Leva obbligatoria
Ve l’avevo detto che la proposta di ripristinare la leva, magari estendendola al servizio civile, o risolvendola del tutto in quello, avrebbe suscitato il più vivo consenso presso un popolo incline alla servitù. Sul “Corriere” di mercoledì 17, nelle rubrica della posta, compaiono ben sette lettere di plauso (e chissà quante altre ne sono arrivate, che non hanno avuto l’onore della pubblicazione). Qualcuna è davvero esilarante. Sentite questa: “Fare il servizio civile è un buon modo per far socializzare tanti giovani che vivono solo di tablet, pc e telefonino. Inoltre, anche la difesa della patria è dovere di ogni cittadino, e la conoscenza dell’uso di un’arma potrebbe essere utile, visti i tempi”. Uno sproposito dopo l’altro. La cosiddetta “socializzazione” è diventata il compito precipuo della scuola dell’obbligo dopo la riforma della Scuola Media Inferiore: negli anni Settanta dello scorso secolo pedagogisti, sociologi, psicologi e altri mangiapane a tradimento che bazzicavano a spese del contribuente gli istituti scolastici non parlavano d’altro. Il termine era diventato una sorta di mantra. Se il risultato è questo (giovani che sanno soltanto oziare tra divertimenti frivoli) ci pensi la scuola a fare un bell’esame di coscienza. Insegni la bellezza della letteratura, dell’arte, della musica, della scienza, della matematica; faccia comprendere l’importanza della storia e della filosofia. Forse così i giovani si dedicheranno a qualche interesse più elevato. Il guaio è che gli insegnanti, tranne qualche sparuta eccezione, non sanno farlo. Sono burocrati, come tutti gli altri impiegati pubblici. Quanto alla difesa della patria, ci penseremo quando la patria sarà attaccata. Tecnicamente, la leva è stata sospesa, non abrogata. Basta un decreto a rimetterla in vigore, in caso di emergenza. Ridicolo poi pensare che un servizio civile, in cui magari si è impegnati a ripulire i boschi o a imboccare i vecchietti, possa insegnare l’uso di un’arma. Non ci riusciva neppure la vecchia coscrizione. E poi: sparare con un fucile Garand e con una pistola Beretta non è la stessa cosa. Da ultimo, finché non si inverte l’onere della prova per negare la legittima difesa, meglio… chiamare i carabinieri, ammesso che non stiano mangiando o che in caserma non sia rimasto soltanto il piantone. A chi scrive queste farneticazioni, mi vien voglia di rispondere come un caporale del CAR di Cuneo, al tempo che fu: “Cazzo vuoi?”.
A conclusione del bel florilegio, il titolare della rubrica, Aldo Cazzullo, così commenta: “Cari lettori, è una bella idea; proprio per questo non passerà mai. Troppo impopolare renderlo obbligatorio”. Impopolare? Fuori le lettere di dissenso, se sono arrivate. E’ tutto un cantico di lodi. A chi scrive queste farneticazioni, mi vien voglia di rispondere, parafrasando il caporale ricordato in precedenza: “Cazzullo vuoi?”
Cazzullo ha di sbagliato solo la desinenza del suo cognome. Se la avesse come quella delle corporazioni medioevali (panaro, cordaro, notaro, ecc.) sarebbe perfetto. Ho conosciuto alcune sparute eccezioni di insegnanti. Anche se hanno abilità didattiche non possono esprimerle. E’ il ministero che li vuole burocrati. E soprattutto il legislatore che ha stabilito il divieto di Insegnare la bellezza. Lui (ammesso che la conosca) preferisce lo pseudorelativismo di Gasparina, l’oca giuliva del finale de Il Campiello goldoniano: “No zè bel quel ch’è bel ma quel che piaze”.