Don Giovanni

Profezie e condizionatori: “a volte ritornano”.

Per fortuna è tornato, con il suo volto spettrale, ancor più devastato dalla vecchiaia che avanza. Ne sentivamo davvero il bisogno, rischiavamo di cadere in preda a una crisi di astinenza. Ricordate i bei tempi in cui ci confortava dichiarando che se non ti vaccini muori e fai morire, mentre se assumi lo specifico del dottor Dulcamara salvi te stesso, i nonni, i nipotini e l’umanità intera? Uno che le spara così grosse da una cattedra così prestigiosa come quella di Presidente del Consiglio dovrebbe finire in galera per diffusione di notizie false, esagerate e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico e procurato allarme, con tutte le aggravanti del caso. Invece, solo incenso, da parte di un’informazione di regime i cui servi – sedicenti giornalisti, in realtà lecchini del potere – non si vergognavano, nelle conferenze stampa, di accogliere con scroscianti applausi  un così losco figuro, invece di sottoporlo a un fuoco di fila di domande imbarazzanti, come sarebbe compito di un giornalismo serio, degno di questo nome. E ricordate la macabra barzelletta secondi cui, sempre secondo le sue parole oracolari, bisognava rinunciare al condizionatore per mettere in ginocchio la Russia? La pace val bene un’estate a boccheggiare per il caldo! La realtà effettuale, quella che piaceva a Machiavelli, l’ha smentito nel giro di poche settimane, ma nessuno l’ha preso a pernacchie. Anzi, sui giornaloni di regime si continuava a spargere panzane: i russi erano a corto di armi, a costo di dover combattere con i bastoni e le pale dei forni. Non avevano più componenti per le armi tecnologicamente avanzate, al punto di doverseli procurare smontando frigoriferi e lavatrici. E chi li smentiva, era un filo-putiniano  che finiva con tanto di foto, nome e cognome sulle prime pagine dei medesimi giornaloni, esposto al ludibrio di un pubblico ormai decerebrato. Perché, eh, sì, in un Paese libero la libera informazione è il sale del progresso non soltanto economico, ma anche morale e spirituale. E’ il vanto dell’Occidente, dove tutto va per il meglio nel migliore dei modi possibili.

Finalmente è tornato, il signore dalla faccia di menagramo, grazie ai buoni uffici della sua amichetta Ursula von der Leyen, che in qualità di presidente della Commissione Europea lo ha incaricato di redigere un “report” (così si dice oggi nella lingua dei padroni del mondo, che non è quella di Shakespeare, ma quella orrida della finanza internazionale; dire “rapporto” o “relazione” è da provinciali) sullo stato dell’Unione. Ne è uscito un mattone di quattrocento pagine che subito ha conquistato il plauso di tutti, come c’era da aspettarsi. Che cosa dice il Nostro in queste pagine, che gli devono essere costate lacrime e sangue di lavoro diurno e notturno, ore sottratte alla cura dei nipotini, che sarebbe più consona alla sua condizione di nonno in pensione (ma forse, con quella faccia da babau, i nipotini li farebbe scappare: arriva il nonno, arriva il nonno, si salvi chi può)? Dice che l’Europa è in crisi, che se non si dà una mossa è perduta. La sua competitività, a fronte di quella dei colossi mondiali come USA e Cina è molto bassa, a causa di una produttività di gran lunga inferiore a quella delle potenze concorrenti. E allora, che fare? Investimenti massicci, nella misura di 800 miliardi di Euro all’anno, da finanziare soprattutto con titoli debito pubblico garantito dalle competenti autorità europee. I famigerati “Eurobond” tanto cari a quell’altro bel tomo di Tremonti (che fine ha fatto? Anche di lui sentiamo la mancanza), una sorta di estensione del MES e del Next Generation Eu. Chi comprerà questi titoli? Fondi di investimento, assicurazioni, banche e, si spera, famiglie: specialmente in Italia, il risparmio dei privati è molto elevato .Perché tenere i soldi sul conto corrente? Perché non un alternativa ai titoli di Stato nazionali?) E gli obiettivi di tanta impresa? I soliti: digitalizzazione, de-carbonizzazione, transizione green, lotta al cambiamento climatico. Un bel programma che fa tanto pensare a quei magniloquenti Piani Quinquennali dell’Unione Sovietica che terminavano sempre inesorabilmente in un fallimento, com’è inevitabile quando la mentalità ingegneristica dei pianificatori vuole sostituirsi alle dinamiche imprevedibili del mercato. Guardate che cosa sta capitando al piano per sostituire entro un periodo rigidamente stabilito gli autoveicoli a motore termico con quelli a motore elettrico. La domanda langue, le case automobilistiche entrano in crisi, per la prima volta nella sua storia un colosso come la Volkswagen si vede costretto a chiudere stabilimenti e a licenziare operai. Caduta della produttività, anche in una Germania che è sempre stata il motore dell’economia europea? I tedeschi non erano i migliori di tutti? Certo, finché potevano disporre di gas a buon mercato comperato dalla Russia, che arrivava soprattutto attraverso i gasdotti del Nord Stream. Poi, per mettere in ginocchio la Russia, qualcuno ha avuto la bella idea di farlo saltare in aria, il Nord Stream.Così la Germania deve pagare il gas, proveniente in gran parte dagli USA, pagandolo quattro volte tanto. Il signor Draghi prima contribuisce a bastonare l’Europa facendosi paladino di una rovinosa guerra alla Russia, a sostegno di un’Ucraina destinata a finire in polvere (in realtà come fautore di un disegno concepito oltre Atlantico, a vantaggio dell’economia USA con il sostegno di dissennati vassalli europei, per indebolire la Russia e l’Europa insieme: ma per la Russia hanno sbagliato i loro conti), e ora viene a proporre piani sovietici per rimettere in sesto un sistema della cui crisi è uno dei principali responsabili.

Ma non è tutto. Nel piano di Draghi c’è una polpetta avvelenata. Gli investimenti dovranno finanziare anche il potenziamento delle Forze Armate: l’obiettivo finale è quello di un esercito europeo, in un’unione che alla fine del percorso dovrà configurarsi come una vera e propria federazione, gli Stati Uniti d’Europa. Armati fino ai denti, perché, si dice, bisogna sventare il pericolo di un’aggressione. La Russia ci sta provando con l’Ucraina; se dovesse uscirne vincitrice, avrebbe la strada aperta per sempre nuove aggressioni. Davvero? L’è proprio tutta a rovescio, come diceva il buon Renzo Tramaglino all’avvocato Azzeccagarbugli. Finora è stata la Nato , contravvenendo ai patti a suo tempo sottoscritti, a muovere le sue batterie verso i confini della Russia. L’invasione dell’Ucraina può essere deprecata moralisticamente quanto si vuole, ma è la risposta di Putin a questo disegno di accerchiamento, dopo tanti vani tentativi di risolvere la questione sul piano diplomatico. Che interesse avrebbe la Russia a conquistare l’Europa? Si estende su un territorio sterminato, con una densità di popolazione piuttosto bassa. Non ha bisogno di conquistare spazio vitale, come la Germania di Hitler. Dispone di materie prime in abbondanza, non deve andare a rubarle ad altri. Sarebbe interesse comune di Europa e Russia un rapporto di buon vicinato, basato sul commercio. La Russia può fornire materie prime all’Europa, l’Europa può fornire alla Russia prodotti finiti di alto livello tecnologico. Dove passano le merci non passano i cannoni, diceva Bastiat. Proprio per questo, i mercanti di cannoni hanno tutto l’interesse a danneggiare i commerci pacifici. Sarà un caso che Draghi, avendo fatto carriera nei potentati della finanza internazionale, sia un amico di Black Rock, la regina dei fondi d’investimento che impiega i risparmi dei suoi clienti nell’industria farmaceutica e in quella bellica, tra loro strettamente legate? I più importanti mercanti di cannoni sono cinque, tutti quanti negli USA. Un’Europa che volesse investire i risparmi dei suoi malcapitati cittadini nella formazione di un esercito sovrannazionale dovrebbe acquistare gran parte del materiale tecnologico da tali soggetti. Tutto rientra nel disegno di indebolimento dell’Europa a vantaggio dell’economia USA.

Forse però in Europa qualcosa si sta muovendo. Non in Italia, dove pochi si preoccupano di una possibile, imminente guerra mondiale, e tutta l’opinione pubblica è catturata da squallide vicende interne, come quelle della Boccia, che ha promesso di dargliela a Sangiuliano in cambio di prestigiosi incarichi istituzionali, ma poi non li ha avuti e allora non gliel’ha data, ed è successo quello ch’è successo. La grande informazione di regime non lo dice, ma un po’ in tutta Europa le manifestazioni di piazza contro la politica europea si stanno facendo sempre più frequenti. Le ultime elezioni in alcuni Laender della Germania hanno avuto come esito il successo di partiti politici (subito bollati come neonazisti o neocomunisti) che avversano nettamente la guerra alla Russia e la devoluzione alla nomenklatura europea di quote sempre più consistenti  di sovranità nazionale. Di un esercito europeo non ne vogliono sapere. Secondo qualcuno, servirebbe non tanto a difendere l’Europa contro improbabili attacchi da nemici esterni, quanto a reprimere eventuali rivolte interne. Il monopolio della violenza di cui gli Stati sono titolari è sempre servito soprattutto a questo, non a difendere, ma a reprimere. Qualcuno (il cui cognome è tutto un programma) per dissuadere le manifestazioni anti-green pass arrivò ad auspicare la rinascita di Bava Beccaris.

Lasciatemi un pochini sognare, non costa niente. Io sogno un movimento anarchico a livello europeo che si faccia promotore di una forma di protesta concreta, consistente nel detrarre dalla dichiarazione dei redditi una percentuale dell’imposta dovuta corrispondente alle spese per armamenti in rapporto al PIL. Certo, i padroni del vapore, se l’iniziativa avesse successo, correrebbero subito ai ripari, per esempio con una direttiva che obblighi i singoli Stati a bloccare i conti correnti dei ribelli, come fece Justin Trudeau in Canada per stroncare la protesta dei camionisti contro le imposizioni liberticide e gli obblighi vaccinali al tempo del Covid. Ma intanto si provocherebbe scompiglio, la protesta potrebbe dilagare a macchia d’olio, i partiti antifederalisti e pacifisti potrebbero trionfare alle elezioni, e sarebbe difficile, una volta che avessero ottenuto un ampio consenso popolare, metterli fuori legge con il pretesto che sono filonazisti o filocomunisti, o perché discriminano i culattoni e le lesbiche, sono contrari all’aborto e non plaudono alle politiche di inclusione.

Mi fermo qui. Chi vivrà vedrà. Ma se, come temo, si arriverà davvero a una guerra mondiale, non so chi potrà vivere e vedere. Il legno storto dell’Umanità potrebbe bruciare una volta per tutte e il problema sarebbe risolto. 

Giovanni Tenorio

Libertino

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