Don Giovanni

Le tentazioni del dottor Ignazio

Le tentazioni del dottor Ignazio - Rihanna
Le tentazioni del dottor Ignazio

Cari amici, se la sorte mi avesse concesso di percorrere la mia esperienza di libertino in un’epoca tecnologicamente avanzata come questa in cui avete la fortuna di vivere voi, altro che il Catalogo di Leporello! Avrei escogitato altre, ben più fantastiche soluzioni per eternare le mie conquiste amorose. Pensate un po’: avrei potuto aprire al pubblico, gratuitamente, un’ala del mio palazzo, con l’adiacente settore dell’ immenso parco circostante: lì avrei esposto, parte all’interno, parte all’esterno, dando l’incarico dell’esecuzione ai più illustri fotografi viventi, splendide gigantografie delle donne da me amate e conquistate: corpi voluttuosi, seni procaci, labbra sensuali, capelli di seta, occhi malandrini. Un tripudio dell’eros, una festa della bellezza, l’unico atto d’ossequio che un epicureo può esprimere di tutto cuore alle neghittose divinità iperuraniche, in ringraziamento del dono grande con cui hanno saputo compensare le troppe brutture d’un mondo creato per gioco e improvvidamente abbandonato a se stesso: il fascino femminile. Gli antichi Greci erano ben consapevoli di quest’unico privilegio concesso alla dolente umanità , anche se forse hanno dato più risalto, nella loro impareggiabile statuaria, al vigore del corpo virile che alla morbidezza delle forme muliebri…Ma chi può resistere, al Museo Archeologico di Napoli, davanti alle grazie d’una Venere Callipigia?
Tempi beati, quando l’eros non era peccato, bensì fonte di gioia! I tempi cupi sono arrivati dopo, ne abbiamo già parlato, e sono durati fino a ieri l’altro. Un bigottone dalla erre moscia, notabile del partito di maggioranza relativa che molti votavano turandosi il naso, negli anni Cinquanta dello scorso secolo a Roma schifaffeggiò una signora perché esibiva in pubblico una vistosa scollatura. Offesa al comune senso del pudore? Ma andiamo! Piuttosto è un’offesa a Dio il mancato apprezzamento d’un bel seno voluttuoso. E’ manicheismo, attribuzione al demonio delle uniche cose belle che la vita ci dona. Il mio amico Federico Fellini (da che è entrato anche lui nell’eternità siamo diventati inseparabili) qualche anno dopo ne fece la satira in un episodio del film antologico a più mani “Boccaccio ’70”, dal titolo “Le tentazioni del dottor Antonio”. In breve: un vecchio collotorto, tutto dedico alle pratiche devote, subisce un vero e proprio trauma quando vede che davanti alle sue finestre stanno erigendo un grande cartellone pubblicitario con la foto d’una scollatissima Anita Ekberg, che mostra le sue splendide poppe mentre un coretto intona la canzoncina “Bevete più latte, il latte fa bene!”. Fa di tutto per impedire lo sconcio, ma senza successo, e finirà tormentato da sogni erotici in cui sprofonderà terrorizzato nel seno della donna esecrata, la cui immagine sul cartellone s’è fatta gigantesca, avvolgente, irresistibile…
Anita Ekberg
Anita Ekberg

Ma oggi, direte voi, è un’altra storia. Abbiamo alle spalle il ciclone della rivoluzione dei costumi, della liberazione del desiderio, del superamento di antiquati pregiudizi! Il Sessantotto, spesso mitizzato a sproposito, qualcosa di buono ha portato! Ne siete sicuri? Il bigottone dalla erre moscia è andato nel mondo dei più, dopo aver provocato non pochi guasti. A Roma non abbiamo più il dottor Antonio (finto), ma purtroppo abbiamo il dottor Ignazio (vero). Per disposizione dell’amministrazione comunale, fra il plauso della presidenta Boldrini e i sorrisi delle bamboline che decorano il governo del millantatore fiorentino, negli spazi pubblici sarà da ora interdetto esporre cartelloni pubblicitari che esibiscono le belle forme di corpi femminili. I rivoluzionari di un tempo sono diventati più bigotti dei preti. Animalisti più di San Francesco, astinenti più degli anacoreti, spregiatori del fascino femminile più di San Paolo. Una volta il nudo femminile era un’offesa al pudore, ora è un’offesa alle donne stesse che esibiscono le loro bellezze, rendendosi schiave di questa società maschilista che ne fa oggetto di mercimonio. Siamo al culmine della farneticazione. Una giovane donna ha un bel corpo. Perché questo corpo, come qualsiasi altra dote naturale, non può diventare una risorsa anche economica? Il denaro guasta la bellezza? A me risulta che Fidia e Michelangelo si facessero pagare le loro splendide sculture. I miei amici Mozart e Da Ponte si fecero pagare dai committenti, senza vergogna alcuna, i loro lavori, tra cui spicca l’Opera che mi ha reso immortale. Il “Don Giovanni” rimarrà forse contaminato in eterno perché composto a pagamento? Un poeta e un musicista, se non vogliono bruttare la loro arte, devono offrirla gratis? Le modelle si sono sempre offerte nelle loro nudità ai pittori d’un tempo (gli artisti d’oggi, per le loro “istallazioni”, non sanno che farsene), e non lo facevano gratis: era il loro lavoro. Vendevano il proprio corpo? Oppure basta che l’esibizione del corpo sia richiesta, offerta e retribuita a fini pubblicitari per renderla turpe, indipendentemente dal valore artistico dell’immagine, scultoria, pittorica o fotografica che sia? Da un lato si parla tanto di emancipazione femminile, dall’altro si vuol impedire a una donna adulta e nel pieno possesso delle sue facoltà mentali di decidere se usare come risorsa economica le bellezze del proprio corpo? Dov’è, in una libera scelta, la schiavitù? Dov’è il maschilismo? Pretendere di tutelare la donna nella sua dignità impedendole di scegliere con la propria testa quello che ritiene meglio per sé, significa ancora una volta trattarla da “civis minoris iuris” incapace di intendere e di volere. Qualcosa di molto simile alle famigerate “quote rosa” di cui abbiamo già parlato. Io quando vedo un bel corpo femminile in un manifesto pubblicitario mi sento il cuore pieno di gioia. Sapete quando mi viene la malinconia? Quando vedo una bella donna costretta nella sordida divisa della polizia municipale, camuffata da maschiaccio con tanto di paletta e pistola, che si sbraccia in mezzo a un crocicchio tra i miasmi del traffico urbano. Emancipazione? No, abbrutimento. Che una dev’essere ben libera di scegliere, sia ben chiaro: fatti suoi! Ma permettetemi di dire che non si gettano le perle ai porci.
Ah fosse ancor vivo il mio amico Fellini! Un “remake” del suo vecchio film non lo escluderebbe di certo, con un’ambientazione aggiornata, trasparenti allusioni allusioni alla fauna politicamente corretta di oggi e un titolo riadattato: “Le tentazioni del dottor Ignazio”.

Giovanni Tenorio

Libertino