Confusione e contorsione concettuale
Un bel guaio, quando si usano certe parole dando per scontato che tutti le intendano allo stesso modo e che il loro significato sia così limpido da non ammettere ambiguità. Pensate al termine “democrazia”. Non è forse il “governo del popolo”? Indubbiamente, questo è il significato etimologico. Ma c’è una bella differenza fra la democrazia degli antichi Ateniesi, che escludeva le donne, gli schiavi e gli stranieri ma in compenso vedeva il popolo protagonista di ogni scelta attraverso il voto diretto in assemblea, e la democrazia liberale dei giorni nostri, in cui il popolo delega il potere ai suoi rappresentanti, può intervenire ogni tanto nell’azione politica attraverso i referendum e poi per un certo numero di anni se ne sta in un cantuccio, lasciando che siano governo e parlamento a decidere. Per non parlare delle cosiddette democrazie popolari dei sistemi comunisti, dove era il partito unico a governare nel nome del popolo, che doveva soltanto obbedire per il bene della causa. Quanti equivoci, in buona e più spesso in mala fede, sono derivati e continuano a derivare dalla confusione di questi significati! Qualcuno continua a dire che gli antichi Greci hanno inventato la democrazia, sottintendendo, a torto, che le democrazie liberali d’oggi siano la continuazione, o meglio la riproposta delle democrazie antiche. Basterebbe aver letto Benjamin Constant per rendersi conto che non è così. Quanto alle democrazie popolari, quando ancora vigeva il sistema sovietico molti suoi ammiratori dicevano che la vera democrazia era quella, fondata sull’eguaglianza sostanziale, anziché sull’eguaglianza meramente formale dei sistemi capitalistici. Proprio come conseguenza dell’ambiguità di fondo propria del termine che designa l’oggetto del contendere, Giovanni Sartori e Luciano Canfora possono parlare della democrazia esprimendo giudizi diametralmente opposti. A loro però va riconosciuta l’onestà intellettuale di definire in via preliminare ciò di cui intendono trattare: per Sartori è la democrazia liberale, che, pur imperfetta come tutte le cose umane, ha raggiunto una sua compiutezza e merita di essere conservata per quello che è; per Canfora è invece un ideale di eguaglianza sostanziale che rimane ancora nei voti, e finora nel corso della Storia non è stato raggiunto, nonostante i tentativi, per alcuni aspetti generosi, per altri tragici, di chi si è battuto per attuarlo.
Un altro termine su cui si gioca senza ben sapere di che cosa si parla è “inflazione”. Anche qui il significato etimologico sembra inequivocabile. “Inflatio” in latino è il “gonfiamento”, inteso di solito nel senso materiale del termine, come edema, enfisema o qualcosa di simile. Oggi è diventato un termine dell’economia e della finanza. Di solito viene inteso come aumento generalizzato dei pressi, ma è proprio così? No. L’aumento generalizzato dei prezzi può essere uno degli effetti dell’inflazione, che molto spesso avviene, ma non sempre. Volete un esempio? Grazie alle famigerate politiche della BCE, di cui Mario Draghi è stato il principale artefice, negli anni passati furono immesse nel sistema monetario europeo valanghe di moneta creata ex nihilo, con semplici operazioni contabili, al duplice scopo di fermare, da un lato, il progressivo aumento dei rendimenti dei titoli di debito pubblico di alcuni Paesi, Italia in testa, rispetto ai parametri del debito pubblico tedesco, preso come modello virtuoso (il cosiddetto “spread”), dall’altro di provocare un aumento generalizzato dei prezzi, vicino al 2% annuo, come misura per rimettere in moto un’economia ancora stagnante dopo la crisi innescata nel 2006 dall’ implosione di un sistema economico-finanziario tossico e truffaldino. Ebbene, il primo obiettivo fu raggiunto, il secondo no. Eppure la quantità di moneta in circolazione era decisamente inflazionistica! Come mai? Probabilmente, l’aumento dei prezzi non si ebbe per due motivi: in primo luogo, la stragrande maggioranza di quella massa monetaria finì non nel mercato degli investimenti, dei consumi e dei servizi, ma nella speculazione borsistica. Si giunse così al paradosso di titoli azionari che giungevano alle stelle, specialmente nei comparti dell’industria più avanzata, mentre l’attività produttiva (i cosiddetti “fondamentali”) continuava a languire. In secondo luogo, è molto probabile che il potenziale aumento dei prezzi sia stato compensato dal calo dei costi del lavoro dovuto all’introduzione delle tecnologie elettroniche nella produzione industriale.I prezzi, quindi, anziché aumentare, rimasero fermi (non chiedetemi perché un aumento generalizzato del 2% dei prezzi avrebbe dovuto rimettere in moto la crescita economica.Non lo so, no l’ho mai capito e nessuno me l’ha mai saputo spiegare.So soltanto che alla fine degli anni Cinquanta dello scorso secolo, al culmine del “boom” economico italiano, i prezzi anziché aumentare calavano).
Da che cosa deriva la confusione fra “inflazione” e “aumento generalizzato dei prezzi”? Da una cattiva lettura di David Ricardo, l’economista che per primo mise in luce il rapporto fra crescita indiscriminata della moneta e aumento dei prezzi. Il ragionamento di Ricardo, ridotto all’osso, è lineare e inconfutabile: se aumenta la massa monetaria ma la quantità di beni disponibili sul mercato rimane la stessa, i prezzi non possono che aumentare, perché la moneta in sé non produce ricchezza, ma si limita a misurarla. Se l’unità di misura viene alterata, il valore cambia. Una lunghezza può misurare un metro o cento centimetri o mille millimetri. Ma rimane la stessa. Ricardo però non ha mai detto che l’inflazione, così intesa, generi sempre aumento dei prezzi, o che l’aumento dei prezzi sia sempre prodotto dall’inflazione. Spesso è così, ma non sempre.I due fenomeni vanno tenuti distinti.Eppure sono non soltanto i giornalisti “esperti” a perpetuare la confusione, ma anche gli economisti più accreditati. Cosicché, nel pensiero dominante, l’equazione inflazione=aumento dei prezzi rimane indiscussa.
L’aumento generalizzato dei prezzi andrebbe denominato non “inflazione”, ma “aumento del costo della vita”, lasciandone impregiudicata la causa. Tale aumento del costo della vita, in Europa e negli Stati Uniti, al momento è un dato di fatto, dopo anni in cui i prezzi rimanevano fermi, a dispetto delle autorità monetarie che manovravano per farli aumentare immettendo continuamente nuova moneta nel sistema. Possiamo a questo punto parlare di “inflazione”, o meglio di “effetto dell’inflazione”? Forse negli Stati Uniti, se le cose stanno in questo modo, l’intervento della FED per raffreddare l’economia alzando i tassi di interesse può avere una sua logica: è l’intervento classico dei banchieri centrali quando si presume che l’aumento dei prezzi sia la conseguenza dell’inflazione propriamente detta: troppa moneta in circolazione a fronte di un sistema produttivo che non può più star dietro alla domanda di nuovi beni e servizi. Alzando i tassi, si produce un raffreddamento. L’aumento dei prezzi si ferma. In Europa le cose stanno nello stesso modo? Non si direbbe.L’aumento del costo della vita è la conseguenza di una politica estera che si è schierata con gli Stati Uniti e con la NATO nella guerra di Putin contro l’Ucraina. Le sanzioni contro Putin, anziché danneggiare la Russia, sembrano aver dato nuovo impulso alla sua economia, che è cresciuta, in un anno, molto più di quella dei più solidi Paesi europei.In compenso, l’Europa rimane in uno stato di stagnazione economica a causa del prezzo delle materie prime e dei prodotti energetici, che la Russia forniva a buon mercato, mentre ora devono essere richiesti ad altri fornitori, che spuntano prezzi molto più alti (si pensi al gas liquefatto degli Stati Uniti: una pacchia per lo zio Sam, una batosta per l’Italia). E’ questa la causa prima dell’aumento del costo della vita. Se aumenta il costo dell’energia e delle materie prime, è inevitabile che tale costo si rifletta sui prezzi dei prodotti finali.”Inflazione”? Ma neanche per idea! La BCE imita la FED aumentando i tassi di interesse.U sa la stessa medicina per una malattia diversa. Una medicina che può mandare al creatore il paziente.
Davanti allo spettro della cosiddetta “inflazione” il governo italiano balbetta. Si parla di blocco dei prezzi, in accordo con le associazioni di categoria.Di solito, è un rimedio peggiore del male.Che in situazioni come quella che stiamo vivendo si aprano molti spazi per manovre truffaldine da parte degli esercenti è un dato di fatto ( sul Lago di Como, in un bar è stato chiesto un sovrapprezzo di 2 euro per tagliare in due un ttramezzino!) Basta aprire gli occhi e colpire a norma di legge chi sgarra. Ma pretendere di rimediare attraverso la fissazione di limiti ai prezzi in una situazione di aumento generalizzato di cui è difficile individuare le cause specifiche, che possono essere di diversa natura, è illusorio e controproducente. “Difendi la tua spesa, telefona al governo”: vi ricorda niente? Sono passati parecchi decenni da quei tempi.Vogliamo ripeterne i nefasti? Alcuni esercenti, quando si accorsero che il”tetto” fissato per legge era superiore ai prezzi da loropraticati, non esitarono ad aumentarli fino al limite consentito. Bel risultato, non c’è che dire.Un rimedio peggiore del male. La Storia non insegna proprio niente. Nell’anno 303 d.C. l'”Edictum Diocletiani de pretiis rerum venalium” fissava con precisione i prezzi di tutti i beni e servizi, nonché la misura delle retribuzioni.Comminava addirittura la pena di morte ai trasgressori. Fu un fallimento. I prezzi continuarono ad aumentare.Allora erano proprio conseguenza dell’inflazione propriamente detta. Per finanziare le enormi spese dell’amministrazione imperiale, in primis quelle per il mantenimento degli eserciti, si immetteva nel mercato moneta di valore intrinseco sempre più scadente.
Un altro bel provvedimento del governo Meloni è l’imposta sui super profitti delle banche. Nella mia ignoranza, non ho ben capito come faranno a calcolarli. E’ una delle solite rapine, anche se questa volta inflitta non a tutta la popolazione, con danno delle classi più umili, come ai tempi del famigerato governo Amato del 1992, ma a una categoria piuttosto invisa, che sono il primo a non voler difendere. Quale sarà il risultato? Probabilmente una contrazione del credito, con effetti negativi su un’economia già per molti aspetti in affanno. Intanto, i prezzi continueranno a volare. Anche i tassi d’interesse sui mutui. Allegria!
Una volta negli articoli di DJ non c’erano mai errori, neppure di battitura. Ultimamente non è più così e qui ho indossato la grammar-nazi uniform e mi sono messo a contarli: una ventina circa, credo dovuti soprattutto ad una barra spaziatrice difettosa.