Legittima difesa
Fra poco assisteremo a un’altra rissa che vedrà ancora schierati da una parte Salvini e la sua Lega, dall’altra la magistratura, per bocca dei suoi esponenti più combattivi e politicizzati. Per ora se ne colgono soltanto le avvisaglie, ma aspettate che lo sgangherato governo in carica abbia superato lo scoglio della Finanziaria e, a meno di clamorosi capitomboli, la tormentosa questione si porrà in tutto il suo aspetto dirompente. Intendo dire quella della legittima difesa.
Ancora una volta, il problema è di solito mal posto. Si confonde legittima difesa e porto d’armi. Invece si tratta di due temi diversi. Si può essere contrari a un porto d’armi generalizzato e favorevoli a una legittima difesa in ogni caso presunta juris et de jure; si può, al contrario, limitare la legittima difesa a pochi casi, da valutare volta per volta, ed essere favorevoli a una legislazione molto aperta sulla possibilità di possedere armi. E’ vero che, di solito, chi è contro il porto d’armi senza troppi limiti è anche contro una legittima difesa limitata, e chi è favorevole a una limitazione rigorosa del diritto di armarsi è anche a favore di norme molto restrittive sulla legittima difesa. Ciò non toglie che la distinzione sia innegabile e vada tenuta presente, altrimenti si rischia di ingarbugliarsi in una discussione nebulosa da cui è difficile districarsi. Lasciamo da parte quindi il porto d’armi e soffermiamoci sull’altro tema: quello della legittima difesa.
Salvini e compagni, a quanto pare, vorrebbero escludere il principio di proporzionalità: se una persona invade a scopo di rapina una proprietà altrui, il legittimo proprietario, o chi per esso, dovrebbe avere il diritto di difendersi in ogni caso, fino a procurare la morte dell’aggressore, senza che per questo venga incriminato d’ufficio per aver ecceduto nell’azione difensiva. E’ un’idea da respingere su tutta la linea. Non è questione di destra o di sinistra, ma un problema che si può risolvere soltanto con un’argomentazione pacata e razionale. In poche parole, questa. Siamo d’accordo che il diritto di difendere la propria vita e i propri beni, a cominciare dalla dimora dove si vive o dal luogo ove si lavora, non si può mettere in discussione. Suscitano il riso quelli che dicono: “Non ci si può difendere da soli, bisogna chiamare la forza pubblica”. Se uno entra in casa mia e mi punta una pistola alla tempia, intimandomi di consegnargli tutto il denaro e i preziosi che posseggo, non posso pregarlo di aspettare un momento, per darmi il tempo di chiamare i carabinieri. Credo che in nessun ordinamento giuridico sia presente una norma che esclude del tutto la legittima difesa personale. Rimane vero però che un conto è difendere la propria vita, o quella dei propri cari, un conto difendere i propri beni. C’è una gerarchia di valori anche nel diritto di proprietà. La vita sta in cima, è la proprietà primaria, quella senza la quale ogni altra proprietà viene meno. Un morto non possiede più nulla. Un aggressore rimane proprietario della propria vita: che in sé ha un valore superiore a tutti i beni dell’aggredito. Quindi, in linea di principio, uccidere chi sta commettendo un furto, anche con effrazione, ma non ha alcuna intenzione di attentare all’incolumità del proprietario, è un crimine. Dovrebbe anche essere indiscutibile che è più grave uccidere un ragazzotto entrato nel mio giardino per rubarmi i fichi che un ladro professionista intrufolatosi in casa mia per scassinare la cassaforte.
Detto questo, come la mettiamo? Io partirei dall’attuale articolo 52 del Codice Penale, che mi sembra chiaro:
“Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa. Nei casi previsti dall’art. 614, primo e secondo comma (violazione di domicilio, n. d. r.) sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente nei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere a) la propria o l’altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”.
Il secondo e terzo comma sono stati aggiunti con la Legge del 13 febbraio 2006, n. 59. Il governo Renzi aveva tentato di modificare ulteriormente l’articolo, introducendo la scriminante dell’aggressione notturna. Ridicolo. Nessuno spara al buio. Per colpire un bersaglio bisogna accendere la luce. Invece sarebbe opportuno eliminare tutte le fattispecie dottrinali e giurisprudenziali di eccesso colposo di legittima difesa, legittima difesa putativa, eccesso di legittima difesa putativa ecc. ecc., che complicano le cose e si prestano a cavilli di ogni genere. Se non è legittima difesa, è omicidio o lesione personale. Io tornerei addirittura al testo originario del Codice Penale, che è scritto benissimo, e rispetto al precedente Codice Zanardelli anticipa il diritto alla legittima difesa spostandolo dal momento in cui l’aggressione è in atto a quello in cui se ne coglie il il pericolo. Non c’è bisogno di ulteriori precisazioni. “Non sunt multiplicanda entia praeter necessitatem”, come recita il famoso “rasoio di Occam”. Aggiungerei solo questo: “Una volta accertata l’aggressione, la legittima difesa si presume, salvo prova contraria da parte di chi ne ha interesse, a meno che la sua insussistenza sia rilevabile di là da ogni ragionevole dubbio: nel qual caso si procede d’ufficio”. In poche parole: presunzione juris tantum, con inversione dell’onere della prova. Saranno i parenti della vittima o chi altro ne abbia interesse (o la vittima stessa, in caso di lesioni non mortali) a dover dimostrare processualmente che si tratta di omicidio o di lesioni di tipo volontario, colposo o preterintenzionale (la premeditazione sarebbe assurda).
Facciamo qualche esempio.
- Un energumeno entra in casa mia con cattive intenzioni e io lo freddo con un colpo di pistola. Chiamo la polizia che accerta la violazione di domicilio e non rileva nessun indizio di comportamento criminoso da parte mia. Il caso è chiuso, a meno che i parenti della vittima o chi ne ha interesse non mi denuncino per omicidio. Sarà un po’ difficile dimostrarlo, ma non impossibile.
- Un ragazzotto entra nel mio orto a rubare le fragole. Lo secco con il mio fucile da caccia. Il mio crimine è evidente, si dovrà procedere d’ufficio. Sarà il giudice a dichiarare se l’omicidio da me commesso è volontario, o semplicemente colposo (volevo solo spaventare il ragazzotto e invece l’ho ucciso), oppure preterintenzionale (volevo solo ferirlo, l’ho ucciso involontariamente).
- La polizia, da me chiamata dopo che ho fatto secco un ladruncolo penetrato in casa mia, accerta che il malcapitato si trova vicino alla porta d’ingresso con due pallottole nella schiena. E’ evidente che stava fuggendo, e io l’ho colpito alle spalle. Incriminazione per omicidio volontario. Sarò io a dover dimostrare che è solo omicidio colposo, o preterintenzionale. Molto difficile, quasi impossibile.
A me sembra molto ragionevole una riforma di questo genere. Conserva il sacrosanto principio di proporzionalità, ma evita che chi si difende da sé provocando la morte dell’aggressore subisca in ogni caso un processo spesso lungo, logorante e dall’esito incerto. L’inversione dell’onere della prova scarica tutto il rischio sulle spalle di chi sporge denuncia di omicidio. I casi di procedimento d’ufficio sono una garanzia per l’aggressore, la cui vita è più importante di qualsiasi proprietà.
Avrei piacere che su questo tema si aprisse qui un dibattito serio.
Dibattito? Mi sembra ci sia poco da dibattere: in claris non fit interpretatio. L’unico suggerimento, in luogo dell’eccesso colposo sostituito da omicidio preterintenzionale o colposo, può essere l’obbligo delle circostanze attenuanti in caso di accertata colpevolezza di un aggredito incensurato. Dibattere con la Lega e Fratelli d’Italia da una parte; con la sinistra e i cattosciocchi dall’altra; con i barchiacchieristi di tutte e due le parti, credo sia una rovinosa perdita di tempo.
Sul problema delle armi e dell’autodifesa ho già avuto modo di leggere anche in altri articoli le saggie posizioni di Don Juan che non posso che condividere, quindi ho poco da aggiungere.
Certe posizioni “texane” del tipo “se vedo uno sulla mia proprietà, prima lo stendo e poi faccio le domande” – spesso presenti in ambienti libertari o pseudo tali – in questo sito ci sono risparmiate. Per fortuna, aggiungo.
Concordo.
E come ogni anno, quando si apre la caccia, non manca il solito idiota che spara alla cieca a tutto quel che si muove e ammazza qualcuno.
Oltre alla categoria dei giustizieri, c’è la categoria degli imbecilli, molto più pericolosa perchè non si riposa mai. Mi viene in mente la frase finale di Lifeboat di Hitchcock: “Che si può fare con gente simile?”