La rivincita di Leporello
DG – Caro Leporello, complimenti! Vedo che sei diventato più estremista di me. Se nel bel volgar toscano il termine “sinistra” non avesse assunto un significato sinistro (perdonami il gioco di parole) direi che mi hai scavalcato a sinistra! Hai superato il tuo maestro: “Credette Cimabue nella pittura/tener lo campo, e ora ha Giotto il grido/sì che la gloria di colui è scura”.
L – Non vi capisco. Diciamo piuttosto che chi va con lo zoppo impara a zoppicare; e ora forse zoppico più di voi. Ve lo dissi già una volta: “Caro signor padrone, la vita che menate è da briccone”: Sono diventato un briccone anch’io.
DG – Temerario, in tal guisa!!!
L – Vedete di non andare in collera…
DG – Guarda che dicendo così offendi me ma offendi anche te stesso. Io direi piuttosto che quelli che vanno con chi marcia dritto imparano a marciar dritto anche loro. E tu ora marci dritto come un fuso, per merito mio, e solo per merito mio!
L – Ma a che proposito avete avviato questo discorso?
DG – A proposito del tuo ultimo intervento, in cui rifiuti il mio consiglio di partecipare al referendum di ottobre, per dare una spallata a Renzi con una valanga di no.
L – Vedete di non andare in collera… Mi sembra -scusate- che il vostro consiglio sia in contraddizione con quanto avete sempre sostenuto: essere la partecipazione ai rituali democratici un modo di legittimare il sistema, pretendendo di modificarlo dall’interno; quando invece il sistema è da distruggere.
DG – Vedi di chiarire meglio il tuo pensiero. Voglio comprenderlo a fondo, poi potrei anche darti ragione. “Conoscere per deliberare” diceva Einaudi.
L – Che non era certo un libertario, e tanto meno un libertino.
DG – Ma era una persona seria. O preferisci il Gentile con il suo attualismo? Il pensiero è sempre azione? Così si possono giustificare anche le manganellate e l’olio di ricino delle camicie nere. Pensiero anche quello! Ma sentiamo il tuo, di pensiero. Se è buono, potremo anche tradurlo in azione. Solo dopo, però.
L – Voi avete detto che astenersi dal referendum sarebbe come rinnovare i nefasti dell’Aventino al tempo del Fascismo. Sarebbe stato meglio, dite voi, che gli antifascisti rimanessero in Parlamento a combattere. In questo modo però difendete la democrazia, che avete sempre irriso. Anche il candido Giovanni Malagodi ebbe a dire, non so più in quale occasione, che l’Aventino è antidemocratico!
DG – Se la democrazia può servire a fermare una dittatura, che è molto peggio, viva la democrazia
L – Ohibò, detto da voi! Non vi riconosco, padrone mio!
DG – Tu che cosa avresti fatto?
L – Avrei sparato al Duce!
DG – Che dici? Altro che scavalcamento a sinistra! Tu sei diventato un anarchico di quelli che tirano le bombe? Vade retro, Satana!
L – Non atteggiatevi troppo a Gesù Cristo.
DG – Non me lo permetterei mai. Ma a Gandhi sì.
L – A me pare che anche Tommaso d’Aquino abbia giustificato il tirannicidio. E poi, pensate a tutti gli attentati a Hitler che sono andati a vuoto. Se uno fosse riuscito, non avremmo avuto gli ebrei gassati, gli zingari e gli omosessuali nei lager, non avremmo avuto la tragedia della Seconda Guerra Mondiale…
DG Vedo che sei diventato un seguace della Storia “controfattuale”. Se alle Idi di Marzo non avessero ucciso Cesare, se Ponzio Pilato avesse mandato assolto Gesù…
L – Eh, non facciamola lunga, mi accusate spesso di menare il can per l’aia, ma questa volta siete voi a farlo. Torniamo sul nostro binario. Renzi è ormai un morto che cammina, ha commesso errori così grossolani, da quel pirla che è, che si può solo stare fermi sulla riva del fiume ad aspettare che passi il suo cadavere.
DG – Ma per dargli la botta finale urge un NO sonoro e compatto al referendum. Se dovesse vincere, ti immagini come si gonfierebbe? E il suo disegno autoritario avrebbe tutti i crismi per essere portato a termine. Con il consenso del popolo. Come capitò a Hitler, e prima di lui a Mussolini. Non si tratta di usare la democrazia per legittimare lo Stato, che legittimo non potrà mai essere. Si tratta i usarla come arma impropria, come grimaldello per sventare un disegno autoritario. Non mi dirai che sarebbe meglio tirare una pistolettata a Renzi!
L – Questo no, ma soltanto perché sarebbe il modo migliore per trasformare un pirla in un eroe. Non sia mai! Vi immaginate quante vie intitolate a lui? “Via Matteo Renzi – Statista – Martire della Repubblica”.
DG – No, caro Leporello, non solo per questo, ma anche e soprattutto perché sarebbe un delitto. Vorrei che questo fosse chiaro a tutti quelli che ci leggono. Libertino è gandhiano, è un non violento. E’ “cristiano” come l’intendeva Benedetto Croce. Su questo non intendo scherzare. Io penso che sarebbe stato un delitto anche uccidere Hitler e Mussolini. Tommaso d’Aquino su questo è meno “cristiano” di me.
L – Se Mussolini fosse stato ucciso in un attentato-qualcuno tentò di farlo anche con lui, ma l’impresa andò a vuoto- si sarebbe risparmiato la vergognosa fine di Piazzale Loreto.
DG – Vergognosa per chi l’ha appeso, non per lui. La Repubblica è sorta sulle fondamenta di da un turpe delitto. Mi pare l’abbia detto anche Pannella. Quanto a te, se insisti su propositi violenti, potrei anche licenziarti.
L – Proprio voi, che avete ucciso il Commendatore!
DG – Per legittima difesa, e lo sai meglio di me. Avrei potuto anche accoppare quello scemo di Masetto, che voleva farmi la pelle, e invece mi limitai a dargli una manica di botte…
L – D’accordo, d’accordo. Ma ammettete che, trombato Renzi, potrebbe arrivare di peggio. Voi dite che sono tutti pirla. Immaginate che cosa potrebbe succedere se arrivasse al governo una caricatura del lugubre Mario Monti, che so io, quell’altro Mario, il Draghi, che ha addirittura una faccia vampiro. Meglio non sporcarsi le mani. Facciano gli altri il lavoraccio, vadano a votare loro. E poi, noi che c’entriamo? Noi siamo della sostanza di cui sono fatti i sogni. Quel giorno sorvoleremo il suolo italico, sperando che i sudditi della Repubblica fondata sul lavoro sparino una pistolettata metaforica al ragazzone che siede a Palazzo Chigi. Sia chiaro, metaforica, e non certo sparata da me.
DG Ora cominci a ragionare. Sai che ti dico? Questa volta sei tu che mi hai quasi convinto…
Padrone, ho accettato di dialogare perché il titolo che ha scelto mi lusinga, ma, in verità, non ho mai pensato a pistolettate o gesti violenti. Ho solo proposto di non pagare le tasse: votare proprio non riesco a farlo, nemmeno a fin di bene.
Sono convinto, che una volta che smetteremo di pagare, e l’ossigeno che alimenta la socialdemocrazia nazionale inizierà a scarseggiare, l’opzione della violenza sarà un tentazione molto forte… non per noi libertini o aspiranti libertini, ma per loro, i democratici amministratori del bene comune!
Caro Leporello, sicuramente se tutti smettessero gandhianamente di pagare le tasse i governanti – democratici o non democratici, fa poca differenza – si troverebbero in seria difficoltà, e potrebbero essere tentati di usare la violenza contro i sudditi recalcitranti. Ma se, prosciugate le casse pubbliche per mancanza di introiti, vengono meno i fondi per pagare gli sbirri e i miliziani, questi a un certo punto volgeranno le canne dei fucili contro i loro padroni. Si azzufferanno tra loro, e si può prevedere con certezza chi sarà il vincitore. Hai presente quel che capitò nell’Iran di Rehza Pahlevi alla fine degli anni Settanta dello scorso secolo? La rivolta del popolo, fomentata dall’ayatollah Khomeini allora in esilio, poté essere tenuta a bada finché l’esercito rimase leale al potere costituito. Quando passò dall’altra parte della barricata, per il regime fu la fine. Ne è arrivato, purtroppo, uno peggiore, come nella storiella di Valerio Massimo. E’ il pericolo che si corre quando ci si ostina a sostituire i governi e magari a cambiare i regimi, lasciando sussistere lo Stato. E’ necessaria, prima di una rivoluzione non violenta fondata sulla renitenza alla contribuzione fiscale, una rivoluzione copernicana del pensiero: il nostro Nemico è lo Stato, come diceva Jay Nock, non il governo. Difficilissimo però inculcare quest’idea nella mente di un volgo che, dalla più tenera età, è stato educato al culto dello Stato come entità religiosa e intoccabile. Sarà dura. Ti ricordo che il “De revolutionibus orbium coelestium” di Copernico rimase nell’Indice dei libri proibiti di Santa Romana Chiesa fino ai primi decenni dell’Ottocento. E quella era soltanto una rivoluzione, del tutto innocua, di stelle e pianeti… Più rabbiosa sarà la reazione di chi comanda contro coloro che vogliono sottrargli lo scettro, e farlo a pezzi una volta per tutte.
Il volgo educato al culto dello stato, tutto lì il problema. E non se ne esce. Mi sovviene l’articolo precedente sull’idea di arte. Contemporaneamente mi dicono che Cacciari è stato allievo di Formaggio. Quindi non mi ero allontanato di molto. Allievi come i loro docenti, nuovi allievi come i nuovi docenti ex allievi dei precedenti… una catena infinita che potrebbe essere spezzata solo con massicci investimenti privati nel settore della formazione. Ma i nostri mercantilistissimi e inconsapevolmente colbertiani imprenditori non ne vogliono sapere. Potrebbero cominciare loro a non versare al fisco la quota da destinare a questo tipo di investimenti. Sarebbe addirittura legale, viste le detrazioni per le donazioni liberali. Ma poi devono sistemare in politica o nell’istituzione pubblica il parente scemo che altrimenti danneggerebbe loro l’azienda di famiglia. E il gatto continuò a mordersi la coda.
Per una volta difendo gli imprenditori (anche se è vero, sono colbertiani e ruffiani). Come è possibile investire nel settore formazione, quando lo Stato può, con un colpo di stampante (come se fosse una banconota e seguendo lo stesso principio), fornire quel diploma indipendentemente dal raggiungimento dell’obiettivo, ovvero della formazione? Nel settore della formazione specialistica (es. industriale: uso di strumenti di progettazione calcolo, misura, macchinari, …) qualcosa infatti esiste, ma solo perché li, lo Stato, non arriva.
E’ vero. Il nostro nemico, lo stato, pretende di saperne di più degli addetti ai lavori. Ma è proprio per questo che bisogna sbrigarsi a combatterlo. Con truppe di terra, dal momento che è un avversario… terra – terra. Non con i droni del valore legale dei titoli di studio. Il compito delle imprese non sarebbe quello di fornire diplomi ma istruzione autentica. Se un industriale mi dona opere filosofiche proibite, che mi importa se dopo averle lette non ho la laurea in filosofia emanata da quello stesso imprenditore? Dovrebbero investire per aprire gli occhi alla gente, non per certificare l’eventuale preparazione di qualcuno. Se finanziassero lo spettacolo, poco importa che la critica ufficiale ignori gli allestimenti. Nè sarebbe necessario rilasciare diplomi di canto, danza, recitazione, scherma negli eventuali laboratori creati: lì, purtroppo, lo stato ci arriva. La gente avrebbe un punto di riferimento, non ufficiale ma culturalmente attendibile. E il culturalmente attendibile non è altro che la contrapposizione del politicamente corretto. Questo, però, comporta il rischio di non vincere appalti. O di creare un’opinione popolare contraria agli appalti pubblici. Forse ci sono soluzioni diverse da quelle da me proposte ma non riesco a immaginare quali.