Don Giovanni

Venditori di patacche

Quanto più si avvicina il traguardo elettorale tanto più galoppa la fantasia degli imbonitori d’ogni partito per accaparrarsi il consenso del popolo sovrano. Adesso tutti parlano di “Flat tax”. Che cosa diavolo è? E’ il solito mostro linguistico usato per dare lustro un un concetto in sé plebeo: un’imposta uguale per tutti, senza scaglioni di progressività, che dovrebbe servire da un lato ad alleggerire la pressione fiscale, dall’altro a stimolare la ripresa economica diminuendo le spese per la produzione del reddito. Vi ricordate? Fu la proposta di Antonio Martino quando scese in campo Berlusconi, che la fece propria e la inalberò come vessillo della proclamata Rivoluzione liberale. Non se ne fece nulla. Per fortuna. Pare sia stato il Premio Nobel Milton Friedman in persona a consigliare al suo ex-discepolo Martino di non accettare incarichi governativi nei dicasteri finanziari d’un eventuale governo berlusconiano. E fu buon consiglio. Ve l’immaginate? Martino proponeva una rivoluzione seria, davanti alla quale la politica della Thatcher doveva apparire un modello di moderazione. In un paese come l’Italia, sostanzialmente statalista, dirigista, socialista, catto-comunista si sarebbero fatte le barricate; tutto sarebbe stato messo a ferro e fuoco. Probabilmente si sarebbe impegnata nella lotta anche la magistratura, a difesa della Costituzione contro il liberismo selvaggio nemico del bene comune. Ricordate la fine che fecero, qualche tempo dopo, i referendum “liberali liberisti libertari”, proposti da Pannella, in un ultimo guizzo di nobile follia? Un fallimento completo. Si proponeva addirittura di abolire l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, la legge-feticcio osannata al pari della Costituzione come la più bella Carta del Lavoro del mondo (che però secondo i socialdemocratici tedeschi di Helmut Schmidt serviva soltanto a mandare l’economia kaputt). Sta di fatto che, arrivato al potere, Berlusconi non solo mise sotto naftalina Flat tax e Rivoluzione liberale, ma ibernò per qualche tempo (resuscitandolo infine come ministro della Difesa) anche l’amico Antonio Martino, riverito a parole ma contraddetto nei fatti. Il nume dell’economia berlusconiana sarebbe diventato di lì a breve Giulio Tremonti, che di liberale ha poco o niente, amante com’è di Colbert, Rathenau e altri figuri del genere: un no-global cattolico-moderato. I governi del Cavaliere si sono barcamenati come hanno potuto: nessuna vera riforma fiscale, una pressione impositiva che o rimaneva al livello di prima, o diminuiva di poco o addirittura cresceva, di pari passo con il debito pubblico. E voi credete che adesso, rimbambito com’è, il vecchio infatuato di Arcore riuscirà a imporre la Rivoluzione liberale che mandò in soffitta quand’era nel pieno delle sue facoltà mentali? Riuscirà al massimo a far approvare qualche provvedimento a tutela dei diritti degli animali, per la gioia di Maria Vittoria Brambilla e dei suoi seguaci animalisti. Un Bill of rights degli animali. Liberalismo d’avanguardia. Dopo l’emancipazione degli schiavi e delle donne, quella degli animali. Ai nostri pronipoti la lotta per un Bill of rights del regno vegetale, dacché è provato che le piante soffrono anche loro, e chissà mai che non provino sentimenti come noi. Per il regno minerale la questione rimane controversa. Ci sarà tempo per discuterne.

Altro gran polverone in chiave pre-elettorale riguarda l’Euro, una moneta che all’origine pochi avevano il coraggio di contrastare (fra questi, il solito Antonio Martino), mentre alcuni liberali autentici, fra cui Jesus Huerta de Soto, arrivavano addirittura ad accogliere come un buon succedaneo del defunto gold standard ( chi avrebbe immaginato che a capo della BCE sarebbe giunto il falsario Draghignazzo?). Oggi è indigesto più o meno a tutti. A difenderlo così com’è è rimasto forse Romano Prodi, quel bel tomo che, pur di far entrare subito il Belpaese nella cosiddetta Eurozona, non esitò a imporre una tassa ai sudditi, per rabberciare alla meglio i conti pubblici ostentando un rigore finanziario del tutto fasullo; fingendo poi di restituire il maltolto con qualche qualche briciola del lauto banchetto…
Si parla, dunque, di monete alternative, facendo di ogni erba un fascio, e mettendo sullo stesso piano i Bitcoin, che sono una cosa seria, e le monete locali escogitate dai sindaci grillini, che sono una trovata di menti malate, nonché il Sardex , la moneta sarda complementare che, a dire il vero, origina da una logica apprezzabile e consente risparmi senza generare un aumento della massa circolante. Anche qui Berlusconi spara il suo fuoco d’artificio. Propone addirittura una doppia circolazione monetaria, affiancando all’Euro, che servirebbe principalmente per le transazioni internazionali, una moneta ad uso interno, uno sorta di nuova lira. Ammesso e non concesso che le autorità competenti europee diano l’autorizzazione, è chiaro che sarebbe il governo italiano a stabilire il livello della massa monetaria, relativa alla nuova valuta, che dovrebbe essere messa in circolazione. L’importante, ha detto Berlusconi, è stampare un po’ di nuova moneta per far riprendere l’economia. Il pensiero di Pinocchio e Lucignolo. L’idea bislacca che la moneta non sia misura della ricchezza, ma produttrice della medesima. Vi ricordate la proposta dell’Helikopter Money, di cui abbiamo a suo tempo parlato? Ecco, siamo a un livello ancora più basso. Ai principi economici di quella vecchia zia che candidamente diceva:”Già, perché non si stampa un bel po’ di soldi, così li distribuiamo ai poveri e diventiamo tutti ricchi?”

Il vecchio infatuato di Arcore non conosce, evidentemente, la legge di Gresham, secondo cui la moneta cattiva scaccia quella buona. Se qualcuno dei miei venticinque lettori ha sulle spalle un buon numero di primavere, ricorderà che negli anni Sessanta del secolo scorso accanto alle 500 lire cartacee furono emesse anche monete d’argento dello stesso valore. Risultato: le monete d’argento scomparvero, diventando oggetti da collezione, venduti a un prezzo superiore al loro valore nominale. C’era un vecchietto, professore liceale di Greco e Latino, che si compiaceva di mostrare ai suoi allievi tante pilette di belle monete d’argento da lire 500, amorosamente avvolte in cilindretti di carta ben sigillati. Ecco, le lire di cartaccia trasformeranno gli Euro (che di per sé sono anch’essi cartaccia) in moneta da tesaurizzare. Si avrà una bella fiammata inflazionistica, i prezzi dei prodotti italici aumenteranno e perderanno di competitività sul mercato internazionale. Una volta si rimediava a questo inconveniente con una bella svalutazione; ora non è più possibile, se non mandando a catafascio tutta l’architettura dell’Euro. Che si farà? Ci si attaccherà al tram.
I nostri posteri, quando leggeranno la storia politica di questi nostri anni, si sganasceranno dalle risate. Ma forse non avranno tanta voglia di ridere, perché se certe idee bislacche troveranno seguito e verranno messe in atto, saranno ridotti poveri in canna e faranno fatica a sbarcare il lunario.

Giovanni Tenorio

Libertino