Don Giovanni

Dacia, che dici?

Ma Dacia che dici? D’accordo, se perdoniamo a monsignor Galantino di stravolgere la Bibbia per giustificare le sbrodolate di Francesco della Pampa sulla misericordia divina, se perdoniamo a quell’altro Francesco (il signor x) di tirare in ballo a sproposito i fratelli Gracchi per un paragone improponibile con Trump lo smargiasso, possiamo perdonare qualche peccatuccio anche a te; ma com’è possibile che i tuoi ricordi di scuola siano così annebbiati? Sei ancora giovanile, se non proprio giovane, hai ancora una bella scrittura fluida e accattivante, ti leggo volentieri tutte le volte che ne ho l’occasione, però, però…Dove hai ultimamente la testa? D’accordo, la tragedia che ha colpito il Centro Italia in questi giorni, lasciando centinaia di persone senza tetto, provocando morti, moltiplicando le paure per la concomitanza di nevicate inconsuete, causa di terribili valanghe, con forti scosse di terremoto, ha scosso un po’ tutti, e anch’io mi sento piuttosto turbato (sì, anche il libertino ha un cuore, e non solo per le avventure amorose), ma un minimo di controllo mentale, da chi ha qualche studio alle spalle e da una vita si dedica a un’attività intellettuale, si potrebbe pretenderlo.

Di che parlo? Dell’ultimo tuo intervento nella consueta rubrica sul “Corriere della sera”, dedicato proprio alla tragedia di cui sto parlando. Dici tante cose giuste, piangi, come noi, per le vittime, elogi, come noi, l’abnegazione dei soccorritori, professionisti e volontari, ti sdegni, come noi, per la cattiva organizzazione dei servizi d’emergenza, invochi, come noi, l’accertamento delle responsabilità, gioisci, come noi, per la tenacia delle popolazioni colpite e la voglia, da tutti condivisa, di reagire e rinascere. Chi potrebbe non essere d’accordo? Però, alla fine, che cosa ti succede mai? E’ sempre pericoloso parlar per parabole. Non sempre riescono bene. Fa una tòpica anche Gesù Cristo, che pur è il figlio di Dio, nella parabola dell’amministratore disonesto, la più brutta di tutto il Vangelo (sì, la più brutta, a costo di far arricciare il naso ai Ravasi e ai Galantini), dove, a dispetto di tutte le buone intenzioni, sembra di leggere le lodi di chi, per il proprio tornaconto, falsifica  documenti rubando ai creditori a vantaggio dei debitori (cose che in questo sito di dubbia moralità non si raccomanderebbero mai!). A te questa volta riesce malissimo, per due ragioni:una formale, una sostanziale. La ragione formale: mischi la leggenda greca di Persefone con la fiaba del Pifferaio Magico, quella trascritta dai fratelli Grimm e messa in poesia da Goethe e da Robert Browning. Per quel poco che mi ricordo, Persefone fu rapita da Plutone, il dio degli Inferi, che se n’era invaghito, e  portata nel Regno dei Morti come sua sposa. La madre Demetra, dea delle messi e della fioritura, se ne disperò, stendendo su tutta la Terra un velo di mestizia che spense ogni rigoglio, ma alla fine riuscì a ottenere da Zeus che la diletta figlia rimanesse per metà dell’anno sotto terra, col marito, l’altra metà sopra, con lei. E’ il solito mito delle stagioni, che spiega come mai in autunno e in inverno la Natura sembri spegnersi (Persefone è nel Paese dei Morti), mentre in primavera e in estate sembri rifiorire (Persefone è tornata dalla madre). Tu invece dici che Persefone fu rapita dal dio Vulcano. Primo errore. Che c’entra mai Vulcano? E’ una divinità romana, non greca. Venne più tardi identificata – in modo piuttosto forzato perché le due figure coincidono solo in parte – col greco Efesto, che in ogni caso nella nostra storiella c’entra come i cavoli a merenda. Poi, secondo errore, dici che Vulcano portò Persefone dentro una montagna. Ma no! Fu il Pifferaio Magico a portare i bambini di Hameln dentro una montagna, per punire i loro genitori che gli rifiutavano la ricompensa per aver liberato la città da un’invasione di topi. Neanche lo studente più zuccone di una scuoletta di periferia arriverebbe a combinare simili confusioni! A meno che tu ti senta come i grandi commediografi romani Plauto e Terenzio, che prendevano una commedia greca,ci aggiungevano qualche scena di un’altra commedia, e ne tiravano fuori una nuova, scritta in latino. Bei tempi,oggi grazie all’infame proprietà intellettuale, i due artisti finirebbero sotto processo e sarebbero condannati a pesanti penali. Contaminavano, quindi, ma due commedie greche, non una leggenda greca e una fiaba nordica! E lo facevano a ragion veduta, consapevolmente, non perché ogni tanto gli desse di volta il cervello! E nelle loro opere, i nomi degli dèi diventavano tutti romani, non un po’ greci e un po’ romani!
Pazienza. Ma il peggio viene ora. Le parabole vanno interpretate, e anche Gesù Cristo, per lo meno ai discepoli che glielo chiedevano, ne forniva una minuziosa spiegazione, dopo averle raccontate alla folla che lo seguiva. Anche tu spieghi la tua. La montagna che, per volere di Vulcano (il dio delle eruzioni e dei terremoti!)  inghiotte Persefone rappresenta la Natura che si ribella alle ingiurie degli uomini, che la sfruttano e la violentano. Perché la valanga è precipitata sull’albergo di Rigopiano? Perché violentiamo la Natura. Perché distruggiamo boschi, spianiamo i monti, distruggiamo la bellezza del Creato. La montagna ferita si è ribellata. Dobbiamo tornare ad amare la Terra come una grande Madre, e la Terra ricomincerà ad amarci. Persefone uscirà dalle viscere del monte e tornerà tra noi.
Cara Dacia, sono d’accordo anch’io che in Italia la montagna è mal tenuta, i boschi versano in condizioni pietose, la Forestale ci mette del suo infliggendo multe salate a chi taglia un albero che cresce nell’alveo di un fiume, col bel risultato che, quando il fiume è in piena, l’albero viene estirpato e si mette di traverso alla corrente, insieme a tanti altri suoi fratelli, causando un bell’effetto diga che provoca straripamenti e devasta i vicini centri abitati. Poi, magari, per evitare altre alluvioni, invece di prestare più attenzione alla pulizia degli alvei, si cementificano e si serrano  fra orride muraglie i torrenti, con gran gioia di mafie e mafiette in combutta con i politici, le amministrazioni locali e le solite imprese edili. Così la prossima volta che si apriranno le cateratte del cielo, l’acqua correrà rapidamente a valle, risparmiando i paesi di su ma invadendo, in compenso, quelli di giù… Basta fare un giretto in Svizzera (lo dico obtorto collo), o in Austria, o in Germania, per vedere come si rispettano boschi, fiumi, laghi, montagne, colline, praterie, e come si prevengono gli effetti dei cataclismi. Nessuno lì si permette di far violenza alla natura, forse per spirito civico, forse perché chi sgarra giustamente paga. Ma nel caso che qui stiamo discutendo il discorso è diverso. La valanga, date le caratteristiche geologiche del luogo, sarebbe in ogni caso caduta, proprio in quel punto. Non è che la montagna si sia vendicata di una ferita che le è stata inferta. Semplicemente, quell’albergo non sarebbe mai dovuto sorgere in quell’area, sopra un cumulo di detriti. Se vado a pattinare su un lago coperto da un sottile strato di ghiaccio, la crosta si rompe e io muoio annegato, il lago non si vendica proprio di un bel niente. La colpa è mia, non dovevo andarci a pattinare. Per pattinare ci sono gli stadi del ghiaccio. E gli alberghi non si costruiscono sotto canaloni, ma in luoghi sicuri.
Lasciamo perdere la Madre Natura e tanti bei luoghi comuni New Age, andiamo al sodo, individuiamo le responsabilità, chi ha sbagliato paghi salato. Pare che nel nostro caso non pagherà nessuno, perché i permessi c’erano, e gli abusi erano stati sanati secondo le procedure di legge. Tutto nella legalità! Se non ci fosse lo Stato, chi impedirebbe di costruire alberghi sotto i canaloni? DON GIOVANNI TENORIO.
P.S: Cara Dacia, un bel ripassino della mitologia greca non ti farebbe male. Sei una scrittrice, non una modella (con tutto il rispetto per le modelle…)

Giovanni Tenorio

Libertino

Un pensiero su “Dacia, che dici?

  • Alessandro Colla

    Nella prima metà degli scorsi anni novanta, sul palcosecnico del romano Teatro Orione, Dacia Maraini arringava la folla composta da ignari e ingenui studenti accompagnati da infidi insegnanti, sostenendo che in medio oriente gli aggressori fossero gli israeliani. Chissà se si era involontariamente nonché mitologicamente confusa anche in quell’occasione.

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