Elogio dell’ipocrisia
Cari amici, mi è capitato più volte, nella mia vita, di riflettere da filosofo sull’ipocrisia. Viene bollata come una delle peggiori turpitudini, eppure è un essenziale stratagemma di sopravvivenza. Pensateci bene: c’è mai stato un giorno, fra tutti quelli che finora avete vissuto, in cui non abbiate dovuto far ricorso anche solo per un attimo alla simulazione o alla dissimulazione? Se volessimo essere schietti fino in fondo, ci attireremmo una marea di nemici, e la nostra esistenza diventerebbe un inferno. Se una donna in sé graziosa vi si presenta davanti con un abito carnevalesco, credendo di essere abbigliata come una principessa , e sollecitasse un vostro complimento, avreste cuore di dirle che è sommamente ridicola? Credo proprio di no. Perché contrariarla e vedersi negato da quel momento il saluto? Se il vostro scorbutico capufficio adora la disco music e non esita a dichiarare che il Don Giovanni di Mozart gli concilia il sonno (come capitò a Giovanni Spadolini a una prima della Scala), vi sentireste di dirgli ch’è un pezzo di somaro, come pensate nel vostro intimo da fanatici mozartiani? Ancora una volta no! Tenete famiglia, non si sa mai… A un bambino brutto tutti ci sforzeremmo di dire: “Come sei bello!” Perché farlo piangere? La sincerità spesso è crudeltà, talora stupidità. Il guaio più grande è quando l’ipocrisia diventa una maschera così aderente al volto da risultare tutt’uno con le fattezze che copre e non potersene più distinguere. E’ il caso dei politici. Sappiamo tutti, e lo sanno anche loro quando intraprendono la loro carriera di parassiti, che il pastore non cura le pecore per il loro bene, ma per il proprio. Sarà così intelligente da non farle deperire, altrimenti anche la lana che ne ricaverà sarà scadente; ma quel che gli importa è, appunto, la lana (lo diceva già quel personaggio della “Repubblica” di Platone, Trasimaco). Così l’uomo di governo: finge di volere il bene dei sudditi, quel che gli interessa è spremerli. Se è intelligente, non esagera troppo con la spremitura, perché quando l’acino è pigiato fino in fondo, non dà più succo e avvizzisce, con danno dello spremitore. Purtroppo i politici spesso non sono intelligenti: spremono più del dovuto, il sistema economico s’avvita, e prima o poi sono travolti insieme con le loro vittime, con buona pace di chi crede di salvare la baracca stampando moneta e gonfiando il debito. Che cos’è successo? E’ successo che, a un certo punto, la maschera s’è confusa col viso: a furia di dire che le tasse sono una cosa meravigliosa, che l’evasore è un furfante, che il lavoro nero è peggio dei peccati contro lo spirito, quelli che non potranno mai essere rimessi, che il contrabbando è azione da criminale, che l’esportazione di capitali è impresa satanica e via di questo passo, ci credono davvero. E allora, se la predica truffaldina diventa anche per quelli che la recitano, nell’intimo della coscienza, la sacrosanta verità, più si tassa più si è santi, più si è forcaioli con chi cerca di sottrarsi alle ruberie di Stato, più si è meritevoli del Paradiso…
Questa è la tragedia, ma c’è anche la commedia, anzi la farsa. Quella del Cavaliere di Arcore. Nella sua astuzia, penso non abbia mai creduto in cuor suo d’essere il salvatore della patria, il paladino della giustizia giusta, l’eroe della rivoluzione liberale, né a tutte le altre cianciafruscole che ha propinato agli adoratori gonzi, riuscendo per qualche tempo a convincere anche persone di tutto rispetto (che poi sono fuggite a gambe levate). Fin qui, è stato un ipocrita perfetto: un conto la maschera, un conto il viso che ci sta sotto. Gli interessava salvare le sue TV e le sue altre attività dalla gioiosa macchina da guerra delle sinistre, e il colpo, tutto sommato, gli è riuscito. Ha continuato a esibirsi sapendo di interpretare una parte, e lo stratagemma gli ha dato tanti mal di pancia, ma anche qualche soddisfazione. La farsa comincia quando vuol fare il gran signore, con sontuosi festini, champagne a fiumi, belle donne. Vuol fare il libertino, e libertino non è. Il libertino come me non paga le donne, le seduce: sa fin troppo bene che un conto è il sesso, un conto è l’eros. Il festino ha un puro valore di cornice, l’eccellente Marzemino è solo un un viatico per la seduzione, che è virtuosismo spirituale Vi ricordate i miei ordini a Leporello? ” Fin ch’ han del vino calda la testa una gran festa fa preparar; se trovi in piazza qualche ragazza teco pur quella cerca menar”. Altro che pagare uno stuolo di puttanelle da esibire e offrire agli ospiti, fingendo a propria volta di goderne le grazie (ammesso che possano dirsi tali le carni di una mignotta, e che un cavaliere vecchietto, con i problemi che i maschietti prima o poi hanno nei punti più delicati, possa far cavaliera ancora qualcuna: non c’è viagra che tenga!). E fin qui, contento lui… L’errore è stato quello di ostentare un simile puttanaio, gabellandolo per manifestazione d’alta classe. I giornalisti ci hanno messo il naso, a una magistratura già invelenita contro di lui non è parso vero di poter montare uno scandalo e imbastire processi per favoreggiamento della prostituzione, corruzione di minorenne, concussione, ecc. ecc. Il ridicolo è che questo medesimo signore, per guadagnare consensi alla sua politica, dopo un primo fuggevole idillio con Pannella – pronuba la moglie di allora, pannelliana e steineriana- s’era messo anche la maschera da bigottone, prendendo a braccetto avanzi della vecchia DC, giovanardoni, formiconi, comunioni e liberazioni, fiscalisti amici dei preti, ateoni devotoni panzoni, ecc. ecc. Da una parte, elogi della famiglia, battaglie contro l’aborto, fobia dell’omosessualità, avversione alla procreazione assistita, inchini alla dottrina di Santa Romana Chiesa in quanto ha di più retrivo; dall’altra, orge puttanesche. Ma due maschere tra loro così difformi non possono stare sullo stesso viso. Il risultato è che il consenso anche dei più ingenui comincia a scemare. Gli rimangono i fedelissimi, in continua lite tra loro. Ora che è stato assolto dalle accuse più infamanti, sperano in una sua rinascita. Forse lo credono, e anche lui si crede. immortale. Qui non è più neppure ipocrisia, è follia pura. No, immortali sono i veri libertini come me, a patto che trovino un Mozart e un Da Ponte. Altrimenti, purtroppo, muoiono anche loro. Per concludere: il doppio gioco (bigottoni a parole, erotomani nei fatti) si può fare, ma qui l’ipocrisia dev’essere sottilissima. Il peccato dev’essere tenuto abilmente nascosto, altrimenti si fa la fine di quell’altro somaro d’un Bill Clinton. Come fu grande, invece, Cavour! Grande non perché fece l’Italia, non l’avesse fatta forse sarebbe stato meglio, ma perché seppe tener segretissimi il suo amorazzo per Bianca Ronzani, e le sue avventure galanti con uno stuolo di belle donne, tutte regolarmente maritate! Come uomo politico, ne ammiro l’acume ma mi fa un po’ ribrezzo; come libertino, lo sento fraterno. Allo stesso modo dell’antico Pericle, che si spupazzava le belle fanciulle ateniesi passategli dal suo amico Fidia, dopo che questo le aveva invitate nel suo laboratorio con il pretesto di mostrar loro le statue cui stava lavorando per la decorazione del Partenone. Che uomini, quelli! E ora? Da Fidia a Fede… Che tonfo!