L’affare Volkswagen (seconda parte: la vendetta di Brunetta)
Cari amici, che vi avevo detto? Sono stato facile profeta. Come poteva Renato Brunetta lasciarsi scappare un’occasione così ghiotta di sparare contro l’odiata Germania di Angela Merkel? Ecco qui: un’intera pagina su “Giornale” di domenica 27 settembre, dove si invitano i teutonici a farli loro, finalmente , quei compiti a casa che hanno sempre raccomandato al Bel Paese e, in generale, ai sudisti spendaccioni. Non che sia tutto da buttare, l’articolo. Molte osservazioni sono giuste. Che quella della Germania sia un’economia molto lontana dal modello liberista è fuor di dubbio; che l’intreccio fra azionisti privati, pubblici poteri e regime di “codecisione” paritetica tra rappresentanti del capitale e delegati di potenti associazioni sindacali assomigli a una sorta di soviet capitalistico l’ho scritto, se vi ricordate, la volta scorsa. Non mi si venga a dire però che andrebbe superato in nome della famosa “economia sociale di mercato”. Questo ircocervo, che Brunetta incensa in teoria, è proprio il sistema tedesco, da lui giustamente deplorato nei fatti, che abbiamo sotto gli occhi: un “neocapitalismo corretto dall’intervento pubblico”, come piaceva – e piace ancora – alle sinistre liberali ostili alla Scuola Austriaca e innamorate di Keynes, favorevoli alla progressività fiscale e a una feroce tassazione delle rendite e dei cespiti ereditari, nonché a una regolazione del conflitto fra capitale e lavoro attraverso la cosiddetta “Mitbestimmung”. Se il mercato dev’essere sociale, che c’è di meglio dell’ingerenza dello Stato? E se i lavoratori, per definizione, nelle relazioni industriali sono la parte più debole, perché non associarli alle decisioni imprenditoriali? Il risultato è sotto gli occhi di tutti: a dominare non è più l’impersonalità del mercato, regolato soltanto dalle norme dell’onestà contrattuale ( che anche agenzie giudiziarie private indipendenti potrebbero garantire, sulla base d’un diritto consuetudinario suscettibile di continua evoluzione), ma il peso delle “lobbies” , degli interessi costituiti, diciamo pure delle mafie, che attraverso il sistema democratico orientano i partiti, i sindacati, le istituzioni, il sistema giudiziario. Come giustamente Brunetta ricorda, le famose riforme che nel 2002, al tempo del secondo governo Schröder, rimisero in sesto la traballante economia tedesca grazie a una flessibilità contrattuale risoltasi spesso in un pullulare di attività sottopagate, sono dovute a un ex-dirigente della Volkswagen: Peter Hartz. Il cerchio si chiude! Chi può toccare la Volkswagen? Pare che tutti conoscessero il trucchetto che la prestigiosa Casa metteva in atto per aggirare le normative sui gas di scarico dei motori Diesel: governo, sindacati, parlamentari della maggioranza e dell’opposizione. Ma il Bene Comune imponeva a tutti l’omertà mafiosa. Solo l’amministratore delegato, Martin Winterkorn – così lui dice – non ne sapeva nulla! – Non poteva non sapere! -tuonerebbe l’orrido Antonio Di Pietro (a proposito, che fine ha fatto anche lui? E’ tornato alla vanga in quel di Montenero di Bisaccia?); e forse in questo caso un pizzico di ragione potrebbe averla. All’oscuro di tutto? Ma andiamo, chi vuol prendere in giro? Fra l’altro, così dicendo, fa la figura del fesso. Fossi io il gran dirigente, giubilato tra l’altro con una favolosa liquidazione, preferirei passare per Winterfurbo che per Winterkornuto…
Dove non si può esser per niente d’accordo con Brunetta è sulla sua solita ricetta keynesiana: in Germania – pontifica- più consumi interni (in che modo? Con l’aumento di salari e stipendi? Con una forte detassazione? Con massicci investimenti pubblici? Non è chiaro), per far sì che si riduca il forte avanzo commerciale e crescano le importazioni a beneficio di tutta l’economia europea. E anche il governatore della Bundesbank Jens Weidmann – così par di capire – dovrebbe smetterla di tirar la giacchetta a Draghi, e assecondarlo nella sua politica monetaria espansiva, sulle orme della FED . Se la befana Yellen ha donato agli USA una bella ripresa, con un calo vistoso della disoccupazione, babbo natale Draghi può far lo stesso bel regalone alla malandata UE. E il deficit di bilancio nel Bel Paese cresca pure, e del debito stratosferico chi se ne fotte… La smettano di ringhiare, questi tedescacci! Dove ha studiato Economia il buon Brunetta? Nel Paese di Acchiappacitrulli?