Don Giovanni

Troppa prudenza

“La prudenza non è mai troppa!” disse il ragazzino al suo compagno di banco che lo irrideva per aver chiuso a chiave la cartella rimasta sotto il banco, prima di uscire con tutti gli altri dall’aula per scendere in palestra a far lezione di ginnastica. Era capitato che, qualche giorno prima, proprio approfittando di un’aula rimasta spopolata per la medesima ragione, un ragazzo di un’altra classe vi fosse entrato a rubare alcune penne stilografiche di pregio (allora si usavano, ed erano una sorta di “status simbol”, oggi sarebbero reperti archeologici) lasciate sventatamente in bella mostra sugli scrittoi. Il preside aveva minacciato sanzioni severe se il caso si fosse ripresentato, ma i furti si  erano ripetuti. Sta di fatto che, quella volta, quando gli alunni, finita la lezione di ginnastica, ritornarono nella loro aula, il ragazzo tanto prudente si accorse che gli era stata rubata non la penna, ma tutta la cartella. E il compagno, che prima non aveva saputo che cosa replicare: “C’è anche la prudenza dei somari. Forse per non farsi rubare una penna stilografica costosa la cosa migliore è non vantarsi di portarla con sé, e venire a scuola con una penna da quattro soldi”.

Scusatemi, amici miei, ho il vezzo di parlare in parabole. Lungi da me la presunzione di assomigliare a Qualcuno. Tanto più che, come faceva quel Qualcuno, anch’io sono costretto poi a spiegare le parabole ai miei pochi intimi, quei venticinque lettori (forse anche un po’ meno, visto che con la mia linguaccia me ne devo essere inimicati più d’uno) che, in ogni caso, sono più dei Dodici, tra cui c’era un tale ben poco affidabile. Bando alle ciance, dove voglio andare a parare? Spiego subito. In questi giorni si parla tanto di vaccini. Mi è capitato di leggere anche un’intervista al farmacologo Silvio Garattini, che ho sempre stimato ed ebbi il piacere di conoscere personalmente qualche decennio fa. Anche lui, come altri, afferma che, se il vaccino contro la Covid 19 sarà pronto fra pochi mesi, sarà prudente approfittarne. Di più: sarà bene senz’altro vaccinarsi anche contro la normale influenza, sempre a titolo di precauzione. Come diceva quel ragazzino che si portava a scuola la penna d’oro e poi la chiudeva in cartella, la prudenza non è mai troppa. Il ragionamento sembrerebbe inoppugnabile. Il principio di precauzione è frutto di un atteggiamento razionale: non bisogna tenere comportamenti che, a una valutazione ponderata, risulterebbero piuttosto rischiosi. Quindi, se esiste un vaccino i cui effetti collaterali risultano lievi, mentre a sua efficacia è stata dimostrata abbastanza buona, vale la pena di assumerlo senza nutrire paure irrazionali; è bene anche assumere il normale vaccino anti-influenzale, per proteggersi da altri virus e rendere meno complicate le diagnosi. Tutto giusto, però, però… Nella stessa intervista sullo stesso giornale si fa presente all’illustre scienziato che, secondo alcuni studi promossi dai responsabili dell’esercito USA, pubblicati su riviste specializzate e rintracciabili anche in rete, per quel fenomeno che i tecnici chiamano “interferenza virale” risulterebbe che chi ha assunto il normale vaccino anti-influenzale avrebbe un 36% in più di probabilità di contrarre la Covid 19. Risposta: sono studi non definitivi. Si badi bene: non si dice che sono bufale, o che la ricerca è stata condotta con metodi scientificamente inaffidabili. Si dice solo che il problema andrebbe approfondito. Una posizione analoga sostiene, sullo stesso giornale, una dottoressa di cui non ricordo il nome. Ma allora, signori miei, dove va a finire il tanto sbandierato principio di precauzione? Se bisogna bilanciare rischi e benefici, mettersi nella condizione di poter contrarre con maggior facilità la COVID 19 quando  il proposito è quello di di difendersene, non è una contraddizione evidente? Quando leggo certe affermazioni, molte volte mi gratto la testa. Forse le mie cognizioni filosofiche sono traballanti e antiquate. Sono rimasto fermo ai principi di non contraddizione e del terzo escluso. Non riesco ad andare più in là dei più semplici sillogismi aristotelici. So che la logica moderna ha messo in crisi tante certezze del passato. Ci vorrebbe il professor Piergiorgio Odifreddi per chiarirmi le idee. Al mio basso livello di erudizione, continuo a pensare che il principio di precauzione, se vien considerato valido, deve essere applicato sempre, e non quando fa comodo. Sarò un ciuccio, ma rimango dell’idea che vaccinarsi contro l’influenza con il rischio di beccarsi la Covid è come portare a scuola una penna d’oro facendolo sapere a tutti, e chiuderla in cartella, con il rischio di vedersi portar via la cartella intera. Non è provato in via definitiva, ma può capitare.Non vorrei essere bollato come un no-vax. In questa atmosfera mefitica in cui domina il dogma del “politicamente corretto”  se si chiamano “negri”, come si è sempre fatto in Italia senza alcun intento dispregiativo, quelli che hanno la pelle scura, si rischia di essere messi al bando dall’umano consorzio, ma se ci si permette di affermare che l’emergenza è finita e il virus non è più pericoloso si viene bollati come “negazionisti”: un termine infame, che finora è stato riservato a chi nega il genocidio perpetrato da Hitler. Molto più corretto, invece, a me pare, chiamare fascismo sanitario quello che il popolo italiano sta subendo con il beneplacito dei più e l’avallo di quel signore che dovrebbe essere il garante della costituzione più bella del mondo. Dei vaccini so poco o niente. Non mi permetto di esprimere giudizi su quel che non so. Proprio per il principio di precauzione, però, bilanciando rischi sicuri e presunti benefici, mi permetto di non fidarmi di prodotti preparati nel giro di pochi mesi, con sperimentazioni affrettate, e commercializzati, tra l’altro, da un’impresa come la Sanofi che proprio in questi giorni è finita sotto processo per omicidio colposo, avendo messo sul mercato un farmaco per le donne in gravidanza che può avere effetti mortali e provocare malformazione nei feti. Voi comprereste un etto di prosciutto da un pizzicagnolo che sapete finito sotto processo per aver venduto  burro avariato ai malcapitati clienti, costretti a casa  con la cachetta per una settimana ? Io no.  Questo non significa che io sia contrario a mangiare prosciutto; quello buono, però. Perciò, per favore, non mi si bolli come no-vax. Sono contrario al vaccino obbligatorio, questo sì. Uno deve poter comperare il prosciutto dal pizzicagnolo imbroglione, purché sia un diritto, non un dovere (il famoso diritto-dovere di cui parlano i legulei è un altro bel vulnus alla logica aristotelica).Mi capita proprio ora sotto gli occhi un articolo di Stefano Agnoli, sul “Corriere della sera”, dal titolo: “Il vaccino può sconvolgere i mercati”. Si tirano in ballo future pandemie, modelli di vita da modificare, cambiamenti climatici, la solita zuppa indigesta. Quel che si capisce è che dietro ci sono interessi economici colossali. Il peggior capitalismo, quello che Tremonti chiama “mercatismo”, mentre  è l’esatto contrario di quell’economia di mercato che piaceva a Bastiat e non dispiaceva neppure a Proudhon. Lo stesso linguaggio disonesto di chi chiama “negazionisti”  persone come Zangrillo, Bacco o Gismondi, solo perchè dissentono dalla vulgata dominante.

Giovanni Tenorio

Libertino

2 pensieri riguardo “Troppa prudenza

  • Mi sembra che gli studi sulla “interferenza vaccinale” siamo molto poco documentati e che sia poco opportuno azzardare una stima numerica. Quel numeretto cosi preciso (36%) è ridicolo: in che modo è svolto uno studio clinico? Su quale base? Su quale popolazione? Come sono stati reclutati i malati, considerando che gli affetti dal virus del raffeeddore sono o “occulti” oppure in totale isolamento? A quale tipo di vaccino influenzale si riferisce? Viene il dubbio che chi è più esposto alla possibilità una deriva clinica della banale influenza (ed essendone consapevole è più propenso all’uso del vaccino) lo sia anche per il virus del raffreddore forte. Mi sembra di intuire lo stile della solita abile retorica antivax (mi riferisco agli pseudoscienziati come Montanari o Bolgan, e tutta l’area “Corleva”: usano lo stesso metodo della controparte che vorrebbe i vaccini di Stato).

    Penso che la realtà sia molto più semplice: il principio di funzionamento di un vaccino è una certezza scientifica, ma l’efficacia è correlata alla “identificabilità” del virus da parte del sistema immunitario. La sicurezza del vaccino è fuori discussione, mentre non è detto che lo sia quella del substrato, ma le sperimentazioni forniscono garanzie più che adeguate, purchè vengano svolte in modo rigoroso. Questo avviene certamente per il vaccino anti influenzale ma il sentimento popolare (e democratico, in senso negativo) vorrebbe che cosi non fosse per “l’urgenza” di fermare la piaga (inesistente) del Coronavirus versione 2019. Probabilmente, saltare la sperimentazione (che costituisce la quasi totalità del costo di sviluppo di un farmaco) farebbe comodo anche alle aziende farmaceutiche.

    La migliore garanzia perchè tutto avvenga nella massima trasparenza è la NON obbligatorietà, ancora meglio sarebbe se lo Stato (a tutti i livelli) si disinteressasse della questione vaccino, che non è altro che un problema di “domanda” e “offerta” (di un servizio medico). Sulla base di questa conclusione, vedo che i solidi principi anarchici mi fanno convergere con l’opinione del mio padrone Don Giovanni.

  • Alessandro Colla

    Mercatista dovrebbe essere un termine valorizzante, non un insulto; il contrario di mercantilista. Appartenendo a quest’ultima categoria, Tremonti si dimostra involontariamente coerente: un fascista inconsapevole.

I commenti sono chiusi.