teatro, ed è invece blasfemo invitare a cena una statua funebre? Io ritengo sia più di cattivo gusto l’applauso. E se uno applaude in chiesa, come spesso oggi usa, perché io non posso fischiare? Misteri!
Su un giornale satirico francese si prende in giro la religione musulmana. I responsabili della blasfemia vengono puniti con una forma di “giustizia” privata, finendo sotto i colpi di un commando terroristico, che agisce in nome de suo dio. Esecrazione generale, o quasi, in nome del libero pensiero. Ipocriti! come se negli ordinamenti di tutti gli Stati moderni non ci fossero norme che condannano in qualche modo il vilipendio e limitano la libertà di pensiero quando ha come bersaglio i Valori delle religioni riconosciute: e tra queste religioni mettiamoci pure quella dello Stato stesso, il vero dio oggi da tutti venerato. Nella povera Italia si raggiunge addirittura il grottesco: il papa è equiparato al re, il re, che per nostra fortuna non c’è più, è equiparato il presidente della repubblica, che per nostra sfortuna c’è ancora; quindi, per la proprietà transitiva -guarda un po’ per quali nefandezze si fa uso della logica matematica! – chi si fa beffe del papa è come se si facesse beffe del presidente della repubblica, e allora può essere denunciato per vilipendio. Ma perché uno non deve potersi far beffe del presidente? E perché il papa dev’essere equiparato al presidente? Chi stabilisce questi Valori? Misteri!
Poi ci sono i “politicamente corretti” che difendono i detrattori del papa e del cristianesimo dai rigori della legge,sempre in nome della libertà di pensiero, ma poi condannano gli sbeffeggiatori di Maometto e dell’islam perché non si può urtare la sensibilità religiosa di chi professa un credo diverso dal nostro. Bella coerenza! Posso rifiutare impunemente il piatto che mi viene offerto in casa mia, dicendo che è sbobba, senza che nessuno possa mollarmi un ceffone; ma non posso sparlare degli intingoli cucinati dagli altri, pena una dura sanzione e tanti ceffoni da parte dei gourmet arbitri del buon gusto!
Infine ci sono i cosiddetti “moderati”, che ne fanno una questione di misura, mentre in realtà difendono sordidi interessi. Va bene la critica, ma “sempre con moderazione”, come diceva quel meschino giornalista nel dramma di Ibsen “Un nemico del popolo”. Criticare sì, ma finché la critica si limita a lambire qualche vizietto dei potenti, senza mai conficcare davvero la spada nel cuore del potere criminale: che di tali ramanzine moderate se ne fa un baffo. Va bene criticare l’islam, ma chi s’è fatto beffe di quella religione ha offeso i suoi fedeli; se è stato così duramente punito – ferma restando la condanna d’una punizione così efferata- se l’è andata a cercare! L’han voluto, loro danno! Siamo sicuri che non siano invece proprio questi saccenti moralisti ad attirare su se stessi e-purtroppo- su tutti noi, alla lunga, un danno difficilmente rimediabile? Giustificare una violenza contro la libertà di pensiero in nome della “moderazione” e del “rispetto” delle credenze altrui significa rafforzare l’arroganza dei giustizieri criminali e indebolire le nostre difese. E’ un caso che sia stato un foglio “liberale”, o sedicente tale, il “Financial Times”, a sostenere una tale posizione? E’ malizioso pensare che non si vogliano far inviperire i musulmani, visto che gli affari con la grande finanza dei fedeli di Allah stanno andando a gonfie vele? Per la City di Londra che importa se un drappello di scalmanati a Parigi colpisce a morte i detrattori dell’islam? Business is business; e non pare che le borse, sempre in fibrillazione per le elezioni in Grecia o per lo spaventoso debito pubblico italico o francese, abbiano fatto una piega per l’eccidio parigino. Il grande capitale del mondo sedicente libero sta vendendo la corda a chi prima o poi l’impiccherà: un libro uscito in queste settimane dipinge profeticamente un fosco avvenire…
Io, che sono considerato un essere demoniaco, un tizzone d’inferno, mi sento parecchie spanne al di sopra di tutta questa bella gente morigerata e ben pensante. Sono stato mandato a morte per un atto di blasfemia, ma anche un certo Yehshu’a bar Yoseph, circa 2000 anni fa, pare sia stato messo in croce per una blasfemia duplice: contro la religione dei preti, per essersi detto figlio di Dio, e contro la religione dello Stato, per aver lasciato capire che il tributo a Cesare era una ladreria. E quattrocento anni prima un certo Socrate figlio di Sofronisco fu condannato, per uno scarto di pochi voti, a bere la cicuta, con l’accusa di rinnegare gli dèi della sua città, Atene, e di corrompere i giovani. Prodezze della cosiddetta “libertà” democratica!

La mia libertà di libertino è tutt’altra cosa.

Giovanni Tenorio

Libertino