Don Giovanni

Ma guarda un po’ che carità pelosa!

Cammelli
Cammelli

LEPORELLO – Caro padrone mio, voi siete uso a parlar male dei preti…
DON GIOVANNI – Calma, non dei preti come individui, ce ne sono di rispettabili; ma dei preti come corporazione, della Chiesa ammanicata con lo Stato, che difende l’imposizione fiscale perché si pappa una parte dei proventi, grazie a un meccanismo truffaldino che costringerebbe anche un libero pensatore come me a pagare la sua parte,facendo violenza alla sua volontà, senza che lui nemmeno se ne accorga…
L – Certo, il meccanismo suggerito a un socialista, poi finito male, da un montanaro che si picca d’economia pur essendo rimasto ai tempi di Colbert, e ha fatto e continua a fare una barca di soldi come fiscalista…
DG – Bel tomo davvero: quand’era al governo spennava i sudditi sguinzagliando i suoi  manigoldi a verificare  scontrini e a controllare  dogane; intanto nel  suo studio di consulenza fiscale si insegnava ai ricconi a eludere o evadere… Ed è uno di quelli che sono tutti casa e chiesa….e fanno beneficenza senza dimenticarsi di sbandierarlo alla prima occasione…
L – Ma guarda un po’ che carità pelosa! Ma non divaghiamo. Dicevo che ogni tanto anche qualche alto papavero di Santa Romana Chiesa dice qualcosa di giusto. Ad esempio, guardate qui: un coltissimo cardinale, che è po’ come il prezzemolo, alla maniera della buonanima di Spadolini – te lo ritrovi a destra e a manca, scrive prefazioni di qua e di là, partecipa a dibattiti, discetta di questo e di quello- racconta una storiella araba. In breve: un padre lascia in eredità ai tre figli undici cammelli, con la clausola che il primo ne abbia 1/2, il secondo 1/4, il terzo 1/6 . Visto che la divisione con un dividendo numero primo non si può fare, ne nasce una lite. Passa di lì un mercante, dona un cammello ai contendenti, si fa la divisione dei dodici cammelli così ottenuti: risulta che al  il primo figlio ne toccano sei, al secondo tre, al terzo due. In tutto, fanno undici. Ne avanza uno, che il mercante si riprende. Ecco un bell’esempio di carità, che ridimensiona la logica del profitto, introducendo il piacere del dono, a beneficio di tutta la comunità!
DG – A me pare che il gran prelato straparli. D’altra parte, quando si parla di economia, fatta  qualche rara eccezione, i preti riescono solo a dire sciocchezze.
L – Ma un illustre economista gli dà ragione
DG – Immagino che sia uscito dalle file di Azione Cattolica, Comunione e Liberazione o giù di lì… E poi, guarda che  gli economisti non sono da meno dei preti nel dir sciocchezze. Magari hanno anche ricevuto il premio Nobel, come quel giovanottone dalla barba unta che pontifica dalle pagine del New York Times.
L – Ma voi come avreste fatto a risolvere il problema?
DG – Semplicissimo: si vendono i cammelli al miglior prezzo. Si può poi dividere agevolmente il ricavato. Ma può anche darsi che, con un po’  di fortuna, si riesca a comperare un numero maggiore di cammelli allo stesso prezzo. Mettiamo che si possano comperare dodici cammelli. Si fa la divisione, e il cammello che avanza si dà in beneficenza. Qui davvero ci guadagnano tutti, anche il povero che riceve il cammello in soprannumero. Nella storiella araba il mercante finge di regalare un cammello, ma poi se lo riprende. E’ una beneficenza  truffaldina. Sarebbe stato più onesto se avesse detto: fate finta che siano 12, e dividete!
L – Non posso darvi torto: penso ai i prestiti che furono concessi alla Grecia, non per amore dei greci, ma per non mandare in bancarotta le banche tedesche, che di titoli greci ridotti a spazzatura avevano piena la pancia. L’ipocrisia è la stessa: facciamo finta di farvi la carità. Ma guarda un po’ che carità pelosa! Però è vero che le banche tedesche ci hanno  guadagnato, il mercante della storiella no.
DG – Ci ha guadagnato il rispetto dei preti.
L – Sapete che vi dico, padron mio? Che forse i preti, e gli economisti al loro seguito, non si sono accorti che l’età del baratto è finita, ed è stata inventata la moneta.
DG – Se ne sono accorti, ma dicono che il denaro è sterco del diavolo!
L – Fuorché quello che entra nelle casse dello IOR…

Giovanni Tenorio

Libertino