Don Giovanni

Legalità e giustizia

Nei “Ragguagli del Parnaso”, I, 65 di Traiano Boccalini (Loreto,1565,Venezia 1613) si narra di un Machiavelli del tutto immaginario, molto diverso da quello della Storia, che, bandito dalla sede delle Muse (il Parnaso del titolo) per l’empietà dei suoi scritti, viene sorpreso dalle guardie nella casa di un amico che l’aveva ospitato e portato in giudizio perché sia definitivamente condannato per aver suggerito ai reggitori del mondo empi consigli  sull’arte di governo. A propria discolpa, l’imputato spiega ai giudici di aver soltanto voluto descrivere ai suoi lettori quello che gli  uomini politici hanno sempre fatto e continuano a fare. Perché allora condannare la copia (noi diremmo la fotografia) quando si ha davanti l’originale? La giuria quasi si commuove ed è lì lì per assolverlo quando l’avvocato fiscale (noi diremmo il Pubblico Ministero, pensiamo a un tipo come Pier Camillo Davigo, per cui vale sempre la presunzione di colpevolezza) racconta che il Machiavelli è stato sorpreso mentre applicava denti di cane alle pecore, perché potessero ribellarsi ai loro pastori. A questo punto l’atteggiamento dei giudici cambia. L’imputato non è più, come noi diremmo, un politologo che descrive con il distacco dello scienziato la realtà effettuale della politica, ma un sovversivo che vuole insegnare al popolo a ribellarsi ai suoi reggitori, un “anarchico”, direbbero i manovali del becero giornalismo d’oggi. “Troppo importanti parvero ai giudici accuse tanto atroci, onde votarono tutti che fosse eseguita la sentenza data contro huomo tanto scandaloso: e per legge fondamentale pubblicarono che, per l’avvenire, ribelle del genere humano fosse tenuto chi mai più havesse ardito insegnare al mondo cose tanto scandalose (…) e che era voler mettere tutto il mondo in combustione il tentare di far malitiosi i semplici  e far veder lume a quelle talpe le quali con grandissima circospettione la madre natura havea create cieche”. 

Mentre scrivo non so ancora quale sarà il verdetto della Corte che dovrà decidere se estradare negli USA Julian Assange perché venga sottoposto a giudizio in quel grande modello di Democrazia Liberale, rispettoso dei più sacri Diritti Umani scaturiti dalla gloriosa rivoluzione di matrice puritana che ha aperto le porte a quell’altra ancor più gloriosa Rivoluzione Francese (i francesi sono sempre i più bravi di tutti a copiare le idee altrui) su cui si è costruito il castello della Modernità. So soltanto che, comunque vada, Assange è già stato condannato, anche se forse non gli sarà inflitta la pena di morte (non so se augurarglielo, perché l'”umanitario” Cesare Brccaria ammetteva candidamente che l’ergastolo fa più paura della morte, quindi è preferibile come deterrente. Capito che bel tomo?).Condannato dall’opinione pubblica mondiale, frastornata da una campagna mediatica che lo ha sempre trattato come un manigoldo. Per il corrottissimo mondo dell’informazione che ci aduggia Assange non è un giornalista che, svolgendo onestamente il proprio mestiere, ha rivelato al mondo “di che lacrime gronda e di che sangue” la tanto vantata Democrazia Liberale impostasi, dopo il crollo del sistema sovietico, come sistema di governo senza alternativa, a suggello della “fine della Storia”, ma un “hacker” che, violando la legalità, ha portato allo scoperto documenti segretissimi, mettendo in pericolo la sicurezza di un grande Paese, anzi, di tutta una rete d’alleanze. Già, la “legalità”, quella roba da legulei che si vorrebbe insegnare in una scuola divenuta ormai una fucina di semianalfabeti, mentre bisognerebbe  piuttosto coltivare l’amore della Giustizia, che è invece concetto filosofico (ma la Filosofia è destinata a fare una brutta fine, come la Geografia e la Storia. Impresa, Inglese, Informatica, diceva il Cavaliere. Ricordate?). 

Il giudizio su Assange assomiglia molto a quello dei giudici che condannano il Machiavelli immaginario di Traiano Boccalini. Quello che fa paura non è tanto il fatto che, in un modo o nell’altro, si riesca a penetrare nei meandri del potere, mettendone a nudo le malefatte. Qui Assange avrebbe buon gioco a servirsi delle argomentazioni di Machiavelli (sempre quello immaginario, sia ben chiaro): “Non ho fatto altro che svelare quanto è sempre stato fatto da tutti i reggitori del mondo, senza distinzioni.I Servizi Segreti sono associazioni a delinquere legalizzate. Le guerre sono delitti, giustificati con ragionamenti menzogneri. Gli USA  si sono macchiati degli stessi crimini che nella Storia sono sempre stati commessi da ogni regime”. Su questo, chi potrebbe dargli torto? Quello che Assange ha rivelato è la pura sacrosanta verità, certificata dai documenti ufficiali portati “illegalmene” ma “secondo Giustizia” alla luce. Quel che impensierisce è il timore che un’opinione pubblica non manipolata da un’informazione di vassalli compiacenti possa arrivare a concludere: se questo è il potere, anche il potere di quelle Democrazie Liberali che ci sono sempre state magnificate come il Sommo Bene in contrapposizione al Grande Satana del Comunismo, l’unica via di salvezza è la ribellione. Il pericolo, in somma, è l’anarchia! Se le talpe, che la Natura ha creato cieche, aprono gli occhi, è la fine. Non la “fine della Storia”, ma la “fine dello Stato” e di ogni forma di potere che con lo Stato è in combutta, come il capitalismo finanziario che alimenta l'”economia green” , la “digitalizzazione”, la battaglia contro il cambiamento climatico, l’abolizione del contante, l’alimentazione con farina di grilli e altre schifezze, la lotta all’agricoltura tradizionale, e, non ultimi, i mercanti di cannoni che si fregano le mani in vista di un’imminente bella guerra mondiale). I giudici che formalmente condanneranno Assange (mediaticamente già condannato) sono amiconi dei brutti ceffi che frequentano la Trilateral, Bilderberg, il Word Economic Forum di Davos. Amiconi di Bill Gates e Soros. Amiconi di chi ha inventato una pandemia lasciando fuggire da un laboratorio di scienziati criminali un virus manipolato, perché le grandi multinazionali della medicina farmacotossica potessero accumulare profitti stratosferici, a beneficio dei grandi fondi d’investimento che le controllano, amministrando i risparmi d’una mirade di ignari sottoscrittori. Eccolo qui, il “Libero Mercato”.Eccola qui, la Democrazia casta e pure che si vorrebbe esportare, magari facendo morire qualcosa come 500.000 bambini per effetto delle sanzioni , come ammise candidamente Madeleine Albright (ma che cos’è mai? Un inevitabile effetto collaterale! In Iraq gli USA hanno portato la Democrazia, come scrisse Beppe Severgnini).

Una differenza c’è, però, tra i giudici immaginari descritti da Traiano Boccalini e quelli reali (mediatici e istituzionali) che condanneranno o hanno già condannato Assange. I primi non sono ipocriti. Dicono esplicitamente che non si possono applicare denti di cane alle pecore, altrimenti i pastori per difendersi dovranno munirsi di armature difensive, il cui costo graverà sul prezzo finale della lana e del latte. Il vantaggio di mantenere mansuete le pecore è proprio quello di poterle governare in pochi, e senza costosi strumenti repressivi, a dispetto del loro grande numero. L’importante è che il potere di chi comanda non venga intaccato. Non si cerca di giustificare tale potere con la falsa coscienza della Democrazia, dei Diritti Umani, della Libertà, della Costituzione più bella del mondo, e altre puttanate del genere.Il potere è potere, e in quanto tale va difeso, punto e basta. Inoltre, nessuno cerca di infamare Machiavelli con accuse calunniose  concernenti la sua vita privata, per rendere più credibile la sua condanna. Eppure sarebbe stato facile dipingere Machiavelli come un impenitente donnaiolo maschilista, qual era il Machiavelli della Storia (“la Fortuna è donna et è necessario volendola tenere sotto batterla e urtarla”, Il Principe, cap.25). Niente di tutto questo. Invece, contro Assange si sono volute inventare storie di stupri di cui si sarebbe reso colpevole, rivelatesi poi del tutto false: ma certe macchie con cui si viene bollati rimangono indelebili.

Chissà se agli studenti delle scuole italiane d’oggi (dalle quali si esce credendo che l’ “Aida” sia stata scritta da Beethoven, diventando magari giornalisti che scrivono “fila” per “file”, “reticente” per “renitente”, “out-out” per  “aut-aut” e altre amenità del genere)  viene fatto studiare Traiano Boccalini. Troppo pericoloso conoscere un brano come quello che qui abbiamo citato. Bisogna insegnare la Legalità cara ai Legulei, non la Giustizia cara ai Filosofi. Bisogna insegnare il ragionamento capzioso, quello che consente a un fine giurista come Sabino Cassese di dimostrare che l’invio di armi in Ucraina è del tutto conforme all’art. 11 della Costituzione, o a quel vecchietto rattrappito che abita sul Colle di affermare che non si può invocare la libertà (brutta parola, come “le corna” per mastro Ford nel “Falstaff”) per sottrarsi all’obbligo legale di iniettarsi un siero sperimentale inefficace e pericoloso. la legalità, la legalità, la legalità, avete capito? Non la Logica e l’Etica di Aristotele. Non l’Imperativo Categorico di Kant. Due poveri mentecatti.

Giovanni Tenorio

Libertino