Don Giovanni

Barzelletta natalizia

Cari amici, com’erano belli i tempi in cui, sotto le feste natalizie, incassando una bella tredicesima (qualcuno anche la quattordicesima o la quindicesima…), ci si sentiva tutti ricchi e si sfogava la propria smania consumistica con l’acquistare ogni bendidio, suscitando le ire degli asceti alla Gerolamo Savonarola, amanti della povertà in ispirito di ascendenza evangelica e nemici del materialismo capitalistico… Arrivata la crisi e dimagriti i redditi, s’è ben presto diffusa un’altra solfa: i consumi languono, anche a Natale si spende poco, quindi la recessione si avvita sui se stessa. Altro che decrescita felice, bisogna sostenere i consumi. Il gran genio di Renzi ne inventa allora una bella: 80 euro a tutti quelli che percepiscono redditi al di sotto di un certo limite, e i consumi riprenderanno, rimettendo in sesto il sistema economico. Fino a qualche mese fa ci ha creduto anche qualche esperto di economia, il quale è arrivato a dire che sì, la debole ripresa del PIL italico di questi ultimi mesi è frutto della congiuntura internazionale, però anche gli 80 euro di Renzi hanno fatto la loro parte.

Poi arrivano le feste e tutto sembra sgonfiarsi. In ottobre si è avuto un calo dei consumi, e anche sotto Natale gli affari sembrano magri, al punto che si pensa bene di anticipare i saldi, quelli che di solito si fanno a gennaio per smaltire le rimanenze a prezzi ridotti. Succede a Milano, in più di una boutique di PortaTicinese, Via Vittorio Emanuele, Via Fiamma e altre prestigiose contrade. Federmoda Milano grida alla concorrenza sleale. Sleale perché? Se uno non vende, deve abbassare i prezzi. Un tempo era una pacchia per i negozianti: al crescere della domanda, sotto le feste, potevano aumentare i prezzi. L’indice ISTAT del costo della vita (impropriamente detto “inflazione”) registrava l’aumento, producendo un corrispondente aumento automatico dell’indennità di contingenza su stipendi e salari. I prezzi così non calavano più; e l’anno successivo il gioco si ripeteva. Ma la cuccagna prima o poi deve finire.

Sapete qual è la spiegazione più esilarante di questo calo dei consumi? Tenetevi forte, non sto scherzando: ancora una volta è il surriscaldamento del nostro pianeta. Ormai questa è diventata una chiave “passe-partout” per spiegare i più disparati fenomeni. Sentite che dice Renato Borghi, il presidente di Federmoda Milano: “Ottobre è stato un mese disastroso, con il 5% di calo vendite. Colpa dell’autunno troppo caldo. Il vestiario invernale che incide di più sulle tasche dei negozianti comincia a essere venduto solo ora…”

Autunni caldi (in senso meteorologico) ce ne sono stati anche in passato, quando il PIL non se la passava male. Ma gli acquisti di abbigliamento invernale non si contraevano. Uno sa che prima o poi deve cominciare a far freddo, e se ha un minimo di previdenza ci pensa per tempo, non rimanda la spesa all’ultimo momento. Se quest’anno c’è stato un calo nelle vendite così vistoso, vuol dire che la tanto strombazzata ripresa del PIL probabilmente è un fuoco di paglia, dal momento che – a dispetto dell’elemosina di Renzi e delle fanfaluche di certi esperti – non ha ancora fatto effetto sui consumi. Da qualche settimana, poi, almeno nel Nord Italia, la temperatura è spesso finita sotto le medie stagionali. Se si anticipano i saldi, vuol dire che gli affari rimangono magri.
Comunque stiano le cose, la sparata del presidente di Federmoda Milano è la più bella barzelletta natalizia.

Giovanni Tenorio

Libertino