Servirebbero le bacchettate di “plagosus Orbilius”
Devo confessare che in aritmetica sono sempre stato un somarello. I miei precettori erano disperati. La mia zucca sembrava proprio del tutto refrattaria anche alle nozioni più semplici. La mia memoria, a dire il vero, non era poi tanto labile. Riuscivo a imparare le poesie senza troppa difficoltà, e anche con qualche diletto. Ma le tabelline proprio no! Dicevo 7×7=42 e 6×7= 49, e altri strafalcioni del genere. Quanti scappellotti mi sono preso! Allora non si andava troppo per il sottile, l’educazione era piuttosto manesca, soprattutto quando era impartita dai preti. E tra i miei precettori c’erano anche i preti, non soltanto per insegnarmi la religione. Uno era anche professore di Matematica. Quante me ne ha date! Avete presente il “plagosus Orbilius”, da cui il grande Quinto Orazio Flacco ricorda di aver ricevuto un sacco di bacchettate? Ecco, quel prete era peggio del “plagosus Orbilius”.
Perché tutta questa lunga premessa, di cui vi può interessare meno di niente? Ve lo spiego subito. Alla fine, anche nella mia zucca dura qualche nozione di aritmetica è pur riuscita a entrare, e qualche minima abilità di calcolo l’ho pur acquisita anch’io. Le zucche prima o poi maturano. Sono arrivato addirittura a divertirmi con i numeri, che una volta mi suscitavano un sentimento di repulsione. Così questa mattina mi è venuto l’uzzolo di fare qualche conticino, e vi spiego perché. Procediamo con ordine. Leggo su un giornale che i morti per Coronavirus non affetti da altre patologie sono 1 su 5. Il che significa il 20%. Giusto? Se sbaglio, ditemelo, e impartitemi anche qualche scappellotto, come il “plagosus Orbilius” e il mio precettore prete, che Dio l’abbia in gloria. Sono cifre che mi fanno correre un brivido per la schiena. Non ho paura per me, che essendo fatto della sostanza dei sogni sono immortale. Avete presente il Barone di Munchausen nel bel film di Terry Gillian? Ecco, io sono come lui. Muore, ma poi rinasce, perché è un personaggio eterno. Anch’io vengo continuamente tratto all’inferno da quel mentecatto di Commendatore, ma sono sempre qui, più vivo e vegeto che mai! Mi dispiace invece per i comuni mortali che, poveretti, non hanno la mia fortuna. Se non fossi quel miscredente che sono, reciterei qualche preghiera per loro. Magari qualche “Requiem aeternam”, come hanno fatto Salvini e la Barbara D’Urso in TV, o il papa nella Piazza San Pietro deserta (non so se il Giuseppi abbia acceso qualche cero al suo Padre Pio). Poi però leggo, da un’altra parte, che in Italia i contaminati da Coronavirus potrebbero essere 6.000.000. A questo punto prendo carta e matita. Mi risulta che fino a oggi i morti da Coronovirus, senza distinguere quelli “per” e quelli “con”, ammontano, cifra tonda, sempre in italia, a 23.000. Il 20% di 23.000 è 4600. Sbaglio? Se sì, datemi uno scappellotto, ma l’ho verificato con la calcolatrice. Ora, facendo una semplice proporzione (sono capace di eseguire anche quelle, forse sarei capace anche di estrarre una radice quadrata, ma non ci giurerei; in ogni caso, qui non mi serve) risulta che in Italia la percentuale dei morti “per” Coronavirus è dello 0,07767%. Se sbaglio, datemi un altro scappellotto, però guardate che anche questo risultato l’ho verificato con la calcolatrice. Ma allora, di che cosa andiamo cianciando? La famosa peste di Milano di cui parla Manzoni quasi dimezzò la popolazione. E’ vero che bisogna distinguere “mortalità” e “letalità”. La prima riguarda i morti in rapporto alla popolazione; la seconda riguarda i morti in rapporto ai contagiati. Bisognerebbe anche distinguere i morti “per” la peste e i morti “con” la peste. Penso che il calcolo, sulla base dei documenti in nostro possesso, assai lacunosi e approssimativi, sia del tutto impossibile. Se dico una sciocchezza, anche qui qualche storico mi dia uno scappellotto, di concerto con qualche professore di Matematica. Faccio allora, tra il serio e il faceto, una mia congettura, forse bislacca: giudicate voi. Tenendoci bassi, mettiamo che la mortalità sia stata del 40%. Quasi tutti morti per contagio. Però qualcuno sarà morto per altri motivi. Facciamo che allora la letalità sia arrivata al 35%. Quanti saranno stati quelli morti “per” la peste e non “con” la peste? Vogliamo fingere che anche allora siano stati 1 su 5, cioè il 20%”? La letalità crolla al 2,8%. Cifra del tutto irrealistica, addirittura ridicola, ma teniamola buona. Confrontiamo questo 2,8% costruito a capocchia e al ribasso con lo 0,07767% del Coronavirus ricavato in base alle cifre ufficiali e alle deduzioni degli esperti, e traiamone le conclusioni. L’emergenza del Coronavirus ci ha preso alla sprovvista ed è più grave di una semplice influenza stagionale; ma non è la peste, come vorrebbero farci credere. Neanche se, per scherzo, come abbiamo fatto qui, vogliamo ridurre la peste a una burletta, quando invece i cadaveri si ammucchiavano sulle strade in attesa che i monatti andassero a caricarli per seppellirli nelle fosse comuni. Altro che la processioni degli autocarri militari carichi di bare per le strade di Bergamo, mostrate e rimostrate in TV per diffondere panico. Coraggio, amici miei. I veri pericoli sono altri, e davvero mortali.
Se non ci si decide ad riaprire tutte le attività produttive, si morrà di fame, non di Coronavirus. Il “governatore” della Campania De Luca dice che vuol blindare la sua regione, chiudendone i confini. Sono curioso di vedere che fine farà la Campania senza il turismo. C’è già quell’oca di Ursula von der Leyen a proclamare che quest’anno dobbiamo scordarci le vacanze. Altro pericolo: la perdita della libertà. Con la scusa del Coronavirus si stanno già mettendo a punto apparati elettronici in grado di controllare ogni nostro passo. Qualcuno plaude a queste iniziative. Come l’asino in quella favola di Esopo, che è contento di essere schiavo, perché il padrone lo costringe a tirare il carretto, però lo protegge. Infatti, quando arriva il leone, il mulo vanaglorioso e libero fa una brutta fine, mentre l’asino si salva. Una morale da schiavi. Non per niente Esopo era uno schiavo. Alla schiavitù si era abituato, al punto da magnificarla. Vediamo di non cadere nella stessa trappola.
L’età media di quello 0, 7767 è di ottantacinque anni. Nella trappola degli, ormai, ci sono già caduti in troppi ed irreversibilmente. E’ tardi ormai; hanno vinto loro.
Errata Corrige: Volevo dire nella trappola degli schiavi.