Don Giovanni

Fanatici islamici contro fanatici (e statalisti) cattolici

Cari amici, che ne direste se un vostro vicino di casa, al quale non avete fatto niente di male, se la prendesse con voi perché i suoi antenati di quattro o cinque generazioni fa erano in lite con i vostri; e insistesse a dire che la ragione era dalla loro parte, e che quindi è giusto che lui, in quanto discendente, rimanga in conflitto con quelli della parte avversa, cioè con voi e i vostri familiari? Gli dareste del mentecatto, se siete persone con la testa sulle spalle. Se invece siete della sua stessa pasta, vi mettereste ad altercare con lui, sostenendo  che invece erano i vostri antenati ad avere ragione. Si monterebbe una lite futile, fondata su recriminazioni che non avrebbero più ragione di essere, e su ricostruzioni di fatti che nessuno più può sapere come si siano svolti nella realtà, in un contesto di interessi e di passioni che con l’oggi non hanno più nulla che fare, e fra persone ormai morte, sepolte e putrefatte.
Vi sembra che vi stia portando un esempio bislacco? Proprio no. Allarghiamo un po’ lo sguardo, allontaniamoci dalle beghe tra vicini di casa, e guardiamo alle odierne recriminazioni che coinvolgono popoli e civiltà. Oggi parte del mondo islamico, quello che a torto o a ragione viene chiamato fondamentalista, accusa l’opulento mondo “cristiano” (quello che ormai di Cristo se ne fa poco o nulla) di essere responsabile delle Crociate, e pretende di fargliene pagare il prezzo. Sarebbe opportuno lasciar cadere accuse e pretese tanto ridicole. Le Crociate sono acqua passata, ormai consegnata alle pagine dei libri di Storia. Tocca agli storici darne un giudizio, che proprio in quanto giudizio storico non può e non deve incidere sugli attuali rapporti fra mondo “cristiano” e mondo islamico. Furono un bene, furono un male le Crociate? Contribuirono davvero – di là dal significato che ai loro tempi vollero avere – a favorire l’amalgama fra culture differenti, a rinvigorire i rapporti commerciali fra terre lontane, ad avvicinare Oriente ed Occidente? Qualcuno dice di sì, qualcuno dice di no. Furono, almeno all’origine, il frutto di un autentico spirito religioso? Dante mette Maometto, malamente sconciato da repellenti ferite, tra i seminatori di discordie, e fa del proprio antenato Cacciaguida un santo, proprio perché se lo figura morto come un martire nella Crociata guidata dall'”imperator Currado” a  difesa della fede cristiana contro i musulmani, “quella gente turpa”. Seminatore di discordie? Gente turpa? Sarà. Io, da buon epicureo, mi sento molto vicino a Federico II di Svevia (come uomo di cultura, perché come anticipatore dello Stato moderno – ma non tutti sono d’accordo – mi fa un pochino ribrezzo). Ebbene, Federico ammirava il mondo islamico di allora, parlava correntemente l’arabo, aveva alla sua corte di Palermo dotti provenienti dalle terre degli “infedeli”, faceva tradurre dall’arabo in latino opere di scienza e di filosofia.  Era amico di al-Malik-al-Kamil, sultano d’Egitto, nipote del Saladino. Probabilmente il suo sogno era quello di costruire un mediterraneo pacificato, dove musulmani e cristiani potessero vivere in pace, scambiando merci e idee, senza pretendere di imporre con la forza ciascuno la propria religione. Aveva promesso al papa di guidare una Crociata. La prima volta lasciò partire le truppe, ma si guardò bene dall’andarci di persona. La seconda volta al momento della partenza si ammalò. Il papa non gli credette e gli inflisse una bella scomunica. Alla fine Federico una Crociata la preparò e la  portò a termine davvero. Ma, invece, di far ricorso alle armi, si mise d’accordo con l’amico sultano, ottenendo da lui , per dieci anni, la città di Gerusalemme e i territori circostanrti, fino a uno sbocco sul mare, esclusa la spianata dell’antico tempio ebraico, quella da cui, secondo la tradizione, Maometto avrebbe spiccato il volo verso il cielo. Ottimo, verrebbe voglia di dire, e cristianissimo! Risultato raggiunto, senza spargere una goccia di sangue. Il papa però non la pensava così. Patteggiare con gli infedeli è un “impius foedus”; con loro non si dovrebbe neppur commerciare. La scomunica fu rinnovata. Qualcuno dice che Federico sia morto musulmano. Forse è una bufala, ma se fosse vero mi farebbe un piacere immenso.
Nel dibattito sulle Crociate, ammesso e non concesso che la Storia debba esprimere giudizi morali, l’unica Crociata da esaltare per la sua moralità è proprio quella “empia” di Federico II. Non c’è proprio nulla di bello nella  conclusione della prima Crociata, che a differenza delle successive ebbe un esito vittorioso non del tutto effimero. Le truppe “cristiane”, dopo aver sgozzato senza pietà tutti quelli che incontravano in Gerusalemme, una volta espugnate le mura, senza distinguere tra musulmani ed ebrei, e forse scannando anche qualche cristiano ortodosso (chi poteva distinguerli, in quella confusione?) entrarono nella moschea di al-Aksa con i cavalli immersi fino al morso e alle ginocchia in un lago di sangue! Forse quelle anime pie se ne facevano un vanto, pensando, sulla linea di quel che avrebbe detto più tardi Bernardo di Chiaravalle, che il Crociato uccide il peccato, non il peccatore. Quel sangue però era dei peccatori, non del peccato.
Storia, Storia, lasciamola perdere! Invece c’è qualcuno che alle recriminazioni dei fondamentalisti islamici d’oggi non si perita di rispondere da fondamentalista “cristiano”. Afferma che tutte le Crociate furono un atto di difesa dall’aggressione islamica. Innanzitutto, sembra confondere le Crociate propriamente dette con le varie campagne di difesa dagli attacchi all’Europa provenienti dal modo islamico, si tratti di Arabi o di Turchi ( si pensi alle scorrerie che minacciarono più d’una volta Roma nei secoli dell’Alto Medioevo, oppure, specie dopo la presa di Bisanzio ad opera di Maometto II, all’aggressività dell’Impero Turco, rintuzzata a Lepanto nel 1571 e a Vienna nel 1683). Queste sì sì erano forme di legittima difesa. Portare la guerra in Terrasanta, no: proprio quanto  le Crociate intendevano fare, magari falciando anche qualche ebreo durante il viaggio, com’era giusto  contro il popolo deicida.  Ma dove hanno studiato questi signori? Forse, visto che sono sostenitori delle rivendicazioni venetiste, dimenticano che proprio Venezia, nella storia delle Crociate, fra tanti episodi carichi di orrore, si è riservata forse la  pagina meno onorevole. Anno 1202, la Serenissima accetta di mettere a disposizione le sue navi per la Quarta Crociata, a patto però che, prima di raggiungere la Terrasanta, le truppe le diano una mano a domare la ribellione di Zara. Affare fatto, cristiani contro cristiani. Ma c’è di peggio, molto peggio. A Zara il principe bizantino Alessio si presenta ai Crociati chiedendo anche lui un favore:  dovrebbero aiutarlo a riconquistare il trono imperiale occupato dall’usurpatore Isacco. Affare fatto ancora una volta. Vengono rimessi sul trono i legittimi regnanti, ma a Bisanzio Veneziani e Crociati si comportano con tale arroganza che la popolazione si ribella. La spedizione in favore del legittimismo imperiale si trasforma in una guerra contro l’Impero di Bisanzio. Di nuovo, cristiani contro cristiani. Sulle macerie della monarchia bizantina si instaura l’Impero Latino d’Oriente. Dal saccheggio della gloriosa capitale i Veneziani si accaparrano tante preziose opere d’arte, fra cui i famosi cavalli che adornano (ora in copia) la facciata della cattedrale di San Marco… Il solco fra cattolici e ortodossi si approfondisce. Guerra agli infedeli? Vogliamo scherzare? Da quel momento cominciano anche le Crociate  volute e benedette, con mandato esplicito, dal papato per far guerra ad altri cristiani, come la famigerata Crociata degli Albigesi, che distrusse la meravigliosa civiltà provenzale dei trovatori.
Sapete come vengono giustificate moralmente le Crociate dai medesimi signori di cui sopra? Era un diritto, anzi un dovere dei cristiani andare a recuperare i luoghi santi, conquistati dagli infedeli con atti di violenza. Andiamoci piano! Che la religione di Maometto teorizzi la lotta armata, con tanto di conquiste tereritoriali, contro gli infedeli, è innegabile. Che i territori dove hanno sede i luoghi santi   fossero, prima della conquista araba, sotto la sovranità dell’impero Romano, è altrettanto innegabile. Ma quale Stato non è il frutto di violenze e conquiste territoriali? Non si può ragionare come si farebbe per la proprietà privata, la cui legittimità può essere provata o negata sulla base di prove concrete. Nessuno Stato è legittimo sulla base di principi universali validi in assoluto, ma solo per dichiarazione autoreferenziale! (E’ vero, oggi c’è l’ONU a legittimare gli Stati. Ma l’ONU è formato da Stati che a loro volta si sono autolegittimati). Forse che i Romani non avevano conquistato l’Oriente, Palestina inclusa, con atti d’aggressione? L’Impero Romano, dopo Costantino, diventa cristiano, quindi legittimo? “Cristiano” sì, cristiano no. Quello è proprio il momento in cui Cristo scappa e dall’Impero e dalla Chiesa. Il potere che aveva mandato a morte Cristo nella persona di Ponzio Pilato diventa santo, il popolo di cui Cristo era figlio diventa deicida, solo perché alcuni suoi capi (di allora) e un pugno di mascalzoni ne avevano chiesto “democraticamente” la crocifissione. E allora? Allora, Dio lo vuole, come diceva quello scalmanato di Pietro l’Eremita. Vuole che si accoppino gli infedeli, e fra gli infedeli ci sono anche i perfidi Giudei. “Tantum religio potuit suadere malorum”, a tanto male potè indurre il fanatismo religioso. Lo dice un epicureo come me, il sommo Lucrezio, a proposito del sacrificio di Ifigenia. Ma quelli erano dèi pagani! Forse, però lo Jahvé dell’Antico testamento, così simile all’Allah dei musulmani, non scherzava neppure lui: Il sacrificio di Isacco assomiglia anche troppo a quello di Ifigenia…
Per concludere, non è il caso di lasciarle perdere queste vecchie malinconie, e badare all’oggi?

Giovanni Tenorio

Libertino

Un pensiero su “Fanatici islamici contro fanatici (e statalisti) cattolici

  • Alessandro Colla

    Sì, però il sacrificio di Isacco poi non avvenne. Dio scherzava, era Abramo che prendeva tutto troppo sul serio.

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