La maggioranza deviante
“La maggioranza deviante” è il titolo di un saggio che a suo tempo (siamo nel lontano 1971, se ben ricordo) fece molto parlare di sé. L’autore, a quattro mani con la moglie, era lo psichiatra Franco Basaglia, che da tempo si batteva per quella riforma radicale del trattamento psichiatrico, da sempre fondato sostanzialmente sulla detenzione manicomiale, che avrebbe avuto il suo coronamento con la Legge 180 del 1978, piena di buone intenzioni ma poi applicata nel modo peggiore. Basaglia non era un “antipsichiatra” che negava l’esistenza della malattia mentale e voleva lasciar liberi i matti, come qualcuno volgarmente diceva. Al contrario, voleva comprendere, secondo una concezione anti-positivistica della malattia psichiatrica, i motivi profondi di chi patisce disagi mentali, per reinserirlo nel contesto sociale evitandone l’isolamento, che aggrava i problemi anziché risolverli. Partendo da un’analisi critica della società capitalistica, Basaglia, che si era formato sulla filosofia di Husserl e sull’esistenzialismo di Sartre, sosteneva che la società efficientistica e tecnologica dei giorni nostri tende ad allargare il concetto di “devianza”, comprendendovi tutti coloro che per un motivo o per l’altro non sono in grado di integrarsi nei modelli dominanti. Per questo motivo, è facile bollare come folle chi semplicemente non può o non vuole adeguarsi. Dato che i modelli proposti sono piuttosto rigidi (la libertà delle società cosiddette liberali è spesso solo un’illusione, in quanto propone un uomo unidimensionale, per dirla con Marcuse, in funzione degli interessi propri dei ceti dominanti), si corre il rischio di una società in cui le forme di “devianza” sono molteplici e generalizzate.
Chissà se chi, in questi giorni, ha parlato di “devianza” per deprecarla o per esaltarla ha mai letto i saggi di Basaglia. Penso proprio di no. Se li avesse letti, si sarebbe astenuto dall’usare un termine ambiguo, che corre il pericolo di essere frainteso. “Deviante” è chi devia, cioè chi esce dalla retta via. Qual è la retta via? Quella che il senso comune ritiene tale. Spesso il senso comune coincide con la legge vigente; ma può capitare che l’evoluzione sociale porti a considerare non più devianti comportamenti che fino a ieri erano considerati aberranti. Si pensi all’omosessualità. Oggi è comunemente accettata come una scelta individuale, conforme a certe tendenze che per natura o per altre ragioni una persona sente come proprie. Fino a non molto tempo fa era considerata riprovevole, e il rapporto sessuale fra adulti consenzienti dello stesso sesso addirittura punito dalla legge penale. Ricordiamo quel che capitò a Oscar Wilde e, in tempi più vicini a noi, ad Alan Turing. Oggi, nei Paesi cosiddetti civili, non è più così. Qualche minorato mentale continua a prendersela con i culattoni, ma la Legge non li tocca, anzi li protegge.
Oggi i cosiddetti progressisti tendono addirittura a cancellare per legge “devianze” che forse sarebbe bene continuare a chiamare così. Liberalizzare la droga? Può andar bene, uno deve essere libero anche di drogarsi, non chiamiamolo “deviante”, però non facciamone neanche un eroe. Uno vuol sentirsi oggi maschio e domani femmina, a piacimento? Faccia anche lui come vuole, non chiamiamolo “deviante” però evitiamo di insegnare a scuola la teoria “gender”. Fin qui, passi. Ma che dire di chi vorrebbe cancellare la “devianza ” della pedofilia? Non mi si venga a dire che anche qui siamo di fronte a una libera scelta. E’ un terribile sopruso a danno dei più deboli, che deve essere duramente condannato dalla riprovazione sociale e dalla Legge. Quel giorno che la Legge, per tener dietro a un presunto mutamento del sentire comune, dovesse cancellare la “devianza” della pedofilia, si cadrebbe in piena barbarie. Certe “devianze” devono rimanere “devianze”, nel senso deteriore del termine. Il furto deve rimanere furto, ed essere punito. L’omicidio deve rimanere omicidio, ed essere punito. Di più: drogarsi, ubriacarsi, può non essere considerata una “devianza” a termini di legge, ma non mi si venga a dire che drogati e alcolizzati vanno abbandonati a sé stessi: cercare di correggerli, per riportarli sulla retta via significa forse menomare la loro libertà in nome di un presunto diritto alla “devianza”?
Quando Giorgia Meloni ha parlato di certe “devianze ” giovanili, voleva proprio dire questo. Ci sono comportamenti che sono obiettivamente “devianti”, dannosi per la società e per chi li mette in atto. Non potranno mai diventare comportamenti leciti; e, anche se non sono punibili per legge, rimangono pur sempre dannosi per tutti, quindi è giusto cercare di correggerli. Lo sport potrebbe essere un utile strumento per incanalare la vitalità giovanile verso esiti positivi, a beneficio di tutta la società: “Quanti giovani rimangono vittime delle devianze come droga, alcol spirale di violenza(…) e vengono lasciati soli?” Mi chiedo che cosa ci sia di tanto scandaloso in queste parole. E’ vero, la Meloni accomuna alle devianze anche anche disagi di tipo alimentare, come quelli che portano all’anoressia o all’obesità. D’accordo, è sempre pericoloso, come dicevamo sopra, usare il termine “devianza” con troppa disinvoltura. L’anoressico o l’obeso non può essere messo sullo stesso piano di chi si droga, si ubriaca o compie atti di bullismo. La sua è una vera e propria malattia. Che però molto spesso deriva da scelte alimentari o da abitudini di vita errate, quindi “devianti”. una “devianza” che merita di essere corretta. O è un diritto costituzionalmente garantito anche essere obesi e anoressici?
Quando Letta, e chi con lui, esprime parole di esecrazione per le considerazioni della Meloni, esaltando la “devianza”, non si rende conto che sta esaltando il vizio, la delinquenza, la malattia? Ma poi, senti un po’ chi viene a farci la morale. Viva la “devianza”? Allora, lode anche a tutti quei “devianti” che non si sono voluti vaccinare. O no? In questo caso vale il principio di legalità? E se la legge è una legge liberticida? in questo caso il “deviante” rimane un delinquente? Quelli che trasgredivano le leggi razziali di Hitler e Mussolini, salvando gli ebrei, andavano contro il principio di legalità. Erano”devianti” degni di essere puniti?
Sapete che vi dico? Certi sedicenti progressisti mi fanno davvero schifo.