Don Giovanni

Elvetici taglian terroni e frontalieri

Cari amici, se ci avete fatto caso, nella lista delle mie conquiste, così scrupolosamente redatta da Leporello, non c’è nessuna donna svizzera. Non che le donne svizzere non siano belle, ce ne sono di bellissime; e anche fra i maschietti svizzeri ne ho conosciuti di molto simpatici. Ma ai miei tempi quella confederazione di montanari piaceva soltanto a chi ci abitava. Gran bella città Ginevra, ma gran brutta gente i calvinisti che la reggevano: bigotti, alieni dai piaceri mondani, ostili al teatro e alla musica, ancor più forcaioli dei cattolici. Niente di più lontano dai miei gusti. Il paesaggio alpino fino a tutto il Settecento non piaceva a nessuno: sono stati i romantici, con la loro fissazione per il “sublime”, a diffonderne la moda; gli albergatori e gli sport invernali hanno fatto il resto. Secoli senza guerre o quasi (la batosta napoleonica venne riassorbita dopo il Congresso di Vienna; la guerra civile del Sonderbund, nell’Ottocento, fu poco più di una scaramuccia da pollaio) e una neutralità proclamata e riconosciuta durante i due conflitti mondiali ne hanno fatto la fortuna. Così un Paese che fu di pastori, di cacciatori, di poveri coltivatori, di emigranti, di soldati mercenari( le guardie svizzere del papa ne sono l’ultimo residuo) è diventato la cassaforte del mondo, con un sistema bancario formidabile: un luogo di investimenti sicuri e lucrosi e, di conseguenza, uno degli angoli più ricchi e beati del nostro pianeta. Ammirevoli gli elvetici, non c’è che dire! Però, però… Il benessere talvolta dà alla testa, talvolta rende pigri, talvolta fa guardare dall’alto in basso i meno fortunati. Così oggi capita che il cittadino del Canton Ticino bolli sprezzantemente il frontaliere proveniente dal Comasco o dal Varesotto – pur parlando non solo la sua stessa lingua, ma anche il suo stesso dialetto- col nomignolo di “taglian”, che sarebbe come, per un italiano del Nord, dire “terrone” a un suo fratello del Sud. E capitava spesso, in passato, che si tentasse -senza successo- di cacciare dal territorio elvetico, a colpi di referendum, gli stranieri e i frontalieri che ci lavoravano, senza che nessuno dei promotori della consultazione si chiedesse chi sarebbe andato poi a sostituire gli espulsi, visto che a certe attività faticose e pericolose nessun cittadino della Confederazione si voleva -e si vuole- sobbarcare. A Lucerna si guardavano dall’alto in basso i muratori italiani, “taglian” e per lo più “terroni”, che vivevano nelle baracche; salvo gloriarsi del “taglian” (e di origine terrona) Claudio Abbado presenza fissa al famoso Festival estivo della ridente cittadina lacustre, fondato a suo tempo da un altro “taglian”, Arturo Toscanini. Così va il mondo! O meglio, così andava nel secolo scorso, perché ora va peggio. La crisi sta mordendo anche la Confederazione, la rivalutazione del Franco rispetto all’Euro danneggia le esportazioni. Gli imprenditori sono alle prese con costi del lavoro difficilmente scaricabili sui prezzi finali, data la gagliarda concorrenza internazionale. Che fare? Visto che è di fatto impossibile ridurre stipendi e salari, piuttosto elevati (anche perché in terra elvetica  il costo della vita  è a sua volta piuttosto elevato), si ricorre ai frontalieri, che pretendono meno. Apriti cielo! Pullulano le iniziative per sbarrare l’accesso a chi “ruba” il lavoro degli elvetici, comuni come Claro in Canton Ticino o Onex nel territorio di Ginevra si dichiarano  “a frontalieri zero”. E molti dicono: così s’ha da fare! Loro sì che sono intelligenti! Io invece sono convinto che l’intelligenza, questa volta, sta di casa altrove, non nel Paese di Guglielmo Tell. Seguitemi. Se su una medesima piazza un medesimo prodotto in un negozio A costa 10 e in un negozio B costa 8, io lo acquisto nel negozio B . Se non vorrà perdere i clienti, il negozio A dovrà abbassare i prezzi: l’alternativa è chiudere. Posso essere rampognato perché acquisto da B, danneggiando A? No! B può essere rampognato perché fa concorrenza ad A? Ancora no! I due punti di differenza in più del prezzo di A rispetto a quello di B o sono pura rendita, o sono l’effetto di una gestione poco efficiente. Se A abbassa i prezzi, vuol dire che o ha eliminato la rendita, ed è un bene, o è riuscito ad affinare l’efficienza della la sua gestione, il che è ancora un bene. Se chiude, vuol dire che è un cattivo imprenditore, e allora è meglio che cambi mestiere. Lo stesso vale per l’acquisto di lavoro. A parità di prestazioni, esperienza e capacità,  un imprenditore razionale tenderà ad assumere il lavoratore che costa meno. Se altri lavoratori possono pretendere e ottenere di più, vuol dire che sono più efficienti. Se tali non sono, devono adeguarsi al ribasso, rinunciando anch’essi alla rendita. L’alternativa è la disoccupazione. Conosco già l’obiezione: nel caso della Svizzera ci sono di mezzo frontiere, sistemi politici diversi, fiscalità diverse, meccanismi assistenziali diversi. Non si è, come nell’esempio dei  due negozi, sulla stessa piazza: i lavoratori elvetici pretendono giustamente di più perché il costo della vita per loro è più alto, l’assicurazione contro la malattia è a loro carico, ecc. ecc. Tutto vero. Ma allora non diamo la colpa ai biechi capitalisti e ai frontalieri crumiri: la colpa è ancora degli Stati ladri. Sono loro a inquinare il mercato e a provocare problemi come questi. In un sistema sanamente anarchico non potrebbe succedere.

Giovanni Tenorio

Libertino