Don Giovanni

A proposito di furto.

L – Caro padrone, che ne pensate della sentenza con cui la Cassazione ha dichiarato non punibile un vagabondo che aveva commesso un furto di pochi euro in un supermercato, motivando la decisione con il rilievo che l’imputato aveva agito in stato di necessità, per placare la fame?
DG – Mi complimento innanzitutto con te! Si vede che ti sei messo a studiare. Non è vero, come hanno asserito tanti giornalisti ignorantelli, che la Cassazione ha dichiarato inesistente il reato di furto nella fattispecie del caso in esame. Ha asserito invece che non è punibile, invocando,credo, come scriminante lo stato di necessità: che non risulta esplicitamente dagli articoli del codice penale riguardanti il furto, ma è desumibile da altri articoli di portata generale, e dai principi dell’ordinamento.
L – State svicolando, padrone mio, vi ho chiesto che cosa ne pensate…
DG – Ne penso che intanto il poveretto s’è già fatto qualche mese di carcere, e per essere dichiarato non punibile ha dovuto aspettare qualche annetto e arrivare alla Cassazione. Questo è il vero scandalo.
L- Continuate a girare intorno alla questione. Giusta o sbagliata la sentenza? Avete sempre detto che la proprietà è inviolabile e non può essere aggredita per nessuna ragione.
DG – Credo che se uno ruba una quantità esigua di cibo per non morire di fame, non solo non sia punibile, ma neppure commetta reato. Come vedi, sono più indulgente della Cassazione, ma solo in apparenza.
L – Spiegatevi, non vi capisco….Che significa “solo in apparenza”?
DG – Significa che l’alternativa dev’esser proprio la morte per fame, dal momento che non ci sono altri mezzi per procurarsi da mangiare.
L – Ma il principio di non aggressione…
DG – Summum ius summa iniuria, caro Leporello. La proprietà, se acquisita con mezzi leciti è inviolabile. Dubito però che sia lecito lasciar morire di fame una persona che si è in grado di aiutare. Mettiamo il caso, puramente ipotetico, che tutti gli uomini si siano appropriati lecitamente tutti i beni esistenti sulla faccia della terra, e che uno solo ne resti escluso, né gli sia consentito di trovar lavoro presso altri, perché nessuno ne vuole sapere di lui. In questo caso il furto per non morire di fame sarebbe moralmente lecito. Attenzione: John Locke, che di solito viene citato per giustificare il diritto di proprietà, va molto oltre: dice che l’appropriazione delle res nullius e la loro trasformazione mediante il lavoro fonda il diritto di proprietà di chi le mette in atto, a patto che rimangano beni sufficienti e altrettanto buoni lasciati in comune per gli altri. Mi sembra una clausola molto forte, che però viene di solito dimenticata.
L – Comincia a girarmi la testa. In somma, la Cassazione ha fatto bene.
DG – Ha fatto bene il procuratore generale presso la Corte d’Appello a far ricorso, chiedendo che il furto fosse derubricato a semplice tentativo. Giusto: il ladro è stato fermato quando si trovava ancora nell’ambito di sorveglianza del soggetto derubato; non ha potuto godere della propria refurtiva. Dubito però che la Corte abbia fatto bene a spingersi più avanti, negando in assoluto la punibilità. Pare che l’imputato  nell’occasione abbia comperato, pagandolo, qualche modestissimo prodotto alimentare; e in più si sia appropriato indebitamente qualche altro prodotto altrettanto modesto. Ammesso che fosse davvero sul punto di morir di fame, aveva i mezzi per placare il bisogno più urgente. Poi si sarebbe potuto dar da fare per chiedere aiuto, mendicando o rivolgendosi alle associazioni caritative, che offrono pasti gratis agli indigenti…
L – La vostra clausola, a  differenza di quella di Locke, mi pare un po’ troppo restrittiva…
DG – Può darsi. Ma la sentenza è pericolosa, perché sembra definire un diritto a sfamarsi ai danni del prossimo, senza aver prima fatto ricorso a tutti gli altri tentativi ragionevoli, e facilmente esperibili, per provvedere alle proprie necessità. Io dico che se quel vagabondo, all’ingresso del supermercato, avesse chiesto un po’ di elemosina lamentandosi di soffrire la fame, avrebbe trovato più di un’anima buona disposta a regalargli qualche spicciolo. C’è il rischio che la sentenza faccia testo per giustificare scriminanti sempre più larghe, fino all’esproprio proletario.
L – Oh, questa poi…
DG – Non me ne stupirei. In ogni caso, è tutto il sistema che è sbagliato. Il codice penale italiano blinda la proprietà con sanzioni più pesanti di quelle comminate per lesioni fisiche alla persona. Il che mi sembra aberrante. La prima proprietà è quella del proprio corpo, quindi dovrebbe essere tutelata più di ogni altra. Piccoli furti dovrebbero essere puniti con una semplice multa.
L – Perché, voi pensate che un vagabondo possa avere i mezzi per pagare una multa?
DG – Se non ha i mezzi, com’è più che probabile, lavorerà per la sua vittima fino ad aver saldato il  debito. Nel nostro caso, il vagabondo lavorerà per il supermercato, magari assegnato a mansioni di carico e scarico delle merci…
L – Bella questa!
DG – Il furto non dovrebbe neppur essere perseguibile d’ufficio, ma solo a querela di parte, da chi ne abbia interesse. Tornando al caso nostro:un cliente del supermercato scorge un individuo che si appropria alcune merci tentando di uscire senza pagarle. Avvisa i vigilantes, che accorrono e sventano il tentativo. Dovrebbero essere i responsabili del supermercato a decidere se procedere giudizialmente oppure no. Non so chi riterrebbe opportuno affrontare spese legali e perdere tempo prezioso per 4 euro…
L – E in una società libertaria, senza Stato, come andrebbero le cose?
DG – Faccio soltanto un’ipotesi. Si tornerebbe a qualcosa di simile a quel che prescriveva il Diritto Romano. Il furto semplice veniva perseguito a querela di parte e non prevedeva la carcerazione, ma solo la restituzione della refurtiva (o di una somma equivalente), più un risarcimento in denaro dello stesso valore. In parole povere, si doveva restituire il doppio.
L – O bella, e perché?
DG – Metà del risarcimento erta a titolo di ristoro propriamente detto, l’altra metà rispondeva al principio del contrappasso, che consisteva nell’infliggere al colpevole lo stesso danno che la vittima aveva subito da lui: mi hai rubato mille? Mi restituisci mille e sborsi altri mille a tua volta…
L – Ma questa è la legge del taglione, occhio per occhio dente per dente…
DG – Senza dubbio: ma applicata a questi livelli e in queste forme è molto più umana di una carcerazione da sei mesi a tre anni più una multa che può arrivare fino a circa 500 euro.
L – Ho sentito dire che il governo Renzi vuole appunto eliminare la carcerazione per piccoli reati.
DG – Può essere cosa buona, a patto che le sanzioni vengano applicate tempestivamente, severamente e senza sconti. E che il nostro vagabondo, per tornare al caso di cui stiamo parlando, se non può pagarsi la multa, paghi il suo debito lavorando.
L – In un sistema libertario, che ne sarebbe di chi, come voi, ruba le donne?
DG – Io non rubo, seduco. La  seduzione non è reato, in nessun sistema! Anzi, a dire il vero, sono io a esser sedotto dalle grazie femminili. E ne sono lietissimo…

Giovanni Tenorio

Libertino

Un pensiero su “A proposito di furto.

  • Alessandro Colla

    La clausola di Locke è stata interpretata da qualcuno come diritto di prendersi una porzione di terra purché ne rimanesse una superficie di eguali dimensioni per gli altri che non l’hanno lavorata. Forse è questo il motivo per cui non ha avuto molta fortuna.

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