Don Giovanni

Colpa dei terroni

Sapete di chi è la colpa se ha vinto il NO al referendum? Dei terroni e degli italiani provinciali che non hanno capito un’acca del capitalismo moderno, e sono rimasti ancorati a una civiltà contadina da “Albero degli zoccoli”. La prima sentenza viene da Chicco Testa, quel bel tomo che, formatosi fra gli ambientalisti, è finito non si sa bene come alla presidenza dell’Enel. Ha proclamato, in sintesi: Milano Bologna e Firenze hanno votato SI’; Bari Napoli Palermo Cagliari hanno votato NO. Come dire: chi è intelligente e sta al Nord ha votato bene, mirando alle riforme, al buongoverno e allo sviluppo, chi è citrullo e sta al Sud queste cose non le può capire: guarda al suo immediato particulare, non può avere una visione strategica. Ma come la mettiamo col Veneto, donde è arrivata una valanga di NO? Una volta si diceva che i veneti erano i terroni del Nord: erano i tempi del cosiddetto boom, quando a brillare era il triangolo industriale Milano-Torino Genova. Adesso non si può più dire. A parte Milano, e nonostante la crisi che ha ammazzato una miriade di piccole imprese industriali e artigianali, brilla di più il Nord Est che il Nord Ovest, tanto più che Genova ha da tempo perso la sua supremazia come città portuale (grazie agli scioperi luddisti dei camalli contro l’introduzione dei container, a tutto vantaggio di Marsiglia) e Torino, per le note vicende della Fiat, ha cessato di essere la capitale dell’auto nazionale. Una volta le Venezie fornivano gran quantità di manodopera alle imprese edili del Nord Ovest: ottimi muratori, che magari lavoravano accanto a manovali provenienti dal Sud. Adesso anche nelle Venezie le imprese edili devono ricorrere a manodopera albanese o extra-comunitaria, se non vogliono chiudere bottega (poi magari, sul modello degli svizzeri, molti veneti vorrebbero cacciar via a pedate nel deretano gli immigrati, ma questo è un altro discorso). Va’ a dire a quelli del Leone di San Marco che sono sottosviluppati, e ti fanno a pezzi.

La seconda sentenza viene invece dal presidente della Confindustria, Vincenzo Boccia. Nomen omen, dicevano gli antichi Romani, nomina sunt consequentia rerum, dicevano nel Medioevo. Boccia ha sposato con passione la causa del SI’ ed è stato bocciato. Si faccia cambiare il cognome, porta male. Dunque, secondo lui, a parte gli illuminati del centro di Milano (in periferia sono buzzurri) tutti i poveracci che vivono in provincia, nel contado e nel profondo Sud (l’Affrica di cui parlava il Padre della Patria Luigi Carlo Farini) hanno una mentalità anticapitalistica e quindi antimoderna: per questo hanno votato NO. Forse crede anche lui alla favola weberiana del capitalismo figlio dell’ideologia calvinista, che non può attecchire in un Paese cattolico qual è l’Italia. Ora, che la Chiesa in Italia abbia contribuito e ancora contribuisca, con il papa regnante, a diffondere un forte sentimento anti-mercato. è indubitabile. Ma non mi si venga a dire che Milano è città calvinista. E’ sempre stata un baluardo del più fervente cattolicesimo, da Sant’Ambrogio, a Carlo e Federigo Borromeo (grandi avversari del protestantesimo, con le parole e coi fatti) su su fino a Carlo Maria Martini e al regnante Angelo Scola. E che dire della Biblioteca Ambrosiana, di cui è stato prefetto anche il modernista in ritardo Gianfranco Ravasi? E di Agostino Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica? Di calvinismo, nemmeno l’ombra. Smettiamola di vedere nelle religioni un potente fattore di condizionamento economico. Possono incidere sulla mentalità -anche economica-dei fedeli, ma non più di tanto. I banchieri e i mercanti fiorentini dei tempi di Dante Petrarca e Boccaccio sapevano ben conciliare fede religiosa e profitto.
Boccia vede nel capitalismo un segno di modernità, e qui gli si deve dar ragione. Ma poi confonde capitalismo con economia di mercato. E qui casca l’asino. Il capitalismo di cui è rappresentante, in quanto presidente della Confindustria, con l’economia di mercato ha poco o niente che fare. E’ il capitalismo delle grande imprese ammanicate con lo Stato, anche se l’associazione conta molti piccoli imprenditori che con le durezze del mercato, quello vero, specie in questi tempi di crisi, devono fare quotidianamente i conti. Le grandi imprese difficilmente possono fallire, c’è sempre papà Stato che interviene, per motivi  che si proclamano  umanitari. Dallo Stato ricevono benefici d’ogni genere. Il loro motto è: “A noi i profitti, le perdite alla collettività”. Ci stupiamo, allora, che un Boccia abbia caldamente esortato a votare SI’? Chi è ammanicato con un potere teme i cambiamenti di potere, che lo costringerebbero a tessere nuovi rapporti di connivenza con nuovi soggetti istituzionali. Lo Stato è sempre quello, ma i governi cambiano, gli amici di oggi domani possono cadere in disgrazia, e salire nella stanza dei bottoni quelli che ora sono nemici, o che in ogni caso potrebbero riservare brutte sorprese. Bella cosa, allora, la stabilità! E il SI’ avrebbe portato a una stabilità tanto stabile che più stabile non si può, inchiodando alla poltrona il Presidente del Consiglio attuale per omnia saecula saeculorum.
Ve lo immaginate il ducetto Renzi, se avesse vinto il SI’?  Avrebbe mandato a monte ogni tentativo di modificare la legge elettorale (probabilmente anche la Consulta, investita di un giudizio su tale legge, finora rimasto congelato in attesa dell’esito referendario, si sarebbe ammorbidita). Per prima cosa, l’avremmo visto tronfio ed esultante alla prima della Scala, nel palco reale, assieme alle alte cariche dello Stato, magari con al fianco una Boschi più bionda e più oca che mai. L’abbiamo scampata bella, nel palco c’erano tre o quattro sfigati, Sala, Maroni e altra gente di basso rango. Mi chiedo, in tanto vuoto, che cosa sia saltato in mente al Maestro Chailly di suonare l’inno nazionale, che è prescritto solo per il Presidente della Repubblica e per quello del Senato. Patriottismo? Piaggeria? L’uno e l’altra? Lo perdoniamo. La sua “Butterfly” è stata bella, anche se non eccelsa. Da tempo non si vedeva un’inaugurazione decente nel primm teater del mond. Se anche questo è un effetto del NO, che il NO sia doppiamente benedetto.
Anzi, sia benedetto tre volte, perché è anche una sconfitta della Mafia, anzi delle Mafie. Ce ne sono almeno quattro. La prima, e più potente, è la Mafia istituzionale, la Mafia delle Mafie, lo Stato. La seconda in ordine di potenza è la Mafia propriamente detta, nelle sue articolazioni di Mafia siciliana, ‘Ndrangheta calabrese, Camorra napoletana e Sacra Corona Unita pugliese.La terza è il sistema bancario mondiale, governato dai banchieri centrali, capibastone come Janet Yellen, Mario Draghi, Mark Carney Haruiko Kuroda. Infine abbiamo abbiamo la Mafia capitalistica, quella di un sistema produttivo che opera, un po’ dappertutto, e in Italia in modo macroscopico, in un mercato in gran parte fasullo, perché manipolato da tutte le altre mafie suddette, con cui è in connivenza e che a loro volta sono in connivenza l’una con l’altra. Tutte queste Mafie. anche nelle loro articolazioni internazionali, hanno appoggiato il SI’ : clamorosa la presa di posizione del Financial Times e del Wall Street Journal, significativo lo schieramento di Obama e di Junker al Fianco di Renzi. Stupefacente l’ambiguità di Confalonieri, il presidente di  Mediaset, di fatto sostenitore del SI’ di contro alla scelta per il NO di Silvio Berlusconi, amico d’una vita e proprietario della holding da cui Mediaset dipende. Stupefacente ma neanche troppo. Fra i grandi gruppi industriali, quelli mediatici sono  i più sensibili alle minacce e alle lusinghe del potere politico. Opporsi può essere pericoloso, qualcuno potrebbe chiudere l’interruttore. Meglio lisciare il pelo a chi comanda.
Il NO ha sconfitto tutt’e quattro le Mafie. In Sicilia la percentuale è stata altissima. Una volta tanto, non si è seguito l’adagio gattopardesco secondo cui bisogna che tutto cambi perché tutto rimanga come prima. Hanno preferito, piuttosto che cambiare la Costituzione, buttar giù dal finestrino il manovratore del treno.
E allora, sapete che vi dico? Viva i terroni!

Giovanni Tenorio

Libertino

Un pensiero su “Colpa dei terroni

  • Chiedo scusa al mio padrone se ho pubblicato l’articolo con ritardo e senza rivedere l’impaginazione, ma sono molto impegnato con la lista, e com altre faccende, in questo periodo! Rimedierò!

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