Don Giovanni

La lega continua ad averlo duro (considerando l’uso che ne fa, non è una bella notizia)

Quando la Lega era in mano a Bossi e alla sua masnada, ce l’aveva duro. Tanta acqua è passata sotto i suoi ponti, tante cose sono cambiate: non sogna più la secessione del Nord, non parla più della Padania, non tuona più contro Roma ladrona; è finita l’epoca in cui le amministrazioni comunali leghiste spendevano tempo e denaro per cambiare i nomi delle vie e delle piazze, cancellando, ad esempio, “Piazza Roma” per ribattezzarla “Piazza Padania”. Terminato da qualche anno anche il vezzo di affiancare ai cartelli che indicano il nome in lingua italiana di una città, di un paese o di una contrada altri cartelli che li indicano nel dialetto locale (o presunto tale), scimmiottando il bilinguismo topografico altoatesino, che ha dalla sua parte ragioni ben più forti. Ora che Salvini è ministro degli Affari Interni anche i prefetti, un tempo esecrati come longa manus dell’aborrito governo centrale, sono diventati preziosi collaboratori nella lotta al crimine e all’illegalità (ma era già successo, a suo tempo, con Maroni). Agli sberleffi contro i terroni, che ora da parassiti sono diventati fratelli, si è sostituita la caccia ai migranti, agli zingari e ai povericristi che vendono paccottiglia sulle spiagge. Tolleranza zero! Proposta di una riforma della legge sulla legittima difesa che escluda il principio di proporzionalità. E via di questo passo.

In somma: tante cose sono cambiate, ma la Lega non se l’è fatto venire molle: continua ad avercelo duro. Così duro, che sentite l’ultima di Salvini: reintroduzione del servizio militare “per i nostri ragazzi e per le nostre ragazze, così almeno imparano un po’ di educazione che mamma e papà non sono in grado di insegnargli” . C’è da rimanere a bocca aperta. Ma, a ben pensarci, anche in questo caso tutto è cambiato perché tutto rimanga come prima. Qualche libertario o sedicente tale, in un passato non molto lontano, guardava con interesse alla Lega , considerandola un partito antistatalista. Duplice errore. Se è un partito, che concorre alle elezioni come tutti gli altri, accetta il principio democratico, e quindi è statalista. In secondo luogo, se -come faceva allora la Lega- un partito propugna la secessione, non si batte affatto per il superamento dello Stato, ma per la formazione di Stati più piccoli. Il modello era la Svizzera, cara a Gianfranco Miglio. Niente da dire, per carità, sul programma della Lega: ognuno propone la politica che più gli aggrada. Molto da dire, invece, sulla confusione mentale dei sedicenti libertari: molti dei quali si erano formati proprio alla scuola della Lega, e si erano abbeverati al pensiero dell’ultimo Rothbard, quello che vedeva nei movimenti secessionisti di tutto il mondo l’aurora di un’imminente rivoluzione anarco-capitalista (s’è visto com’è andata). In realtà la Lega non ha mai avuto connotazioni anarchiche. Era “sovranista” allora come adesso. Allora voleva cacciare i terroni, come adesso i migranti. Allora voleva presidiare il confine del Po, ora vuole presidiare i confini marittimi dell’Italia. Molti indipendentisti, allora come oggi, avrebbero visto di buon occhio un esercito di leva per la rinata Serenissima Repubblica, o per un nuovo Lombardo-Veneto, o per una fantomatica Padania. La Lega, allora, non era antistatalista, ma diversamente statalista. E così è rimasta. Allora voleva uscire dall’Eurozona, e anche ora coltiva in segreto lo stesso disegno (con la complicità dei vari Savona, Borghi, Bagnai), non più solo per il Nord, ma per tutta l’Italia.

Non stupiamoci, dunque, se Salvini auspica la reintroduzione del servizio di leva. Chi è statalista ama i militari, che difendono i sacri confini della Patria. Lasciano basiti, piuttosto, le motivazioni : il servizio militare dovrebbe sostituire i genitori, ormai diventati negligenti, nei loro compiti educativi. Questa è veramente una barzelletta. Per due motivi. Innanzitutto, com’è possibile che la scuola, obbligatoria per dieci anni, non basti a rimediare al (vero o presunto) assenteismo dei genitori? Bel fallimento, se deve essere integrata da un periodo, più o meno lungo, di servizio militare! In secondo luogo: se c’è un’istituzione diseducativa, questo è proprio l’esercito di leva. I peggiori vizi si imparano durante il servizio militare. Si impara a infierire contro i più deboli. Si impara a rubare, a essere falsi. SI impara a fare i furbastri e gli scansafatiche. Si impara a dire”signorsì” a un analfabeta che ha qualche grado cucito sulla divisa. Si impara lo squallido linguaggio da caserma. Ci si abbrutisce, si esce peggiori di quando si è entrati. In compenso, non si impara a fare la guerra, e questo può essere un bene. Ma a che serve un’istituzione così? A rompere le palle ai cittadini, privandoli del periodo più bello della loro vita, gli anni della fiorente giovinezza.

Mi correggo: anche le motivazioni sono coerenti. Per uno statalista, l’educazione compete allo Stato. Poco importa se è un’educazione di merda.

Notate un particolare non da poco: pare che il servizio militare obbligatorio vada esteso anche al gentil sesso. In questo Salvini è davvero moderno. Parità di diritti e di doveri! Naturalmente molti saranno d’accordo con lui. Saranno d’accordo anche le donne? In buona parte sì, visto quante di loro vanno a fare la vigilessa, la poliziotta, la carabiniera, la finanziera e altri mestieracci del genere. Se non vado errato già ora possono entrare volontariamente nelle file dell’esercito. Le femministe non hanno niente da dire? La guerra è un delitto che hanno sempre perpetrato gli uomini. Le donne l’hanno sempre subita come una terribile disgrazia. Ora accettano di diventare complici del crimine? Dovrebbero ribattere: “Signori maschietti, i mestieracci fateli voi. Noi non ne vogliamo sapere. Meglio dare la fica a pagamento -un servizio sociale benemerito- che indossare una divisa e imbracciare un mitra. Invece le puttane sono esecrate, i militari sono riveriti. Non entreremo mai nelle file dei criminali di Stato. Vorremmo invece che si moltiplicassero a dismisura personaggi come Ilaria Capua, l’illustre virologa costretta a emigrare per le calunnie di una medichessa analfabeta ora assurta al rango di ministra della Salute. Le criminali in divisa osannate e le grandi scienziate criminalizzate? Vergognatevi!”

Giovanni Tenorio

Libertino