Don Giovanni

Arte retorica

“Chi non sa, fra gente che non sa, sarà più persuasivo di chi sa”.

E’ quel che obietta Socrate, nel “Gorgia” di Platone, al famoso sofista, e maestro di retorica, cui è intitolato il dialogo. Questa frase, residuo di antiche letture (non passo la mia vita solo seducendo femmine: mi sento, tutto sommato, oltre che seduttore professionista, anche filosofo dilettante), mi è riemersa dal pozzo della memoria qualche giorno fa, allorché un caro amico lamentava di aver patito un attacco di  Herpes Zoster, quello che comunemente vien chiamato “Fuoco di Sant’Antonio” e, per aver dato ascolto alle persuasive parole della sorella, che gli magnificava i prodigi dell’omeopatia, si era affidato troppo tardi ai rimedi della medicina allopatica, quando ormai il male si era diffuso e aggravato, così da rendere più lunga e più gravosa la terapia. Gli ho chiesto per quale ragione si fosse lasciato abbindolare a quel modo da una persona che, pur vantando due lauree, in Psicologia e in Scienze Politiche, di medicina non conosce assolutamente nulla; altrimenti saprebbe che i rimedi omeopatici hanno la stessa efficacia dell’acqua fresca e, quando sembrano ottenere qualche risultato, il loro successo è dovuto al ben noto “effetto placebo”.  “Non hai mai letto quello che ne dice Silvio Garattini?” Risposta:”Gattini? Mai sentito nominare. Ma la mia sorellina, che ha studiato tanto, mi aveva proprio convinto…” Compatisco il mio povero amico. Quanti, e non sempre dei più stupidi, cadono nella  stessa rete in cui s’è lasciato avviluppare? D’altra parte quando, qualche decenni or sono, un presunto scienziato, tal Benveniste, proclamò di aver trovato le prove della “memoria dell’acqua”, cioè delle tracce che anche dopo una serie di numerosissime diluizioni certe sostanze lascerebbero nell’acqua in cui sono diluite, i giornali riportarono la notizia in prima pagina. Furono in molti a esultare. Forse anche il famoso dottor Dulcamara, “la cui virtù preclara, e i portenti infiniti, son noti all’universo e…e in altri siti”. Dopo qualche tempo si scoprì  che era tutta una bufala (allora non si usava  lo stolto neologismo “fake news”) e che dietro le teorie di quello “scienziato” c’erano lauti finanziamenti dei produttori di medicinali omeopatici; ma la smentita, anziché finire in prima pagina, fu riportata nelle pagine interne, dove pochi andarono a leggerla. Molti, evidentemente, ci credono ancora. E Dulcamara continua a fare affari. Qualcosa di simile capitò, non ricordo più se prima o dopo, con un’altra bufala, quella della “fusione fredda”. Aveva ragione Socrate: la retorica, che non insegna nulla di valido in sé, in quanto arte della persuasione riesce a convincere gli ignoranti; purtroppo il sapiente molto spesso non possiede, per controbattere, armi ugualmente affilate. E’ la retorica, non la conoscenza, a gonfiare certe notizie giornalistiche. Pensate a quanta se ne sta facendo intorno a Greta Thunberg. Una ragazzina che, a sua volta, di retorica sembra maestra. Sa convincere, e come! Chi sarà il Gorgia che gliel’ha insegnata? La sua loquela ha trascinato nelle piazze i giovani di tutto il mondo. Come tutti i rétori aborriti da Socrate parla di ciò che non sa; ma lo dice benissimo, al punto da persuadere gli allocchi (che sono la stragrande maggioranza degli esseri umani) e offrire ai potenti della terra l’occasione per fingersi a loro volta persuasi e mostrarsi, davanti al volgo che li sostiene con i suoi suffragi, sinceramente preoccupati per le sorti future dell’Umanità. Retorica è quella di un linguista di chiara fama come Giuseppe Antonelli, che non si lascia sfuggire l’occasione di affermare che la ragazzina parla davvero bene, senza preoccuparsi di precisare se quanto dice è vero o falso. Retorica è quella del giornalista Aldo Cazzullo, che, lodando a sua volta la Thunberg, accumula una serie di sciocchezze a proposito dei cambiamenti climatici: ad esempio, dando per certo il presunto moltiplicarsi, negli ultimi decenni,  degli eventi meteorologici distruttivi, smentito, proprio qualche mese prima, con dati ben precisi, da un articolo pubblicato, nella stessa pagina della sua rubrica, sul suo stesso quotidiano. Un lettore avveduto dovrebbe replicargli.”Ma che cazzullo dici? Lo dice la Scienza? No, lo dice la retorica. I dati scientifici dicono tutto l’opposto”. Non mi risulta che alcuno l’abbia fatto.La retorica, avulsa dalla verità, potrebbe portare la giovanissima pasionaria del clima a ricevere il premio Nobel per la Pace. Sarebbe davvero il colmo. E” proprio vero che non si tocca mai il fondo, non c’è limite al peggio. Non bastavano i discutibilissimi Nobel ad Arafat e ad Al Gore? Una volta i Nobel per la Pace si assegnavano a personaggi come Nelson Mandela, che ben lo meritava, anche per aver trascorso qualche decennio in carcere, nel nome di nobili ideali. Anche il Nobel per la Letteratura a suo tempo assegnato a Dario Fo è discutibilissimo: aveva ragione il compianto Giovanni Raboni, critico prestigioso oltre che finissimo poeta, a dire che era un grande attore ma i suoi testi sul piano letterario valevano ben poco. Ebbene, se veramente la Thunberg riceverà il premio Nobel, quelle vecchie, discutibilissime  scelte, al confronto, appariranno assennate ed encomiabili.Ma c’è ancora di peggio, amici miei. Qualcuno ha proposto addirittura il Nobel per la Pace a Carola Rakete; se non vado errato, fra costoro c’è anche lo scrittore Mario Vargas Llosa. Se è così, tutta la stima che avevo per lui va a farsi benedire. Anche per la signorina che ha speronato di proposito una nave della Guardia di Finanza, rischiando di provocare  una strage, la retorica si spreca. Qualcuno è arrivato addirittura a paragonarla ad Antigone. Vogliamo scherzare? Chi l’ha fatto, conosce il personaggio di Antigone? Ha mai letto la tragedia di Sofocle che porta il suo nome? E’una donna che, per compiere  un atto di  pietà in omaggio al fratello caduto in battaglia, sfida il potere di un tiranno, finendo in prigione, dove trova la morte. La signorina Rakete ha subito un processo-farsa, presentandosi in tribunale con le tette al vento, ed è stata rimessa in libertà non si sa bene a che titolo. Qualche giorno or sono, è stata  accolta dal Parlamento Europeo con grandi applausi, come un’eroina. Acclamata dai potenti al più alto livello. Altro che Antigone! Se si fosse presentata spontaneamente ai giudici, in abbigliamento decente, avesse preteso di essere processata per i reati commessi, in nome di un ideale umanitario superiore alle legge positiva, e fosse finita in carcere per qualche anno (il Codice della Navigazione  per lo speronamento di una nave da guerra, ne commina da 3 a 10), sarei il primo a lodarla. Invece il suo comportamento è stato quello di una furbastra. Vogliamo scommettere che fra qualche tempo la troveremo candidata alle elezioni, magari nelle liste dei Grünen o della Linke?A questo punto, non mi stupirei che si proponesse il premio Nobel anche per quell’alto prelato, elemosiniere del papa, Konrad Krajewski,  che ha staccato i sigilli apposti al  contatore elettrico di in immobile illegittimamente occupato dove si svolgevano attività ai limiti della legalità senza pagare un centesimo per l’energia consumata. Anche lui, se voleva compiere un atto di vera disobbedienza civile, si doveva costituire pretendendo di essere processato e punito.  Invece l’ha fatta franca. In qualsiasi altro Paese sarebbe stato giudicato per direttissima e mandato al fresco. Nella cattolicissima Italia, che ha recepito il Concordato nella sua costituzione , la più bella del mondo, e foraggia il Vaticano con il famigerato “otto per mille” che in qualche modo anche i mangiapreti come me sono costretti a pagare, questo non può capitare. Bravo Krajewski, l’ha detto anche Francesco. Forse si è ispirato alla più brutta parabola evangelica, quella del fattore disonesto, su cui qualche settimana fa il sedicente Vicario di Cristo che siede sul cosiddetto soglio di Pietro ha imbastito, qualche settimana fa, un’omelia ancora più brutta (o se l’è fatta imbastire, visto che non sa spiccicare due parole sensate senza leggerle su un foglio).

Giovanni Tenorio

Libertino

8 pensieri riguardo “Arte retorica

  • Alessandro Colla

    Il giudizio di Raboni su Fo lo trovo eccessivo. Ma in tanti, all’epoca, ci aspettavamo che il premio fosse assegnato a Mario Luzi.

    • Concordo, il lavoro fatto da Fo sui dialetti e il grammelot è stato impagabile, teatro innovativo. A prescindere dalle sue idee politiche.
      Come Picasso nella pittura. A prescindere dalle sue idee politiche.
      E poi tre anni fa lo hanno dato anche a Robert Zimmerman, in arte Bob Dylan, e non sarò certo io a scandalizzarmi di questo. A prescindere dalle sue idee politiche.

    • Il giudizio di Harold Bloom, del quale in questi giorni piangiamo la scomparsa, sul premio Nobel a Dario Fo fu ancora più pesante: “Una cosa ridicola”. Questo non significa che abbiano ragione del tutto Raboni e Bloom. Anche a me come scrittore Dario Fo non è mai piaciuto troppo, ma il giudizio in questi casi è più che mai soggettivo: non stiamo discutendo né di Aristofane, né di Plauto, né di Molière né di Goldoni (per non parlare dello Shakespeare commediografo). Certo, rimango convinto che il premio a Luzi sarebbe stato ben più meritato. Raboni, sempre lui, lo riteneva superiore a Montale. Ma svalutava, come la sua amica Patrizia Valduga, Giacomo Leopardi, considerandolo, più o meno, come un autore per adolescenti. Inutile dire, per chi mi conosce, che non sono per niente d’accordo.

  • In un sito che si proclama anarchico e soprattutto libertino, la mancanza di reggiseno (peraltro diffusa e comune in tutte le teutoniche che poi a 50 anni le hanno al ginocchio) in una ragazzotta bruttaccia in viso e belloccia altrove dovrebbe essere l’ultima preoccupazione!

    • Nulla di moralistico nella mia censura alle tette al vento di Carola Rakete. Figurarsi se a Don Giovanni può dispiacere un bel paio di tette! Nella mia carriera di libertino ne ho viste d’ogni sorta. Quelle di Zerlina erano un incanto, quelle di Donna Elvira un po’ flaccide, quelle di Donn’ Anna mica male. Potrei fare una lunga disquisizione sull’argomento, ma parlerei di gente che nessuno, o quasi, conosce. Quel che mi disgusta, invece, è l’abbigliamento (e ogni atteggiamento) difforme dal rispetto che si deve a certi luoghi. All’osteria ci si veste da osteria, in tribunale da tribunale. “In chiesa coi santi e in taverna coi ghiottoni”, diceva Dante. Anche certi pubblici ministeri e certi giudici sbracati mi danno sui nervi. Mi piacciono i giudici inglesi con la parrucca. Sono un anarchico, ma sono anche un aristocratico. Disprezzo gli atteggiamenti plebei e, come il Vecchio Oligarca nell’Atene del V secolo a. C., considero la democrazia il governo dei peggiori. Sono un miscredente, ma non mi permetterei mai di entrare in chiesa in bermuda e sandali infradito. E quegli imbecilli che applaudono ai funerali? Li prenderei a schiaffi. Una volta mi permisi di protestare ad alta voce:”Non siamo a teatro!” La plebe mi guardò come fossi un marziano. Oggi i direttori d’orchestra dirigono in pigiama; spesso il loro pubblico è abbigliato nello stesso stile informale, per non dire di peggio (non vi dico che cosa mi è capitato di vedere quest’estate a Ravello, nel giardino dove Wagner ebbe l’ispirazione per la scena delle fanciulle-fiori del “Parsfal”). Il grande Riccardo Muti dirige in frac. Mi hanno detto che ne sfoggia uno nuovo fiammante, sul podio della Chicago Symphony che sotto la sua bacchetta è diventata la più grande orchestra del mondo. “Giù il cappello, ignorante!” disse Toscanini a un tale che teneva il capo coperto in non so più quale teatro. Così s’ha da fare.

  • Dino Sgura

    Non so quanto possa valere effettivamente il nobel, quello della pace fu dato persino al bombarolo Obama, ed invece Trump l’avrebbe meritato certamente di più,…. ma Mandela è stato un terrorista marxista, un personaggio sul quale la sinistra ha costruito uno dei suoi totem.

    • Perchè quando ti leggo ho come l’impressione di vedere un Mennea che fa di tutto per far vedere che più di tanto non riesce a correre?

    • Mandela non era comunista, anche se in alcuni casi appoggiò le manifestazioni di protesta del Partito Comunista (ad esempio, lo sciopero del Primo Maggio 1950), e ne accettò l’alleanza per ragioni tattiche. Non era neanche un terrorista: quante persone ha ucciso? Neanche una. Certo, oltre alla disobbedienza civile, promosse azioni di boicottaggio e di sabotaggio. Semmai potremmo definirlo un guerrigliero, che voleva armare il popolo oppresso per rovesciare il regime degli oppressori. Il suo ideale non era la lotta di classe in senso marxista, ma l’armonia delle classi, entro una cornice liberal-democratica sul modello anglosassone. Tant’è vero che, nella sua autodifesa durante il processo del 1964, non esitò a magnificare la Magna Charta, la Petizione dei Diritti, il Bill of Rights, la separazione dei poteri, l’indipendenza del sistema giudiziario. Si scontrò con il figlio di Gandhi, Manilan, che propugnava una lotta assolutamente non violenta, perché riteneva che, in un sistema bieco come quello dell’apartheid sudafricana, la non-violenza avrebbe avuto un esito fallimentare (il Mahatama aveva di fronte il Regno Unito, che, con tutte le sue pecche, era pur sempre un regime liberale; ed era il primo a pensare che, in alcuni casi, la violenza può essere necessaria. Fu per la guerra contro Hitler, a fianco dei colonialisti inglesi).

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