Don Giovanni

Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla

Molto rumore per nulla in seguito a due interventi dello storico Alessandro Barbero, di ben diversa natura. Qualcuno è giunto a dire che è crollato un mito. Ma quale mito. Barbero non è mai stato un mito. È un bravissimo professore di Storia Medievale, divenuto popolare grazie alle sue conferenze, diffuse anche attraverso molti video in rete, in cui dimostra di essere non soltanto un fine studioso, ma anche un intrattenitore di vaglia, capace di rendere gustosi anche argomenti ostici e di rendere la Storia affascinante come un romanzo, senza per nulla indulgere a facilismi e banalizzazioni; e anzi, riuscendo molto spesso a dimostrare la falsità di molte opinioni che pur continuano a circolare come se fossero indiscutibili, ad esempio la pratica dello Jus primae noctis in età feudale o la credenza, in epoca medievale, che la terra fosse piatta. Bellissimi alcuni suoi saggi, anche di Storia Moderna, primo fra tutti quello sulla battaglia di Caporetto.

Chiamarlo un “mito” sarebbe offensivo. Non è un guitto, non è un cantante di canzonette, non è un “influencer”. I miti, oggi, sono quelli. Ha più volte dichiarato di essere comunista, pur disapprovando la dittatura sovietica. Ha respinto l’equiparazione di Nazismo e Comunismo, su un piano puramente ideale. Qualcuno ha storto il naso. Non vedo perché. Idee rispettabilissime. Ma che cosa ha suscitato tanto scalpore? La sua prima esternazione, in effetti, non è stata del tutto felice. Ha difeso un’opinione espressa da un suo illustre collega, che sminuiva la gravità dei massacri nelle Foibe, dichiarando improponibile il raffronto con le vittime della Shoah e bollando l’introduzione della “Giornata del Ricordo”  come del tutto strumentale al pensiero di chi vorrebbe mettere sullo stesso piano quelli che combattevano dalla parte giusta e quelli che combattevano dalla parte sbagliata. Va dato atto a Barbero di avere poi corretto il tiro e di non aver disconosciuto l’opportunità della”Giornata del ricordo”.

L’altra esternazione riguarda il famigerato “green pass”, ed è quella che forse ha suscitato più polemiche. Ha detto che è un’ipocrisia: se si ritiene che il vaccino sia indispensabile per combattere la pandemia, lo si renda obbligatorio. Non vedo proprio che cosa ci sia da obiettare. Gramellini, sul “Corriere della sera”, in uno dei suoi articoli più scadenti, cerca di ritorcere l’accusa di ipocrisia su chi l’ha pronunciata. Se Barbero ritiene che il vaccino sia indispensabile – dice – esorti i suoi studenti a vaccinarsi! Che ragionamento del piffero. Barbero non ha preso posizione sull’utilità del vaccino. Ha detto quello che il governo dovrebbe fare, in base al dettato costituzionale, se  ritenesse necessaria la vaccinazione obbligatoria. Il resto è chiacchiera. Mi si permetta, una volta tanto, di lasciar perdere i vaccini e di tornare sull’altra questione, quella delle “feste” e delle “giornate” commemorative. Sapete che vi dico? Io ripristinerei tutte le festività religiose che un cattolicissimo, probabilmente ateo, presidente del Consiglio, qualche decennio fa, pensò bene di spazzar via, con il beneplacito della Santa Sede, per una ragione, a suo dire, economica, quella di dare un impulso alla produttività, aumentando il numero delle giornate lavorative, in un momento di relativa stagnazione. In quell’occasione furono cancellate anche alcune festività civili, come il 4 Novembre, anniversario della vittoria. Mi sta benissimo aver cancellato il 4 Novembre (giornata di lutto, non di festa, come diceva il grande Pannella), non mi sta per niente bene aver cancellato le festività religiose; deploro che la Chiesa possa aver accettato un simile scempio. Proprio io, l’ateista fulminato, faccio un’affermazione del genere? Sì, proprio io. Nel nome di una tradizione che va rispettata, anche dalle canaglie come me. Nei giorni di San Pietro e Paolo o del Corpus Domini io approfittavo della vacanza, che mi faceva comodo, per andare a caccia di donzelle. I credenti andavano alle funzioni religiose e si dedicavano (non tutti, anzi pochini pochini) alla preghiera. La produttività poteva andare a farsi fottere. 

Una parentesi. In questi giorni una sentenza bislacca della Cassazione a sezioni unite ha stabilito che si può esporre il crocifisso nelle aule scolastiche a patto che tutte le componenti dell’istituto siano d’accordo, e che accanto al simbolo cristiano si possano esporre anche simboli di altre fedi religiose. Io alla Cassazione farei un pernacchio. Non ha avuto il coraggio di dire no al crocifisso, in nome della laicità, come in Francia, oppure sì, perchè, come disse un grande poeta oggi piuttosto misconosciuto, “dove non entra il cittadino Cristo non entra il cittadino Parini”. Sapete come risolverei io la questione? Si possono esporre simboli cristiani, purché riproducano grandi opere d’ arte: il crocifisso di Cimabue nella chiesa di San Domenico ad Arezzo, il Calvario o il Cristo morto del Mantegna, le Pietà di Michelangelo, le Madonne di Raffaello, e chi più ne ha più ne metta. Per il miscredente come me saranno soltanto grandi opere d’arte, che è giusto esporre in una scuola per farle conoscere agli studenti (la scuola deve essere repressiva, per reprimere l’ignoranza, diceva Pasolini), per il credente saranno anche, e soprattutto, segni di fede. Ciascuno a suo modo, e liberi tutti. Chiusa parentesi. Torniamo alle feste.Quelle civili le abolirei tutte. Quanto alle “giornate”, alcune mi fanno venire il voltastomaco. Non parlo soltanto di quelle commerciali, la festa del papà, della mamma, del nonno, della nonna, dello zio, dei nipoti e dei pronipoti, che fanno semplicemente ridere: non mette conto parlarne. Passiamo a quelle più serie. Prendiamo la “Giornata della donna” . E’ costruita su un falso storico, che pur si continua a ripetere. Proprio perché amo le donne, io le ricordo tutti i giorni, non soltanto in quella giornata. E dovrebbe essere così per tutti. L’ultima arrivata è  la giornata contro l’omofobia, la transfobia e tutte quelle cose lì. Omosessuali, transessuali e affini vanno rispettati in qualsiasi giorno. Le loro tendenze e i loro gusti sono dati squisitamente personali. Fermo restando che, se un buon cattolico dice o scrive che l’omosessualità è un disordine morale, non per questo deve essere denunciato come omofobo. Ripete quel che diceva San Paolo, che con la sessualità in genere doveva avere qualche problema. Censuriamo anche le sue lettere?

Diverso il discorso per la Giornata della Memoria e per la Giornata del Ricordo. Commemorano fatti storici atroci, una vergogna dell’umanità. Lungi da me l’idea di volerlo negare. Però abolirei anche quelle. Troppo comodo ricordare quelle tragedie solo in quei giorni, e poi mettersi il cuore in pace per aver fatto il proprio dovere. Non si può andare a Messa la domenica e poi andare a puttane in tutti gli altri giorni. La Shoah e le Foibe dovrebbero essere indelebilmente scolpite nelle nostre menti e nei nostri cuori. Per questo è necessario far studiare la Storia, e farla studiare bene, cominciando proprio dalla Storia Contemporanea. Purtroppo, dopo la Geografia, anche la Storia nelle scuole di questo povero Paese sta facendo una brutta fine. Una volta si correva sempre il rischio di cominciare dagli Egizi e dai Sumeri senza fare in tempo, alla fine del corso di studi, a studiare la Storia Contemporanea. Sarebbe bene allora cominciare dalla Storia Contemporanea per andare a ritroso, fino al più lontano passato. Se non si riuscirà a studiare bene i Sumeri e gli Egizi, pazienza. Ma la Shoah e le Foibe, e tutti gli altri orrori dei tempi moderni, non ultimo il genocidio degli armeni, vanno studiati a fondo, perché non si ripetano più. “Chi non conosce la Storia è condannato a ripeterla”, diceva Edmund Burke. Poi, andando indietro nel tempo, si potrà magari scoprire che simili orrori capitavano anche nel passato. Pliniio il Vecchio ci dice che in Galllia Cesare compì un vero e proprio genocidio (un milione di morti), anche se questo termine allora non esisteva. Strano che nessun fautore della cosiddetta cancel culture  abbia finora preteso che venga cancellata la dedica al dittatore romano da strade e piazze a lui intitolateUna Storia narrata a ritroso, come nelle scuole dell’Impero Austro-Ungarico, e come proponeva il compianto Vittore Branca? Un’utopia. Altro che cancel culture, arriveranno a cancellare tutto l’insegnamento della Storia nella scuola pubblica. Servono sudditi, senza coscienza storica, così è più facile plasmarli. “Inglese, impresa, informatica”, diceva quel signore ora ridotto a un bambolotto di gomma, che ha il coraggio di sostenere a spada tratta l’infame governo Draghi, dichiarandosi liberale. Il povero Luigi Einaudi si rigira nella tomba. 

Giovanni Tenorio

Libertino