Don Giovanni

Violenza di Stato e violenza privata

Il problema del rapporto tra anarchia e violenza è uno di quelli che non si possono eludere: va affrontato senza paura.

Storicamente, il pensiero e l’azione degli anarchici hanno spesso e volentieri accarezzato la violenza “militante” come una sorta di legittima difesa contro la violenza di Stato. L’idea viene da lontano, e in sé non ha nulla che fare con l’anarchismo. Nel mondo classico l’assassinio del tiranno era il mezzo per eliminare l’oppressione di un autocrate e tornare a un sistema politico più mite (nell’antica Atene il regime dei Trenta Tiranni, dopo la sua caduta, fu esecrato dalla rinata democrazia come il momento più buio nella storia della gloriosa “polis”).

Anche il pensiero cristiano, con Tommaso d’Aquino, legittima il tirannicidio. La Rivoluzione Francese raggiunge il suo culmine con la condanna e la decapitazione di Luigi XVI, considerato come un tiranno che, dopo aver accettato suo malgrado i principi costituzionali del nuovo regime, macchinava un tradimento con le potenze straniere per ristabilire un regime assolutistico. Gli anarchici, quando sostenevano e praticavano la violenza, portavano in un certo senso alle estreme conseguenze questo principio  di autodifesa: se lo Stato, qualunque sia la sua natura, è sempre un soggetto che esercita la violenza, riservandosene il monopolio, allora è legittimo usare a propria volta la violenza per annientarlo, colpendo quei soggetti istituzionali che ne sono l’anima e il simbolo.

Io ho sempre ritenuto che sia un gravissimo errore.

Non sempre l’uccisione del tiranno ha portato a regimi migliori. Ammesso e non concesso, per fare un esempio, che Luigi XVI possa essere definito un tiranno, la sua morte aprì la strada a un percorso politico sfociato nella dittatura napoleonica, con tutto quello che ne seguì. Le uccisioni di re e di capi di Stato eseguite da anarchici o sedicenti tali non hanno mai portato a un crollo dei regimi contro cui erano indirizzate; spesso, al contrario, hanno avuto come conseguenza un irrigidimento degli apparati polizieschi. Servì a qualcosa l’uccisione di Umberto I da parte di Gaetano Bresci? Il governo Rudinì, sotto il quale erano avvenuti i disordini di Milano, crudelmente repressi dalle cannonate di Bava Beccaris, era ormai stato liquidato; anche il reazionario Pelloux, dopo le lezioni del giugno 1900 era uscito di scena:  la strada era aperta verso i governi liberali di Saracco, di Zanardelli e di Giolitti. L’ azione di Gavrilo Princip contro l’erede al trono d’Austria Francesco Ferdinando fu la scintilla di quell'”inutile strage” della Prima guerra Mondiale Quando nell’ Iran  dello Scià Reza Pahlavi il dittatore fu fatto oggetto di un attentato andato a vuoto, si ebbe un inasprimento della lotta contro i dissidenti, con la messa al bando del partito Tudeh, di ispirazione comunista. Che dire di Ceausescu in Romania? Fu ucciso dopo che il suo regime era ormai caduto. Tirannicidio inutile, più vendetta che autodifesa. Così come l’esecuzione di Mussolini, con il bieco corollario del cadavere suo e dell’amante esposti a testa in giù in Piazzale Loreto a Milano, come vedetta per una strage compiuta l’anno prima da alcuni membri della brigata repubblichina “Muti” contro quindici partigiani antifascisti. Bruttissima pagina della storia d’Italia: la Repubblica nata dalla Resistenza si fonda su un macabro fatto di sangue. Un processo avrebbe avuto tutte le pecche della giustizia dei vincitori, come quello di Norimberga contro i gerarchi nazisti, ma sarebbe stato molto più umano.Detto questo, rimane vero che la violenza peggiore rimane quella dello Stato, il quale dispone dell’esercito e con il servizio militare obbligatorio può costringere i cittadini, in nome del sacro dovere di difendere la patria,  a uccidere lo “straniero” da cui non hanno mai ricevuto un torto; e si arroga il compito di tutelare l’ordine pubblico attraverso gli agenti di polizia, burocrati armati. Proprio perché gode del monopolio della violenza, si capisce bene qual è il motivo per cui guarda con molto sospetto alla legittima difesa privata. In linea di principio, la difesa del cittadino contro attacchi criminali spetta alle forze dell’ordine; ma, visto che in molti casi gli agenti non possono essere immediatamente presenti quando una persona viene aggredita, magari col pericolo di perdere la vita, ogni ordinamento riconosce, con molti limiti, il diritto all’autodifesa privata. Sembrerebbe logico che, quanto più un regime è autoritario, tanto più sia incline a negare al cittadino il diritto di difendersi da sé. Non è sempre così. Il codice Rocco, espressione del pensiero giuridico fascista in materia criminale, tutto sommato in fatto di legittima difesa è abbastanza equilibrato. Ne riconosce la legittimità, a patto che il pericolo sia immediato e la difesa sia proporzionale all’offesa. In sé è un principio liberale, che dovrebbe valere anche in un contesto anarchico (dove però  l’azione contro la mancata proporzionalità non spetterebbe a un magistrato statale, ma dovrebbe essere promossa da chi se ne ritene danneggiato o dai suoi parenti o amici). Anche oggi, esponenti politici amici dei militari e degli sbirri, come Salvini o la Meloni o anche i sedicente liberale Berlusconi, sono propensi a riconoscere un ampio margine all’autodifesa privata, allargando le maglie della normativa fin qui vigente, come si è tentato di fare con la legge ora all’esame delle Camere, che il presidente Mattarella ha invitato a emendare in alcuni punti. Come mai questa parziale abdicazione al principio monopolistico proprio da parte di chi non perde occasione per esaltarlo, magari esibendosi, da ministro dell’interno,in divisa da poliziotto?La spiegazione dell’apparente contraddizione è semplice. Torniamo per un momento al Fascismo. In campo economico, le sue radici lo apparentavano al socialismo, quindi a un controllo forte dello Stato sull’apparato produttivo, a scapito dell’iniziativa privata, del libero mercato e del sistema “capitalistico”. In realtà, preso atto che il socialismo reale di marca sovietica era rovinoso, si addivenne a un compromesso, lasciando il campo economico in “libertà vigilata”. Gli imprenditori furono ben contenti di accettare l’offerta, tanto più che il regime metteva fuori legge il sindacalismo libero, avocando a organizzazioni dipendenti dal partito unico  la difesa dei diritti dei lavoratori. Una frangia “di sinistra” del movimento fascista cercò sempre di tornare in qualche modo alla purezza delle origini, attraverso un sistema di corporazioni non molto diverse dai “soviet” dei bolscevichi. La Repubblica di Salò, con la “socializzazione dell’industria” intendeva imporre qualcosa di simile. Per quanto riguarda la legittima difesa personale, lo Stato, di qualunque natura sia, deve arrivare a un analogo compromesso. Visto che non è in grado di intervenire sempre con i suoi agenti in caso di pericolo immediato, deve concedere ai privati di difendersi da sé, con una serie di restrizioni. Il problema si complica se viene messo in relazione con la concessione del porto d’armi: è significativo che, quando si allargano le maglie dell’autodifesa privata, si levino subito voci a reclamare un più stretto controllo della vendita e della detenzione di armi. Lo Stato può possedere armi terribilmente distruttive, fino alla bomba atomica, il privato può avere difficoltà a possedere un fucile da caccia. Proprio sulla vendita delle armi si terrà fra breve un referendum nella Confederazione Elvetica, dove finora la legge è stata molto liberale, consentendo anche l’acquisto e la detenzione di armi piuttosto potenti, come le mitragliatrici. E’ risaputo che associazioni criminali come la Mafia italica si approvvigionano di armi proprio in Svizzera. I promotori del referendum vorrebbero introdurre forti restrizioni. Tra gli oppositori, le associazioni dei cacciatori, che dicono di paventare un danno per le loro attività venatorie. Ecco come un problema serio, davanti a cui anche un anarchico puro deve riflettere, può trasformarsi in farsa. Non mi risulta che per uccidere gli uccellini o le volpi o altra selvaggina si siano mai usate le mitragliatrici

Giovanni Tenorio

Libertino

10 pensieri riguardo “Violenza di Stato e violenza privata

  • Però anche la cosiddetta “vendetta” può avere valore di autodifesa e/o profonda empatia sull’altrui ingiustizia subita e come tale risultare meno ripugnante. Tornando ad es. al Bresci – su cui già avevo detto qualcosa – su wiki sono citati questi due commenti:

    «Noi stiamo buoni e quelli ci ammazzano. Se non ricevono una sana lezione fanno quello che vogliono. Non avete notato che da quando Bresci ha sparato al re, di stragi non ce ne sono più state? Quando hanno paura loro, abbiamo meno paura noi.»
    (Valerio Evangelisti, Il sole dell’avvenire. Chi ha del ferro ha del pane)

    Lev Tolstoj, anarchico cristiano ma fermo assertore della nonviolenza, non approvò il gesto in sé, ma ne comprese le motivazioni profonde:
    «Se Alessandro di Russia, se Umberto non hanno meritato la morte, assai meno l’hanno meritata le migliaia di caduti di Plevna o in terra d’Abissinia. Sono terribili tali uccisioni non per la loro crudeltà o ingiustizia ma per l’irragionevolezza di coloro che le compiono. Se gli uccisori di re sono spinti a essere tali da un sentimento personale di indignazione suscitato dalle sofferenze del popolo in schiavitù di cui appaiono loro responsabili Alessandro, Carnot, Umberto o da un sentimento personale di offesa e vendetta, allora tali azioni per quanto ingiuste appaiono comprensibili.» (L. Tolstoj, Non uccidere)

    • Bresci giustificò il suo gesto dicendo di aver voluto uccidere non il re, ma un Principio. A me pare che una tale giustificazione renda ancora più deplorevole l’azione da lui compiuta. Avesse dichiarato che voleva soltanto vendicare, nella persona del massimo responsabile, i caduti di Milano sotto le cannonate di Bava Beccaris, le sue parole sarebbero potute passare come la motivazione di un sia pur barbarico atto di giustizia: occhio per occhio, dente per dente. I princìpi, invece, si combattono coi princìpi, e, se necessario, con la disobbedienza civile, magari patendo il carcere e la tortura per aver sostenuto con la parola e con la non-violenza la propria battaglia ideale. Paradossalmente, la giustificazione dell’omicidio accampata da Bresci assomiglia a a quella di Bernardo di Chiaravalle nel “De laude novae militiae” (una sorta di “manifesto” dell’Ordine dei Templari), laddove si afferma che l’uccisione di un infedele non è un “omicidium” ma un “malicidum”, non colpisce l’uomo ma il male che è in lui. I terroristi islamici di oggi potrebbero dire, dal loro punto di vista, la stessa cosa, ispirandosi al Corano e ai tanti episodi in cui il dio crudele dell’Antico Testamento chiede l’uccisione di chi onora altri dèi, a dispetto del quinto comandamento da lui stesso dettato… Tutto nel nome di Sacri Princìpi.
      Se mi è lecito un cenno autobiografico, io non ho trafitto il Commendatore per uccidere un principio, quello che incarna la saggezza, l’onore, la moralità, la religione nei vecchi rincoglioniti: sarei stato un delinquente. L’ho ucciso perché altrimenti sarebbe stato lui a far fuori me. Motivazione bassa quanto si vuole, ma sincera e onesta.

    • Ok sulla prima parte, ma mi si consenta una correzione fraterna quanto doverosa sulla seconda.

      In primis i comandamenti sono riservati agli uomini, non a Colui che li ha dettati; poi questo far passare il dio dell’AT per un cridele e bieco assassino è senza senso, poichè se lui ha creato l’uomo, lui può anche annientarlo (“io ti ho fatto e io ti disfo”).

      Il secundis il quinto comandamento (essendo lapidario come gli altri nove) va necessariamente interpretato e la migliore e più sintetica interpretazione che si può dare è aggiungere la parola “l’innocente”, quindi: Non uccidere l’innocente (quindi senza causa o per futili motivi).

      Poi, termini glottologici a parte, l’uccisione poi di un infedele durante le crociate non faceva parte di una pulizia etnica, ma era autodifesa da che aveva occupato la terra santa e l’aveva resa off limit per i cristiani: se devo criticare le crociate lo faccio dicendo che sono state fatte con quattro secoli di ritardo. Che poi ci siano stati (come sempre accade) tipi senza scrupoli che abbiano approfittato del beneplacito papale per compiere i loro sporchi affari compiendo eccessi siamo tutti d’accordo.

      Quanto al Cumenda infilzato beh… legittima difesa sì, ma possibile che un giovane aitante e baldanzoso non sia riuscito ad evitare altrimenti un infuriato, ma attempato signore? 😀

  • “Ora uccidete ogni maschio tra i fanciulli e uccidete ogni donna che si è unita con un uomo; ma tutte le fanciulle che non si sono unite con uomini, conservatele in vita per voi” (Numeri, 31, 17-18). E questo sarebbe il dio nel cui nome io vengo condannato all’inferno per aver “sedotto” tante donne e fanciulle che erano ben contente di cedere al mio fascino? Io tra l’altro non ho mai fatto distinzioni: delle vecchie fo conquista pel piacer di porle in lista. Non ho mai commesso nessun “femminicidio”. Masetto, che voleva uccidermi, si è buscato da parte mia solo qualche bastonata. Quanto alla morte del Commendatore, Donn’Anna si era aggrappata a me per non lasciarmi fuggire (“Non sperar se non m’uccidi ch’io ti lasci fuggir mai!”) e suo padre mi si era parato dinanzi sfoderando la spada, puntandomela al petto e sfidandomi a duello (“Battiti meco”). Io ho cercato fino all’ultimo di evitare lo scontro ( “Va’, non mi degno di pugnar teco”). E’ stato lui a insistere che accettassi la sfida (“Battiti!”). Che dovevo fare, rimaner lì a farmi sbudellare?

    • Le varie uccisioni comandate da Dio – questa citata come altre – avevano tutte +/- gli stessi scopi: preservare il suo popolo dall’idolatria quando veniva a contatto con altre genti e dargli un contentino in termini di violenza (non dimentichiamo che erano gente primitiva molto rozza che si scannava per una pecora), quindi canalizzare la LORO violenza per i suoi scopi (più o meno ciò che fanno sbirri e servizi segreti quando si servono dei delinquenti).

      Le vittime pagane stesse potevano essere poi ripagate nell’altro mondo avendo espiato in questo. Sono misteri, o si accettano o no.

      A me sta benissimo che si dica che la bibbia non sia più credibile dell’Almanacco di Topolino e la si rigetti. C’è un certo signore che fa rima con “pallino” che offre tesi alternative. Ottimo.
      E’ il ragionare in termini esclusivamente di vita terrena e di diritto penale che non porterà mai a nulla, perchè è come misurare l’acqua col metro.

  • Alessandro Colla

    Chi è il “rimapallino” dalle tesi alternative?

    • Buondì Colla, è sempre un piacere.
      Do’ ancora un indizio: il cognome, oltre alla rima, significa anche “pallino”.
      Suvvia è facile e internet aiuta…

    • Do con l’accento, andiamo bene.
      Internet aiuta dicevo e se si imposta “bibbia alieni” non si può sbagliare.

  • Alessandro Colla

    Il “do”, più che con l’accento mi sembra sia stato scritto con l’apostrofo. Accorgersi dell’errore è comunque un fattore positivo. Sempre meglio di chi scrive frasi come questa: “…[si ha conflitto di interessi] in tutti i casi in cui il titolare della carica politica dipenda in tutto o in parte in sede di elezione, o nelle scelte politiche, una volta acquisita la carica, da soggetti o società che utilizzino sistemi o architetture di profilazione o di alterazione inconsapevole do comportamento delle persone in modo prevedibile” A parte le ripetizioni pleonastiche della congiunzione “o”, a parte la punteggiatura, le ripetizioni inutili e gli ossimori di un qualcosa che è al tempo stesso inconsapevole e prevedibile (Veltroni avrebbe scritto “inconsapevole MA ANCHE prevedibile”). A parte il testo incomprensibile e privo di significato autentico, mi sembra l’ennesima dimostrazione che a sinistra ci sia solo spocchia e reale mancanza di quell’istruzione e di quella cultura di sui i suoi esponenti si vantano quando “inconsapevolmente” manifestano il loro irreversibile complesso di superiorità. Ho scritto “a sinistra” perché è da quel settore dell’emiciclo parlamentare che è stato prodotto il testo che ho riportato. Sulla Bibbia, dunque, è questione di piccole biglie. Da piccolo ci giocavo anch’io e mi hanno allenato a non dare troppa importanza alle …sfere, alte o basse che siano; soprattutto a non darla ai palloni gonfiati. Per quanto riguarda questi ultimi, ogni riferimento in merito a Romano Prodi, Mario Monti e Nicola Zingaretti è tutt’altro che casuale. Se vogliamo, possiamo anche aggiungerci Pier Luigi Bersani e Laura Boldrini.

  • Dino Sgura

    Credo si riferisca all’ennesimo cazzaro che vaneggia su youtube con centinaia di migliaia di visualizzazioni però e che vende bene anche come scrittore e conferenziere, in merito al fatto che la Sacra Bibbia, parli di astronavi aliene e viaggi interstellari. Un pò come tutti quei promotori finanziari, avvocati, ragionieri e professorini che si sono improvvisati economisti e filosofi di successo, grazie ai miracoli del web. Ad un paio di loro è andata bene, visto che furono sorteggiati con il precedente concorso a premi VinciSalvini, con un paio di seggi in parlamento…. luogo di raccolta differenziata.

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