Don Giovanni

Se non si è anarchici, si è complici.

Assange è un delinquente o un benefattore dell’Umanità? In Italia piace da morire ai Cinquestelle, mentre è aborrito da Salvini. A me non è molto simpatico, ma devo riconoscere che l’aver svelato gli orridi segreti che stanno dietro le scelte politiche e militari delle potenze cosiddette democratiche torna a suo onore. Può darsi che l’abbia fatto non per disinteresse, ma per rendere, dietro compenso, un servizio a chi voleva screditare gli Stati Uniti, portando alla luce gli inganni e le menzogne con cui si erano voluti giustificare interventi bellici come la guerra a Saddam Hussein, risoltasi nel disastro che ben conosciamo. Quel che conta è il risultato. E il risultato è agghiacciante. Ci dimostra che anche nei cosiddetti sistemi liberal-democratici c’è un’ampia zona grigia che si sottrae alle regole del gioco e opera secondo criteri moralmente torbidi. Chi ammette la legittimità dello Stato, lo ritiene inevitabile. L’appello al pensiero di Machiavelli diventa allora una logica conseguenza: se il rapporto fra soggetti politici si basa sulla forza, ogni mezzo diventa lecito per far fronte alla forza avversaria, se non si vuole soccombere. Quindi ciò che è illecito per il privato cittadino può, anzi deve, essere lecito per chi governa uno Stato.Machiavelli, dal suo punto di vista, ha ragione. Fu considerato come un diavolo incarnato (in Inghilterra “Nick” è ancora oggi sinonimo di demonio), salvo adottarne occultamente i principi, come s’era sempre fatto. Solo che nessuno l’aveva mai confessato. O meglio, qualche volta sì, ma sono casi rari. Ad esempio, durante la Guerra del Peloponneso, gli Ateniesi dicono esplicitamente ai Meli, che per rintuzzarne le minacce di distruzione qualora non si decidano a rinunciare alla neutralità  invocano la giustizia divina:” Noi crediamo che per legge di natura chi è più forte comandi(…) E ci serviamo di questa legge senza averla istituita noi  per primi, ma perché l’abbiamo ricevuta già esistente e la lasceremo valida per tutta l’eternità, certi che voi e altri vi sareste comportati nello stesso modo se vi foste trovati padroni della nostra stessa potenza”. In somma: lo Stato, ogni Stato, è per sua natura un delinquente. Questo non significa mettere sullo stesso piano la Germania di Hitler e l’Inghilterra di Churchill. Anche la delinquenza ha una sua gerarchia.

Se non si è anarchici, si è complici.

P.S. quel che è più agghiacciante, nella vicenda Assange, è che per incastrarlo si sono rispolverate alcune accuse di stupro a suo carico; accuse di cui è stato fatto oggetto dopo molti anni dal momento in cui i fatti di cui è incriminato sarebbero accaduti, e che sembravano essere state archiviate. Mi viene in mente il vergognoso processo a Maria Antonietta, una delle pagine più orribili della Rivoluzione Francese, quando, per poter condannare la regina, contro cui i capi d’accusa erano molto deboli, si inventò un rapporto incestuoso fra lei e il figlio ancor fanciullo, facendo sottoscrivere con l’inganno una testimonianza in tal senso al povero ragazzetto. L’accusa era talmente inverosimile e mostruosa che fu lasciata cadere. Passano i secoli, ma il potere politico ricorre sempre ai medesimi mezzi per portare a compimento le sue turpitudini.        

Giovanni Tenorio

Libertino

13 pensieri riguardo “Se non si è anarchici, si è complici.

  • Dino Sgura

    Io non sono anarchico, ma non sono nemmeno complice… del resto questo odierno sistema democratico è totalmente autoreferenziale, una farsa e niente più, cui tanti e forse troppi ritengono il migliore possibile, addirittura piace credere che sia l’unico possibile. Il fatto che tra qualche mese scaricherò delle fatture per detrazioni fiscali, fa di me un complice o un collaborazionista?? O altrettanto dicasi per alcuni eminenti studiosi in ambito liberale e libertario, che per fortuna ci sono in Italia, e sono a libro paga dello stato?? No assolutamente, secondo me non bisogna mai cadere nella trappola dell’integralismo ideologico o religioso, perché poi si accompagna sempre all’odioso moralismo.
    Don Giovanni ha usato l’espressione “sistemi liberal-democratici”, ma io quel prefisso lo escluderei…. non ci vedo assolutamente nulla di liberale in questi sistemi, lo stato liberale per me è morto nel 1913.
    Desidero augurare una felice e serena Pasqua, ai Sig.ri redattori e commentatori.

    • Rimane vero, come diceva Etienne de la Boetie, che la schiavitù è sempre volontaria. Per ribellarsi però ci vuole coraggio, e il coraggio, come diceva don Abbondio, uno non se lo può dare. D’altra parte, le ribellioni violente portano spesso a soluzioni peggiori del male, o a disastrosi fallimenti. Spartaco non è un modello. Come evitare di essere complici senza sognare, almeno per il momento, di ribaltare la realtà? Senza illudersi che si possa uscirne attraverso facili scorciatoie? Senza pretendere che chi vuol continuare a essere schiavo, o semi-schiavo, abbracci il pensiero anarchico nella sua totalità? Punto primo: evitare ogni atto di violenza contro il sistema. Provocare, piuttosto, il sistema a far violenza gratuita, così da svergognarlo. Narrano, con un po’ di retorica patriottarda, che “Le mie prigioni” di Silvio Pellico abbiano nociuto all’Austria più di una battaglia perduta. Gli atti di violenza degli inglesi contro i pacifici manifestanti guidati da Gandhi sconvolsero l’opinione pubblica mondiale. Si dirà che sono esempi troppo alti, difficili da seguire. Vero: ma un video diffuso in rete dove si vedono poliziotti armati fino ai denti che, durante una manifestazione dei “gilet jaunes”, manganellano una persona inerme solo perché sta filmando quel che avviene tutt’intorno, è un bell’atto d’accusa contro il monopolio della violenza che lo Stato si arroga, con il pretesto di eliminare il “bellum omnium contra omnes”. Si può praticare il contrabbando, ricorrere al lavoro nero (senza approfittarne per opprimere con minacce e ricatti chi ha disperatamente bisogno di lavorare, altrimenti si passa dalla parte del torto), evadere le imposte, quando non si corrono troppi rischi (con l’IVA è relativamente facile). Si possono compiere piccoli atti di disobbedienza civile, come quello a suo tempo qui suggerito di rifiutare il pagamento de canone RAI attraverso la bolletta dell’elettricità. Ci si può rifiutare di sottoporsi ai quesiti dei censimenti, come fece qualche anno fa Leonardo Facco. Si può evitare il più possibile l’uso delle carte di credito, pur così comode, in favore del contante, per evitare di essere schedati e di impinguare il sistema bancario, legato mani e piedi al potere politico. Quando si è fermati da una pattuglia di polizia (specialmente se si tratta di polizia locale, la più bastarda) per il controllo dei documenti, si può far perdere tempo agli agenti fingendo di averli smarriti e squadernandoli davanti ai loro occhi quando stanno per irrogare la sanzione pertinente al caso. Si può simulare di guidare in stato di ubriachezza, sottoporsi con mansuetudine al controllo alcolemico e lasciare gli sbirri con un palmo di naso quando verificano che il risultato è zero. Si può, anzi si deve, rinunciare all’investimento dei propri risparmi nei titoli di debito pubblico, e in tutti quei fondi nel cui portafoglio tali titoli siano in qualche misura presenti. Si può investire in oro, in bit-coin, in monete alternative.Si può, anzi si deve, violare il più possibile le norme che tutelano la proprietà intellettuale. Pirateria a tutto spiano! Un omaggio al libero mercato e uno sberleffo al capitalismo monopolistico, che prospera in simbiosi con i pubblici poteri. Si può, anzi si deve, resistere al subdolo invito di destinare il 5 per mille della propria contribuzione fiscale a istituzioni benefiche. E’ un marchingegno luciferino con cui chi comanda cerca di giustificare la rapina della tassazione, fingendo di lasciarci liberi di far la carità a chi vogliamo. Ma che carità è quella che viene imposta per legge? Come dire: ti devi impiccare, però puoi scegliere la corda che più ti aggrada… Io suggerisco di calcolare il 5 per mille (o anche il 10, il 20, il 50, secondo i gusti),e di regalarlo direttamente a chi si preferisce; poi, se si ha un po’ di coraggio, si può detrarre la somma dall’ammontare dell’imposta dovuta. Qualcosa di simile si può fare con l’ 8 per mille per il finanziamento delle confessioni religiose. Uno lo calcola, lo dà a chi vuole (anche agli atei, che sono a loro modo credenti e dogmatici) e lo detrae. Con questo espediente si rimedia allo sconcio per cui, grazie a un meccanismo escogitato a suo tempo da Giulio Tremonti, anche se non si vuol dare l’ 8 per mille a nessuno, è la Santa Romana Chiesa (che considera il denaro sterco del diavolo) a incassarne la maggior parte.
      Inutile dire che bisogna astenersi dal voto in qualsiasi competizione elettorale. L’amico Sgura dice che il sistema è soltanto democratico, di liberale non ha più nulla. Verissimo. Ma attenzione: se si va a votare, magari con la velleità di cambiarlo, non si fa altro che fornirgli un’ulteriore legittimazione, con un atto concludente che equivale a una firma in calce a un contratto. Il contratto sociale di Rousseau, guarda chi si rivede…

  • Alessandro Colla

    Per me non è nato neanche nel 1861. Centralista, prefettizio, tassatore, guerrafondaio, obbligazionista in campo scolastico (vedi Gabrio casati) e mentalmente sabaudo. Che poi significa bizantin – bonaparteo. Non laico ma solo espropriatore di beni appartenenti a ordini confessionali. Quel residuo di apparente liberalismo cominciava già a impallidire nel 1876 con Agostino De Pretis. Nel 1913 c’è stata solo la certificazione fallimentare, una dichiarazione post mortem in data prolungata. Quello che manca alla repubblica italiana: un curatore fallimentare ma soprattutto un medico legale che ne constati l’avvenuto decesso.

  • Alessandro Colla

    Per usare il contante devo utilizzare la carta di credito per il prelievo. Ogni operazione frutta qualcosa alla banca, quindi continuo comunque a impinguare il sistema bancario. L’hanno studiata bene in merito. Di conseguenza si rimane schiavi anche involontariamente. Del resto se uno non ha la forza fisica per contrastare il sequestro della propria persona, come il caso degli africani nel sud degli Stati Uniti nel diciannovesimo secolo, non si può affermare che si sia in presenza di schiavitù volontaria. Il fingersi ubriachi al volante mi intriga. Magari, dopo il risultato negativo del controllo, si può pensare a una querela perché la richiesta di sottoporsi ad esso non è stata accompagnata dal diritto alla presenza di un legale di fiducia. Sarebbe una beffa degna di un burlador de Sevilla, tanto per rimanere in tema “donjuanesco”.

      • Mi scuso per il ritardo con cui è stato pubblicato il commento. Non si pensi a una censura: per evitare attacchi DDoS (“Denial of service”) una “intelligenza artificiale” dovrebbe riconoscere i messaggi scritti da robot, ma qualche volta (raramente, in media 1 o 2 casi ogni 1000 messaggi) sbaglia.

    • Dino Sgura

      E’ vero, pero’ la tendenza degli stati nazionali all’epoca era quella espansionista, per tutto l’800 il modello era stato quello coloniale inglese, che non era necessariamente negativo su alcuni punti, molto meno tuttavia su quello mercantilista.
      Se ci fossero mecenati libertari sarebbe ancora meglio, il problema e’ che anche a tali ipotetici e potenziali filantropi, questa situazione, almeno fin quando non saranno in pericolo i propri beni, fa evidentemente comodo di avere masse ignoranti, ammaestrate da una scuola pubblica inutile e disfunzionale…. praticamente il sogno di tutti i socialisti di destra e di sinistra. In un contesto del genere secondo me anarchia fa rima con utopia, non vedo possibile un trapasso dello stato come organizzazione sociale, almeno per i prossimi 100 anni, forse lo stesso Rothbard(visto dagli ancap come un dio o un profeta monopolista) paleo conservatore e miniarchico nella fase finale della sua esistenza pareva averlo compreso, difatti questo dettaglio alimenta ancora di piu i miei dubbi in merito, anche in base a quanto afferma un brillante studioso della mente umana come Jordan Peterson, ovvero come l’uomo in tutte le epoche, abbia sempre cercato di organizzarsi la coesistenza attraverso strutture sociali gerarchiche. A mio avviso tutto si riduce alla natura politica e disonesta del denaro attuale, dovesse affermarsi nuovamente un sistema monetario similare al gold standard, possibilmente migliore, allora un cambio di paradigma sarebbe possibile, attraverso un ritorno ad uno stato se non minimo, quantomeno dimagrito ed il rinvigorimento di un sano capitalismo. Del resto la storia e’ ciclica, o sbaglio?

  • Dino Sgura

    Ok Alessandro, ma Minghetti, Sella, d’Azeglio, Cavour e Giolitti, sono stati veri liberali ed i primi quattro nemmeno tanto centralisti, quello scempio lo si deve soprattutto ai democratici mazziniani e garibaldini.
    Quella in cui viviamo è una società socialista, non ci sono altri appellativi possibili, è un disastro del socialismo e la schiavitù come sappiamo è uno dei suoi frutti, come il regime mistificatorio impostoci che ha trovato nei social network un evidente alleato e mezzo di propagazione.

  • Alessandro Colla

    Quintino Sella è quello della tassa sul macinato, dei dazi di consumo (oggi li chiamano imposte sul valore aggiunto) e delle imposte sulla rendita fondiaria. Senza considerare che esistevano già altre tasse. Marco Minghetti non combatté mai il centralismo, come dimostrò nella sua fretta di trasferire la capitale del regno da Torino a Firenze. E’ vero che con Cavour e Farini pensava a un decentramento amministrativo svincolato dalle tutele prefettizie ma ciò era in contraddizione con la sua e loro visione istituzionale del regno in chiave fortemente unitaria sul piano legislativo e statutario. Lo statuto albertino non è liberale come non lo è la costituzione repubblicana. In questo, e non solo in questo, i soli liberali autentici sono stati Carlo Cattaneo e Massimo D’Azeglio; su tale nome concordo in pieno. Cavour era un interventista a tutto tondo e in Crimea si è dimostrato guerrafondaio. Né mi risulta sia stato un fautore dell’abrogazione delle imposte sabaude. Sul liberalismo di Giolitti il primo perplesso fu Gaetano Salvemini. Il suo trasformismo è noto, così come la sua tendenza alle ammucchiate con le offerte di partecipazione all’esecutivo nei confronti di Filippo Turati e del socialista interventista Leonida Bissolati. In cambio offrì la regola dirigista del limite forzato alla rendita: una specie di esproprio mascherato. Va a suo onore la posizione neutrale nel 1915 ma non è sufficiente per annoverarlo tra i liberali puri. Certo, i suoi successori sono stati tutti peggiori di lui. E grazie a loro abbiamo raggiunto l’attuale situazione che se non è socialista in senso giuridico (i diritti di proprietà sono parzialmente riconosciuti nel nostro ordinamento), lo finisce per essere in termini reali. Non se ne uscirà tanto facilmente. Anche perché chi aveva promesso la rivoluzione liberale, magari con Arcore capitale del nuovo regno confederato, si è dimostrato anche lui appartenente ai liberali falsi. Persino in economia. Ha privatizzato qualcosa? No, neanche l’Ente Nazionale Idrocarburi. Anzi, per tutelare gli interessi di quest’inutile ente, andò ad abbracciare Chavez! Cioè l’antitesi del liberalismo. Non vedo mecenati liberali all’orizzonte.

  • Alessandro Colla

    A proposito del tardivo neutralismo di Giolitti: tre anni prima fu interventista in Libia. In ogni caso non si può essere liberali e contestualmente colonialisti.

  • Alessandro Colla

    Non credo che comprendere che una società senza stato non sia dietro l’angolo significhi automaticamente abbracciare il miniarchismo (o minarchismo, non ho ancora capito come debba essere scritto e pronunciato). Era uno degli elementi di distinzione tra Rothnard (che nessun libertario, comunque, ha mai divinizzato) ed Ayn Rand. Perfino se si va a votare in nome di un male minore si può continuare a essere anarchici autentici. Se ci fosse una lista autenticamente liberale o anche un solo candidato, forse tornerei alle urne; magari auspicando una tassa in meno in caso di vittoria. Ma alle prossime europee tale situazione non c’è, almeno non nella circoscrizione centrale. Nelle altre nemmeno, in termini di liste. Sui singoli candidati mi informerò per curiosità ma ciò non mi condurrà in cabina.

    • Anch’io a suo tempo consigliai di partecipare al referendum sulla riforma costituzionale di Renzi per dire NO. Penso che, in alcune circostanze, un anarchico possa anche andare a votare, se il suo voto svolge la funzione di un tarlo, che penetra nel sistema per corroderlo dall’interno. Nella stragrande maggioranza dei casi, però, questa condizione non si dà; e allora il proprio voto è una legittimazione del sistema attraverso un atto concludente: se si partecipa a un gioco, se ne accettano le regole. Questo in linea di principio. In concreto, per la legge dei grandi numeri, quando a votare sono milioni di persone, il valore del singolo voto tende a zero. “Tutto fa, disse quello che pisciava in mare”. Proverbio livornese, ma si dice anche a Genova.

  • Io non riesco nemmeno ad avvicinarmi a una cabina elettorale: sicuramente ho qualche limite personale quando si tratta di “pragmatismo” (e non solo in politica). Nel caso particolare del voto, ancora prima di pormi problemi di coerenza ideologica, mi pongo scrupoli morali. La “democrazia” è, per me, solo uno strumento per cristallizare la maggioranza (che normalmente può anche essere liquida) ogni volta in cui può tendere all’oppressione della minoranza (di solito avviene con la maggioranza improduttiva ai danni della minoranza produttiva, schiavizzata tramite i concetti di “fisco”, “legalità”, “nazionalità”).

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