Don Giovanni

Anarchia contro Stato e Capitalismo

In età ellenistica qualcuno aveva già capito che non è il Sole a muoversi, ma la Terra. Forse già Pitagora ne aveva avuto una vaga intuizione. Però per più di un millennio si continuò a credere, con Aristotele e Tolomeo, che a muoversi fosse il Sole. Era più consolatorio. Il trionfo del Cristianesimo, con la fede nelle fanfaluche dei testi sacri ispirati da Dio, pose il suo marchio sul  geocentrismo, e per secoli non se ne parlò più. Però a un certo punto qualcuno si accorse che nella teoria qualcosa non andava. Non spiegava il movimento anomalo di alcuni corpi celesti. Allora si inventarono i cosiddetti “epicicli”, che in qualche modo sembravano rimettere le cose a posto. Finché qualche mente illuminata, contro la Scienza con la lettera maiuscola di allora, capì che la teoria non stava più in piedi, neanche con le stampelle, e andava buttata via. Peccato che si fossero buttati via più di millecinquecento anni a credere a un’illusione ottica, quando qualcuno, tra l’incredulità degli Scienziati (con la maiuscola) dei suoi tempi, aveva già capito tutto prima che Nostro Signore scendesse sulla terra a redimere col suo sangue l’Umanità. Gli anarchici sapevano da sempre che a opprimere il popolo non è soltanto lo Stato, ma ogni centro di potere che foraggia lo Stato e ne è foraggiato. Il potere economico non è un’anima bella che, purtroppo, finché c’è lo Stato deve rassegnarsi a sopportarlo, ma una volta abolito lo Stato potrà riprendersi tutta la sua libertà e svilupparsi a beneficio di tutti.

Non aveva torto Marx ad affermare che lo Stato è il comitato d’affari della borghesia. Lo Stato quindi va abbattuto insieme con il Capitalismo. Stato e Capitalismo sono un sinolo, come anima e corpo nel pensiero di Tommaso d’Aquino. Non possono stare l’uno senza l’altro. Altra cosa è il mercato, che nella sua forma ideale non è mai esistito, e probabilmente non esisterà mai. In un contesto anarchico, se mai ci si potrà arrivare, potrà esistere in maniera imperfetta, come tutte le cose umane. Non sarà l’inferno ma neanche il paradiso. Sarà un purgatorio nel complesso abbastanza sopportabile. Vi pare che la vita possa essere qualcosa di meglio e di diverso da un purgatorio? A me no. Di peggio, senz’altro, e l’abbiamo sotto gli occhi. Conosco già l’obiezione alla mia tesi: il Capitalismo d’oggi non è il Capitalismo vero. Rispondo: è lo stesso ragionamento di chi diceva: il Comunismo sovietico non è il Comunismo vero. Sta di fatto che un comunismo diverso da quelli storicamente costituitosi è come l’Araba Fenice, che ci sia ciascun lo dice dove sia nessun lo sa. Falsificati i presupposti del valore-lavoro, della caduta tendenziale del saggio di profitto e dell’impoverimento progressivo del proletariato, tutta la teoria crolla e un regime comunistico può imporsi soltanto attraverso una dittatura permanente: tutto il contrario della vagheggiata eclissi del potere politico-economico che dovrebbe scaturire dalla rivoluzione proletaria attraverso l'”Aufhebung” dello Stato. Alla caduta del sistema sovietico qualcuno pensava che la Storia fosse ormai finita, perché tutto il mondo accoglieva il sistema liberal-democratico, risultato vincitore nella competizione fra le grandi potenze mondiali e destinato a rafforzarsi, offrendo a tutti i popoli benessere e libertà. I libertari rothbardiani, identificando Mercato e Capitalismo, pensavano che, abbattuto lo Stato, si sarebbe giunti al culmine del processo, in un sistema anarco-capitalistico libero da ogni tipo di oppressione. E’ lo Stato a inquinare il Capitalismo. Abbatti lo Stato e il Capitalismo diventa puro. Qualcuno continua a pensarla così. Se la teoria scricchiola, perché di fatto Stato e Capitalismo continuano a marciare a braccetto, si inventa qualche epiciclo. Qualche volta -si dice- il sistema capitalistico viene a compromessi con lo Stato, ma si tratta di situazioni marginali, in un contesto di  mercato le cui pecche illiberali sono imputabili solo allo Stato. Eppure, bastano qualche conoscenza storica e un po’ di riflessione per rendersi conto che, se lo Stato non avesse da sempre puntellatioil Capitalismo, e viceversa, l’immagine del mondo in cui viviamo sarebbe totalmente diversa, perché in un mercato veramente libero sarebbe state fatte scelte di investimento e di consumo in base a dinamiche non programmate che avrebbero portato a esiti imprevedibili e oggi neppure ipotizzabili. Immaginiamo un mondo senza barriere doganali, senza proprietà intellettuale, senza sovvenzioni pubbliche, senza esclusive di produzione garantite dallo Stato, senza banche centrali, senza commesse pubbliche, senza moneta fiduciaria, senza investimenti infrastrutturali finanziati dai governi attraverso l’imposizione fiscale (ferrovie, autostrade, aeroporti), senza apparati militari che sostengono i fabbricanti di cannoni e collaborano con soggetti privati nella ricerca scientifico-tecnologica a scopo bellico. Come sarebbe il mondo? Forse non avremmo l’Autostrada del Sole. Forse non avremmo la TAV. Di certo non avremmo Internet, che è nata proprio dalla ricerca militare. O forse ci saremmo arrivati in un altro momento e in altre forme. O forse non ci saremmo arrivati mai. Un bene, un male? Non lo so. Di sicuro non sarei qui ora  a scrivere questo articolo davanti a uno schermo. Non dico che lo scriverei con una penna d’oca, ma chi può dirlo? Anche il percorso che ha portato alla penna stilografica, alla penna a sfera e alle macchine per scrivere del tipo Olivetti Lettera 22 in un mercato del tutto libero sarebbe stato diverso. Bisogna cambiare paradigma, amici miei. Come Copernico e Galileo tornarono ad Aristarco di Samo, dobbiamo lasciar perdere l’amore per il Capitalismo e tornare all’anarchismo senza aggettivi, quello che combatte contro ogni potere e accetta un mercato fortemente concorrenziale e atomizzato come  modello economico meno oppressivo di ogni altro. Dico soltanto meno oppressivo perché non si può dare un mondo economico in cui ciascuno è imprenditore di sé stesso, senza dipendenti. Un certo grado di subordinazione, purtroppo, è ineliminabile. Ma va ridotto al minimo, garantendo un’ampia possibilità di cambiare padrone e diventare padrone a propria volta, rimanendo in ogni caso sempre padrone di sé stesso. Se l’eliminazione fosse totale, si avrebbe un’atomizzazione portata alle estreme conseguenze, che ci ripiomberebbe in un sistema primitivo di estrema povertà. Auspico invece la rinascita di organizzazioni sindacali agguerrite, finalmente sganciate dai partiti  e da un sistema politico cui fanno da puntello. Bene anche gli esperimenti di autogestione operaia, da mettere alla prova nella concreta realtà del mercato. Ognuno deve poter batter moneta: sarà il mercato a selezionare le migliori. Può ancora chiamarsi Capitalismo, questo? Penso proprio di no. I fatti di questi ultimi mesi, che sono solo l’inizio di un processo da tempo in atto, dovrebbero averci aperto gli occhi. Solo i “liberali” con le fette di salame sugli occhi, tipo Nicola Porro, possono, da un lato, tirare cristi e madonne contro lo Stato oppressore che obbliga i cittadini-sudditi al passaporto vaccinale, dopo aver calpestato brutalmente, in mille modi, la Costituzione da ormai due anni, e dall’altro glorificare il Capitalismo grazie al quale ci è stato regalato un vaccino miracoloso in tempi ridottissimi. E’ un unico pastrocchio! Stato e Capitalismo qui sono più che mai avviluppati in un nodo inestricabile. Che cosa sarebbe capitato in un vero sistema anarchico di mercato? Nessuno avrebbe sovvenzionato con denaro pubblico la ricerca vaccinale delle grandi case farmaceutiche. Nessuna casa farmaceutica sarebbe stata protetta da brevetti, nessun soggetto politico avrebbe potuto sottoscrivere contratti di acquisto garantendo ai produttori la piena immunità penale in caso di effetti avversi. Nessuna autorità avrebbe potuto obbligare a vaccinarsi, né in modo esplicito, attraverso una legge approvata dal Parlamento, né in modo truffaldino, istituendo un passaporto vaccinale discriminatorio. Nessun Ministero della Salute  avrebbe potuto imporre il protocollo criminale basato su tachipirina-vigile attesa-ospedale-intubazione-morte-cremazione senza autopsia (vedi Bergamo). Nessuna consorteria mafiosa come l’Ordine dei Medici avrebbe potuto intimidire con minacce di sanzioni i medici renitenti ai protocolli ufficiali. I vaccini sarebbero risultati poco lucrosi, nessuno ci avrebbe pensato. Si sarebbe fatto ricorso  ad altri metodi  terapeutici, quelli che ora sono di fatto fuori legge, pur essendosi dimostrati efficaci. Il povero dottor Di Donno non sarebbe stato suicidato e avrebbe potuto continuare ad applicare tranquillamente la sua cura a base di plasma iperimmune.

Mario Draghi passa per un “liberale”. Non per niente un altro “liberale” DOC come Berlusconi gli professa una tenera amicizia. In realtà è il luogotenente di quei poteri, facenti  capo alla galassia  finanziaria-farmaceutica- mediatica su scala mondiale che sta lavorando per il “Grande Reset”. Non è necessario essere  complottologi, per dire queste cose:  è tutto scritto nero su bianco nei libri di Klaus Schwab, del World Economic Forum. L’obiettivo è quello di arrivare a un sistema in cui artigianato e piccole e media impresa vengano spazzati via a vantaggio di grandi conglomerati di attività economiche d’ogni tipo, dall’agricoltura all’industria al settore terziario, capaci di soddisfare “da remoto”, attraverso apparati elettronici e telematici di altissimo livello, le esigenze principali dei sudditi, comprese le cure mediche controllate e somministrate  da sistemi cibernetici, garantendo a tutti, nella stessa misura, un mediocre livello di sopravvivenza.  E’ significativo quello che Draghi ha detto in un suo discorso pubblico. Facendo riferimento alla famosa teoria della “distruzione creatrice” di Schumpeter, ha spiegato che le imprese poco redditizie è giusto che spariscano per lasciar posto a quelle più efficienti e innovative. Draghi è intelligente e furbissimo. E’ anche una grande canaglia. Dimentica a bella posta di dire che dev’essere il mercato a selezionare ciò che è efficiente. Ma se è lo Stato, per esempio attraverso i famigerati “lockdown”, a mandare in malora molte imprese, non solo nel comparto del turismo e della ristorazione,  a vantaggio del commercio telematico in mano alle multinazionali, nonché dei grandi gruppi finanziari sovrannazionali pronti a subentrare a prezzi di saldo in attività economiche costrette al fallimento, la “distruzione creatrice” diventa pirateria statal-capitalistica.Cambiamo paradigma, signori. Non vi accorgete che il Comunismo, cacciato dalla porta, rientra dalla finestra? Il popolo in ristrettezze, e i capi a godersi una vita agiata. Allora erano i boss del Partito, adesso saranno i boss della mafia finanziaria-farmaceutica-mediatica. In Unione Sovietica circolava questa barzelletta:” Che cos’è il Capitalismo? E’ lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. E il Comunismo? E’ esattamente il contrario”. Appunto. Viva l’anarchia! 

Postilla

La confusione fra capitalismo e mercato è presente in egual misura tanto a destra quanto a sinistra (per usare, in mancanza di meglio e tanto per intenderci, due categorie piuttosto rozze e spesso svianti). Leggo proprio ora in un articolo per molti aspetti pregevole di Diego Fusaro che Adam Smith sarebbe il teorico di una società, ai suoi tempi ancora del tutto avveniristica, in cui l’essere umano è una monade chiusa nel suo egoismo che si rapporta ai suoi simili solo per eseguire transazioni economiche. Il “distanziamento sociale” – homo homini virus – imposto dalle attuali politiche pseudo-sanitarie –  sarebbe l’attuazione e il coronamento di quel disegno distopico. In realtà, Smith si limita a indagare i meccanismi dei rapporti economici in un contesto in cui la cosiddetta “Rivoluzione industriale”  è da qualche tempo iniziata e promette sorprendenti sviluppi (con tutti i suoi pregi e tutte le sue brutture). Smith non vuol ridurre l’essere umano a semplice homo oeconomicus. Basta leggere l’altro suo saggio, la “Teoria dei sentimenti morali”, pochissimo citato e letto ancor meno della  citatissima “Ricchezza delle nazioni”  – nota ai più soltanto di fama –  per rendersi conto che non ritiene possibile un consorzio umano fondato soltanto su parametri economici di efficienza e di lucro, ma mette in primo piano come essenziali e imprescindibili i sentimenti di benevolenza, di amicizia,di empatia, proprio quei sentimenti che ,secondo Ferdinand Toennies (ricordato da Fusaro) distinguerebbero la “Gemeinschaft” (comunità) dalla “Gesellschaft” (società). Che il “Grande Reset” progettato dagli gnomi del capitalismo d’oggi, strettamente ammanicato allo Stato ci stia portando a qualcosa di molto peggio della “Gesellschaft ” di Toennis è indubitabile. Ma, per favore, non diamone la colpa al povero Smith.

Giovanni Tenorio

Libertino

4 pensieri riguardo “Anarchia contro Stato e Capitalismo

  • L’articolo è interessante, ma mi ha fatto sorgere alcuni dubbi sulla definizione di “Capitalismo”.
    Innanzitutto, a quale categoria dobbiamo assegnare il termine “Capitalismo”? Sistema economico? Sistema sociale? Strumento finanziario? Periodo storico? Strumento amministrativo? Ideale politico?

    Una volta inquadrato l’ambito di utilizzo del termine, mi trovo ancora disorientato, perchè non sparei darne una definizione univoca.

    Molto significativa la citazione di Marx: lo trovo molto attuale quando parla del legame tra Stato e Borghesia. Anche in questo caso, mi sono posto la domanda realtiva alla definizione che potremmo dare al termine borghesia oggi.

  • Alessandro Colla

    E’ il solito problema degli universali. Se dicessi che quello di oggi non è vero mercato invece di dire non è vero capitalismo, si corre comunque il rischio della risposta dei comunisti sostenitori della tesi secondo la quale quello sovietico non era vero comunismo. E infatti quello più autentico allo spirito originale è stato quello cambogiano. Non tutto è necessariamente speculare, per me vero mercato è anche creazione di capitale; libera creazione, ovviamente, potenzialmente garantita a chiunque voglia intraprendere. Con i suoi fallimenti, certo, purché non siano indotti. Non servivano neanche le chiusure forzate ai… draghi della finanza per parlare di aziende decotte, bastava il fisco. La borghesia dovrebbe essere il contrario dell’aristocrazia, cioè la produttività contro il parassitismo. E’ la seconda ad aver bisogno dello stato, il borghese autentico può anche farne a meno. E infatti proprio al tempo di Marx (ma anche prima) lo stato favoriva il latifondismo non acquisito attraverso la compravendita ma tramite conquista bellica o assegnazione dello stato alle famiglie nobili. Se poi anche persone appartenenti al ceto borghese hanno preferito le regalie mercantilistiche alla produttività che può dare profitto solo con le capacità personali, vuol dire solamente che c’è chi si è lasciato corrompere dal mercantilismo (che non è capitalismo) e si è accodato alla politica dei privilegi tipica dell’aristocrazia. Proprio Marx è andato a sposarsi un’aristocratica e a chiedere finanziamenti alla famiglia Engels. Per me il termine capitalismo va associato all’assenza di stato. Il singolo capitalista può essere tale in quanto possessore di capitali ma anticapitalista in senso ideologico. E anche pratico se conquista o mantiene il capitale non grazie alla sua personale iniziativa ma alla legislazione che limita il capitale in poche mani e quindi non lo diffonde in massa. Capitalismo autentico (o mercatismo autentico) è quello che riesce ad arricchire la quasi intera popolazione. Il sistema per riuscirci? Senz’altro l’assenza di istituzioni statali e di privilegi quali brevetti, corporazioni, ordini professionali e quant’altro. Sarebbe anarchia? Diciamo che sarebbe un sistema di libere, variabili e spontanee gerarchie; comunque non sarebbe caos. Non è stato il capitalismo a creare un falso vaccino che magari cura anche il… Porro. Sono stati i legislatori sul libro paga dei farmaimperi a truffare miliardi di persone che amano lasciarsi truffare. Come sempre.

  • Forse è solo un problema nominalistico, come dice l’amico Colla. Se definiamo il capitalismo come l’economia di mercato allo stato puro, siamo tutti d’accordo. Il guaio è che il capitalismo nella sua versione storica, sempre ammanicato al potere politico, è un dato di fatto, il mercato puro finora un’utopia. Ecco perché è bene tener distinti i due termini. Un comunismo diverso da quello storicamente esistito non sarebbe possibile perché sono errate alcune premesse del pensiero di Marx e non rimane chiaro come si possa passare da una dittatura provvisoria del proletariato a una società egualitaria priva di coercizione. Il mercato puro è possibile? Teoricamente sì, ma non limitandosi ad abbattere lo Stato. Bisogna abbattere il groviglio statal-capitalistico che domina il mondo; e che con la “quarta rivoluzione industriale” teorizzata da Klaus Schwab si avvia alla meta di un sistema comunista non diverso da quello sovietico, anche se presumibilmente molto più efficiente. Scomparsa di fatto la proprietà individuale, data la concentrazione delle ricchezze nelle mani di pochi soggetti, cadrebbe anche ogni altra libertà, prima fra tutte quella di diffondere liberamente il proprio pensiero attraverso qualsiasi canale informativo, dato che anche i media sarebbero controllati da chi detiene il potere politico-economico. Le avvisaglie ci sono già tutte. La grande stampa e le grandi reti televisive, di questi tempi, si sono allineate tutte all’ideologia dominante diffusa dai governi secondo le linee di lotta alla “pandemia” SARS CoV 2 dettate da Big Pharma, che è controllata da pochi potentati finanziari e a sua volta controlla l’OMS e le varie agenzie del farmaco, dalla FDA all’EMA alla corrottissima AIFA. Le voci dissenzienti vengono ostacolate e censurate. Facebook, che fa parte della cricca, svolge benissimo,a questo proposito, il suo compito.
    L’amico Colla ha ragione di distinguere profitto capitalistico e rendita latifondistica. Però anche questi due modi teoricamente diversi, anzi opposti, di produrre ricchezza (almeno per qualcuno), spesso sono andati a braccetto. Non dimentichiamo che l’assetto economico del post-risorgimento italiano si è fondato proprio su un pactum sceleris fra l’ industria del Nord e i latifondisti del Sud. La politica protezionistica portata avanti soprattutto dalla Sinistra storica ha privilegiato la grande industria a scapito della piccola e media, e il latifondo a scapito dell’agricoltura specializzata di qualità. E’ un peccato originale che ha generato altri guasti: il permanente sottosviluppo del Sud e la nascita di un’industria pesante del tutto estranea alla vocazione italica. Il giovane Einaudi tuonava contro le politiche di sostegno all’industria dell’acciaio. Nessuno lo ascoltò. Siamo arrivati alle vicende di Gioia Tauro, e adesso a quelle dell’Ilva. Il Sud non ha risolto i suoi problemi e in più è stato stuprato nelle sue impagabili bellezze. Le pale eoliche stanno completando l’opera. La “green economy” e la “digitalizzazione”, sostenute dal potere politico, guidano il processo, con grande gioia dell’industria tedesca e della mafia nostrana (che è anch’essa parte integrante del capitalismo storicamente realizzato).
    In un bellissimo articolo pubblicato in rete sul sito dei Radicali Anarchici (“Keynes e il Laissez-faire, 27 giugno 2021), F.M.Nicosa distingue anche lui fra capitalismo e mercato, laddove imputa a Keynes di aver confuso proprio, nello scritto “La fine del Laissez faire”, liberisno e capitalismo, imputando al primo i guasti del secondo, che consisterebbero innanzitutto nell’incapacità di autoregolarsi, Di qui la necessità di più Stato, proprio per correggere le presunte anomalie del mercato, in realtà del capitalismo. Invece è proprio il sinolo Stato-Capitalismo che va distrutto. So che Nicosia mi legge.Se intervenisse in questo dibattito ne sarei onorato.

  • Alessandro Colla

    Non credo che il sistema Schwab possa essere più efficiente del comunismo tradizionale, non ne vedo le premesse. Se più efficiente significa limitare ancor più il dissenso rispetto a prima senza troppe finanziariamente costose incarcerazioni in quanto la censura sarà sufficiente al mantenimento del potere, allora sarà l’unico elemento di maggiore efficienza. Sul piano economico vedo pochissime differenze, al massimo ci saranno meno convivenze abitative ma solo perché viviamo in un periodo di calo demografico. I vaccinisti a oltranza, compresi alcuni appartenenti alla mia famiglia di origine, irridono la tesi secondo la quale i grandi gruppi farmaceutici controllerebbero gli istituti di sanità nazionali e internazionali. E quando si presentano i dati, sostengono che ci vuole più stato per eliminare le pressioni. Cioè lo stesso ente che ha ceduto alle pressioni e che ne è rivelato artefice dovrebbe essere secondo loro rafforzato. Di fronte agli occhi volontariamente chiusi, il vero negazionismo, ci sono scarse possibilità di spiegare cosa siano in fisica i fenomeni luminosi. I grandi luminari di questi giorni confondono il tono con il volume, figuriamoci gli ultravioletti con gli infrarossi.

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