Don Giovanni

Reductio ad Hitlerum

“… Reductio ad Hitlerum, termine coniato giocando sulla terminologia latina negli anni Cinquanta da Leo Strauss per indicare una tattica dialettica adottata in politica al fine di squalificare un interlocutore, comparandolo a un personaggio universalmente riconosciuto negativo e malvagio…”. Sono parole di Enzo Pennetta, professore di Scienze naturali, fondatore di “Critica scientifica”. Tranquilli, non sta parlando di quello che voi probabilmente state pensando. Le parole che ho trascritto sono ricavate dalla prefazione al suo bellissimo saggio “Inchiesta sul darwinismo. Come si costruisce una teoria”, edito da Cantagalli. Le trovate a pagina 9 della seconda edizione, da poco in libreria. A che cosa si riferiscono? Al fatto che, quando si discute di teoria dell’evoluzione, se uno si azzarda a esporre qualche critica, anche ben motivata, ad alcuni aspetti del pensiero darwiniano, corre il rischio di essere bollato come “creazionista”: un termine squalificante, perché allude a quei bigottoni ignoranti che – ben diversamente da quanto sostengono i rappresentanti più autorevoli delle confessioni religiose che fondano la loro dottrina sui testi biblici, in primis (va riconosciuto) gli studiosi cattolici – pretendono di interpretare la Bibbia alla lettera. Ma si può benissimo criticare Darwin senza prestar fede alla Bibbia, e rimanendo magari atei, come in sostanza era Darwin. Ricordiamoci (è lo stesso Pennetta a rammentarlo in un’ altra pagina del suo saggio) che il primo a sollevare dubbi sulla teoria dell’evoluzione, almeno per quanto riguarda lo sviluppo dell’ Homo sapiens, fu proprio Alfred Russell Wallace, che di Darwin era stato collaboratore. Creazionista anche lui? Anche se Pennetta parla di tutt’altro, le due considerazioni, mutuate dal pensiero del filosofo Leo Strauss, costretto a lasciare la Germania nazista per le sue origini ebraiche, si attaglia perfettamente alle polemiche di questi giorni. Basta che uno esprima qualche dubbio sul pensiero dominante a proposito della pandemia Covid 19, e subito scatta l’accusa di “negazionismo”. Che è un’accusa infamante, perché il termine ha un significato ben preciso. Non indica chiunque osi negare qualcosa, in qualsiasi campo, ma chi nega l’esistenza dei campi di concentramento nazisti e quindi la verità storica della Shoah: una teoria da brividi (chi la sostiene può essere addirittura condannato; grave errore, perché neonazismo e neofascismo non si combattono con le censure, tipiche di tutti i regimi autoritari e totalitari, quindi anche di Nazismo e Fascismo, ma con le idee, a meno che non degenerino in atti di violenza: è liberalismo classico, non anarchismo). Quindi, dare del negazionista a uno che, tra l’altro, non nega l’esistenza della Covid 19, ma si limita a criticare il modo in cui la pandemia  viene affrontata e a ridimensionare, dati alla mano, i numeri dei morti e degli infettati che ogni giorno ci vengono proposti dalle fonti di informazione allineate, significa compiere un’operazione disonesta, mettendolo sullo stesso piano di chi, per ignoranza e per malafede, nega l’evidenza di una delle più grandi tragedie dell’umanità. Si possono negare anche molte opinioni che godono di molto credito a proposito della Covid 19, senza per questo dover finire nel novero dei negazionisti. Anzi, di più: uno può anche negare l’esistenza del virus, ma il termine “negazionista” non gli deve essere attribuito. Nega la pandemia, non la Shoah. E, come si diceva prima, il termine “negazionismo” ha una connotazione ben precisa. Ecco come lo definisce il Vocabolario Treccani, il più autorevole  di tutti:”Termine con cui viene indicata polemicamente una forma estrema di revisionismo storico (…), la quale, mossa da intenti di carattere ideologico o politico, non si limita a reinterpretare determinati fenomeni della storia moderna, ma, spec. con riferimento ad avvenimenti connessi al fascismo e al nazismo (per es., l’istituzione dei campi di sterminio nella Germania nazista), si spinge fino a negarne l’esistenza o la storicità”. Usarlo in senso estensivo è quindi un atto di diffamazione, perseguibile penalmente (e a buon diritto, perché ciascuno deve poter difendere la propria rispettabilità). E’ una diffamazione duplice perché: 1) il termine, se usato in senso estensivo, diventa ipso facto  diffamante, come dare del nazista a chi nazista non è; 2)anche ammesso e non concesso che possa essere usato estensivamente senza allusioni subdole, rimane vero che chi ne viene fatto oggetto non nega l’esistenza del Coronavirus, ma si limita, di solito, a criticare gli interventi di politica sanitaria per combatterlo o, nel peggiore dei casi, a ridimensionarlo (e, come abbiamo visto dalla definizione sopra ricordata, il negazionista non si limita a ridimensionare, ma nega. Altrimenti sarebbe, tutt’al più, un “revisionista”).Non stiamo giocando con le parole. Non si azzardino a lanciarci questa accusa quelli che, solitamente, sono ligi al “politicamente corretto”. Quelli, per esempio, che si battono per l’uso “non sessista” della lingua, magari storcendo il naso perché, nella lingua di Dante, “Sole” è maschile, mentre “Luna”, poveretta, è femminile (peccato che in tedesco sia il contrario: “Die Sonne” è femminile, “Der Mond” è maschile. Come la mettiamo? Chi l’avrebbe detto che i tedeschi sono così femministi?) Piuttosto, scherzi a parte, io chiamerei “terroristi” non quelli che, urbanamente, sostengono la pericolosità del virus e difendono le misure di politica di sanitaria adottate dal governo, ma quelli che trattano da filonazisti chi non agisce e non la la pensa come loro, e sono protagonisti o fautori della deplorevole campagna di disinformazione che da mesi ci aduggia, mistificando i dati ed esibendo immagini sconvolgenti, spesso costruite ad arte (gli autocarri militari che trasportano alla cremazione i “morti di Coronavirus”; che in realtà trasportano bare di deceduti per le più svariate patologie,  accumulatesi all’ospedale da giorni, a causa dell’improvviso esplodere del focolaio epidemico). “Terrorismo” non è termine infamante. E’ vero che di solito viene usato in senso specifico, con riferimento ad azioni violente di gruppi eversivi volte a incutere terrore a scopo destabilizzante, ma l’uso in senso figurato è abbastanza comune, quindi assume un significato generico, privo di particolari connotazioni. Se io dico che chi mostra ogni sera gli autocarri dell’esercito con le bare fa del terrorismo psicologico, nessuno pensa all’Isis o alle Brigate Rosse. Anche perché l’aggettivo “psicologico” connota il termine in modo tale da impedire ogni equivoco interpretativo. Andiamo ancora a vedere che cosa dice il Vocabolario Treccani: “3. In usi fig, t. culturale, t. psicologico e sim., metodi di polemica culturale o di pressione psicologica fondati su argomenti semplicistici o intimidatori”.Conosco gente che, anche dopo la sospensione del confinamento, a fine primavera, è rimasta barricata in casa per paura di finire al cimitero. Qualcuno è caduto in depressione e s’è ammalato di disturbi psico-somatici. Altri hanno cominciato a imbottirsi di tranquillanti, intossicandosi. Qualcuno indossa la mascherina anche per far l’amore, perché qualche “esperto” l’ha suggerito. Qualcuno è diventato un segaiolo, non per paura delle malattie veneree, ma del Coronavirus. Qualche genitore senza cervello imbavaglia i suoi poveri piccoli con orride mascherine, credendo di preservare la loro salute ed esponendoli invece a malattie respiratorie, o peggio. Intanto la virologa Ilaria Capua fa i soldi comparendo  in TV a 2000 euro ogni dieci minuti, e pubblicando un libercolo infame, “Ti conosco mascherina”, di cui abbiamo già parlato, che pare fatto apposta per spaventare i poveri bambini. Se tutto questo non è terrorismo, ditemi voi che cos’è. C’è ampia materia per denunce di procurato allarme, ai sensi dell’art. 658 C.P. Anche qui, secondo i principi del liberalismo classico. Non si tratta di semplici opinioni, ma di azioni volte a soggiogare la gente più fragile, vecchi, bambini, persone di scarsa cultura e facili alle suggestioni. Rubo a Sgarbi l’invettiva che ha lanciato in Parlamento contro il ministro Franceschini, per la chiusura di cinema e teatri: “Siate maledetti, siate maledetti, siate maledetti”. 

Giovanni Tenorio

Libertino

5 pensieri riguardo “Reductio ad Hitlerum

  • Alessandro Colla

    Tra i caduti psicosomatici ci sono anch’io. Qualcuno, moralista militante in servizio mercenario permanente, storcerà il naso perché la mia compagna ha ventotto anni meno di me. Il confinamento, che mi impedisce anche solo di vederla perché per ragioni economiche non riusciamo ancora ad abitare insieme, se non mi provoca depressione mi alimenta comunque disturbi psicosomatici; nel mio caso di ordine dermatologico o comunque di tipo immunitario. Al difensore della patria e della salute “prima dell’economia”, devoto di padre Pio, non gliene importa ovviamente nulla. Né gli importa che i figli della mia compagna, che io ormai considero come miei, non possano vedermi perché “la guerra è guerra”. Nessuno mi omaggerà come “onore ai caduti”. Nessuno pagherà per questa infamia, che non riguarda solo il sottoscritto. Il procurato allarme, che sarebbe evidente in ogni legislazione tranne agli occhi degli stolti che continuano a prevalere in questa penisola infame, non verrà perseguito anche in presenza di denunce ufficiali perché le procure non hanno interesse a esercitare la presunta obbligatorietà dell’azione penale. Quando mai il tiranno perseguita sé stesso o il proprio complice? Credo di essere arrivato al limite della capacità di sopportazione. Mi scuso con don Giovanni e Leporello se approfitto del loro spazio per un indebito e immeritato sfogo personale ma mentre sto scrivendo mi stanno uscendo le lacrime. So anche che non dovrebbe essere da me. So che fino ad ora non lo è stato perché le mie abitudini in campo opinionistico sono sempre state di ordine generale, piuttosto che personali. E mi rendo anche conto che non dovrebbe essere giusto cedere a sessantadue anni dopo aver resistito fino ad ora. Ma sento che non ce la faccio più e che la mia possibile ultima invettiva non si limita al “siate maledetti” (anche perché Dio non li maledice, gli lascia anzi spazio come nella Germania degli scorsi anni trenta) ma al “porci e miserabili fascisti”. Quel “miserabili” non è da intendere in senso letterario alla Victor Hugo (chi era costui, vero “colti” della sinistra?) ma come sinonimo di squallidi. Termino con la consapevolezza che, ultima o no, quest’invettiva sarà comunque inesorabilmente inutile. Mi scuso ancora.

    • Carissimo Colla, Lei non si deve proprio scusare! I Suoi interventi sono sempre benvenuti, e l’ultimo non meno degli altri. Le assicuro che mi ha commosso, come raramente mi capita. Lei rimane uno dei nostri più cari amici. Qui c’è spazio per tutti, anche per chi ci odia. Si figuri se può dispiacerci di lasciare a Lei tutto lo spazio che desidera! Siamo in un periodo nero, ma speriamo che passi al più presto, anche se quegli allocchi che la primavera scorsa esponevano la bandiera e proclamavano: “Andrà tutto bene” hanno menato gramo. Auguro ogni bene a Lei, alla Sua compagna e ai figli.

    • Rispondo anche io (dopo il mio padrone Don Giovanni), per manifestarle, caro Alessandro, la mia comprensione e la mia completa partecipazione ai sentimenti che ha espresso. Condivido tutto quello che ha scritto, purtroppo anche lo stato d’animo e qualche volta le lacrime. La stupidità del pensiero “del popolo” (mai cosi pericoloso nella sua concretizzazione come “dittatura della maggioranza”) non mi allontana, per fortuna, dagli affetti, ma ha sospeso (spero temporaneamente) tutti i miei progetti professionali che, come per molte “partite IVA” non sono solo un modo per guadagnarsi da vivere, ma l’oggettivazione vita stessa, anche oltre la prospettiva della mia parabola personale, pensando a quello che lasceremo ai nostri figli.

      Non deve scusarsi e, come ha scritto Don Giovanni, al contrario la ringraziamo per la partecipazione a Libertino, con i suoi commenti puntuali e interessanti: molto più di semplici annotazioni a margine degli articoli, costituiscono una terza voce preziosissima.

      Coraggio!

  • Alessandro Colla

    Grazie, don Giovanni. Voglio provare a farcela, devo almeno tentare. Anche se leggo che proprio ieri un giovane scozzese sedicenne non ce l’ha fatta. Non era contagiato, l’ha ucciso il suo governo.

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  • Alessandro Colla

    Grazie anche a Leporello. Purtroppo, anche per me si pongono problemi di ordine professionale. Non economici perché ho “la mia mesata” ma appunto quelli legati all’oggettivazione sul piano della soddisfazione personale (oltre che un legittimo arrotondamento delle entrate) e della possibilità di incanalare i miei giovanissimi figli (undici la primogenita, nove e mezzo il secondo) nel settore della recitazione. Anche senza decreti, a teatro la gente avrebbe paura ad andarci perché pensa che si possa rimanere contaminati dal vicino di poltrona. Ho scarsissime entrature radiotelevisive, quindi mi limito a scrivere testi che forse non avrò mai più opportunità di mettere in scena. Spero che tutte le partite IVA trovino la volontà di non versare più alcuna somma al fisco. O meglio: versare un totale di tre euro e ottantacinque centesimi, così negli uffici impazziscono con le pratiche. Cercherò di farmi coraggio come da esortazione. So che non è molto cristiano ma auguro tutto il male possibile ai cialtroni governativi, a quelli delle giunte locali, agli intellettuali servili, agli aspiranti a una poltrona istituzionale e ai sedicenti scienziati coniugati per scelta con il dispotismo orientale. Che gli esegeti di oltretevere non mi perdonino.

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