Don Giovanni

Femminismo cretino

Io non ho celebrato la giornata internazionale della donna, per due motivi. Il primo è che tutte le celebrazioni mi fanno venire l’orticaria, per quel tanto di falso e di retorico che contengono: e la festa della donna si basa proprio su un falso (“fake news”, come dicono i barbari), un fantomatico incendio (costruito ad arte dalla propaganda comunista mettendo insieme notizie di fatti capitati in tempi e luoghi diversi) che avrebbe fatto strage di lavoratrici tenute rinchiuse come schiave in una fabbrica. Il secondo è che la festa delle donne io la celebro tutti i giorni, come dovrebbero fare tutti. L’ho già detto e lo ripeto: mi chiamano seduttore, in realtà sono uno che si lascia sedurre, e ne sono ben contento. A dispetto delle leggende che circolano sul mio conto, e che purtroppo i miei due cari papà hanno contribuito a far circolare, io non ho mai violentato nessuna donna, semmai mi sono lasciato violentare, e con grande piacere. Sono il protagonista dell’Opera più grande che sia mai stata scritta, amo la musica e in particolare proprio l’Opera: e l’opera è donna, come dice il grande Quirino Principe. Nell’Opera i valori positivi di solito sono incarnati proprio dalle donne. Le Lady Macbeth sono eccezioni. Anche Carmen incarna valori positivi: gli stupidoni sono i maschietti che se ne innamorano e pretendono da lei fedeltà. Poi ci sono anche le rompiballe insopportabili come Donna Elvira, o come Tosca. la prima purtroppo, in un momento di debolezza, l’ho sposata, la seconda la terrei lontana come la peste. In ogni caso,  i personaggi più ripugnanti sono di solito i maschietti. Pollione, almeno, alla fine si riscatta; Pinkerton è odioso fin dall’inizio, e alla fine ancor di più. Il loro torto peggiore è quello di aver messo al mondo figli destinati a essere infelici. Io e la mia amica Carmen siamo i campioni di una sessualità a-genitale. Né io né lei abbiamo mai abbandonato figli in giro per il mondo.La cosa più ridicola di quest’ultima festa della donna appena trascorsa – Dio sia lodato, non se ne parlerà più fino all’anno prossimo –  è la polemica che ha investito la bravissima e bellissima Beatrice Venezi. Che probabilmente fa invidia a molti maschietti perché è più brava di loro, e a molte befane per la sua bellezza. Quindi è d’obbligo attaccarla. Qualche tempo fa i maschietti la attaccavano perché pretende di salire sul podio in eleganti abiti femminili, anziché infagottata in un buffissimo frac! Ma si guardino allo specchio, certi direttori d’orchestra d’oggi, che si presentano in orrende bluse funeree, e se potessero salirebbero sul podio in ciabatte. Che nostalgia per l’eleganza di un Toscanini  o di un Karajan! Uno dei pochi a conservare una bella sprezzatura è il vecchio leone Riccardo Muti, più giovanile che mai, il Signore ce lo conservi. Una bella donna, finalmente, esce a dirigere in un elegante abito femminile, dimostrando una musicalità più affascinante e più sottile di quella di molti suoi colleghi che si limitano a impugnare la bacchetta e agitare le braccia? Dovrebbe suscitare un coro di lodi. Una gioia degli occhi e delle orecchie. Un profumo di bellezza che si spande in sale di auditorium e di teatri, frequentate ormai soltanto da un pubblico di vecchi parrucconi.Ora la attaccano le befane femministe perché chiede di essere chiamata “direttore d’orchestra” anziché “direttrice”. I maschietti la additano al pubblico ludibrio perché non è abbastaza maschio, le donnette perché non è abbastanza femmina. Si mettano d’accordo fra loro! E’ una bella contraddizione. Alla quale se ne aggiunge un’altra, altrettanto risibile: i maschietti vorrebbero la bellissima Venezi infagottata in un frac perché si è sempre fatto così; è un omaggio alla tradizione (poi sono loro – contraddizione nella contraddizione- i primi a violare il decoro tradizionale uscendo a dirigere in pigiama); le donnette pretendono che si faccia chiamare “direttrice” in spregio alla tradizione di una lingua maschilista e sessista che merita di essere ribaltata.Se fossimo in un Paese serio la polemica meriterebbe di essere sepolta da pernacchi e risate. La Signora Venezi pretende di farsi chiamare “direttore”? E lasciamola in pace, faccia come vuole! Io continuerò a chiamarla Signora, e sono convinto che ne sarà onorata. Non c’è appellativo più bello per una donna. Anche il suo amatissimo Puccini sarebbe d’accordo, lasciandosi sedurre dal suo fascino, come fece con tante altre donne (ha commesso il mio stesso errore, ha sposato una rompiballe che porta o stesso nome d della mia!). I giornaloni come il “Corriere della sera”  prendono invece la cosa molto sul serio, arrivando addirittura a scomodare l’illustre linguista Giuseppe Antonelli per dimostrare che Beatrice Venezi ha torto. In Ialia -dice nel suo peraltro gradevole e dotto articolo- la prima volta che salì sul podio una donna, nell’ormai lontano 1905 al Politeama di Livorno, i giornali la chiamarono “direttrice” e addirittura già nel Settecento si usava il femminile “direttrice” per indicare una donna che guida un’orchestra.Nulla da eccepire. Ci mancherebbe che io mi mettessi a discutere con Antonelli, che tra l’altro ho sempre stimato, anche se non s’è mai degnato di rispondere alle richieste di chiarire alcuni miei dubbi linguistici. Se fossi nei panni della Signora Venezi non so che cosa farei. Mi farei chiamare “direttrice” ? Forse mi sentirei ridicola. “Direttrice” fa pensare a una vecchia bacucca che dirige una scuola. Alla larga, alla larga. “Maestra” sarebbe ancora peggio. Ancora scuola, scuola elementare, la maestrina dalla penna rossa di deamicisiana memoria. Tra i maestri elementari che hanno aduggiato la mia infanzia c’era anche una donna. Non erano maestri di scuola pubblica, ma, come ho avuto altre volte occasione di dire, precettori privati, quali si convegono a personaggi d’alto lignaggio come  sono io. Come chiamarla, quella maestra, “precettora”? L’avessi fatto, l’avrebbe preso per uno sberleffo e non avrebbe esitato a riempirmi di nerbate. Perché le donne, quando arrivano a posizioni di comando, sono più toste degli uomini. E’ questo il motivo per cui consiglio sempre ai miei amici, quando hanno bisogno di un avvocato, di rivolgersi a una donna (avvocata, avvocatessa? Chiederemo al prof. Antonelli. Sulla scorta del “Salve regina”, dove si dice “Eia, ergo, advocata nostra”, propenderei per “avvocata”).Finora ho un po’ scherzato, ma, come diceva Orazio “quid vetat ridendo dicere verum?” Vorrei concludere in modo più serio, toccando un argomento molto meno frivolo. Torno al grande Quirino Principe, cui ho fatto cenno più sopra. Nel video di una sua dottissima conferenza sulla “Tosca” al Teatro Regio di Torino, rintracciabile in rete, lo sentiamo raccontare con scoramento una scena cui dovette assistere durante un viaggio in treno. A un turista straniero musicofilo che gli chiedeva di Puccini , un ragazzotto rispose: “Non c’è nessun Puccini, forse voleva dire Guccini”. Non c’è da stupirsene. Qualche lustro fa fu chiesto a studenti universitari chi è l’autore di “Aida”. Qualcuno rispose Beethoven. Probabilmente se gli avessero chiesto che cos’è il “Fidelio” avrebbe risposto: un transgender, e non sarebbe andato poi così lontano dal vero…Questo è il vero dramma: l’ignoranza, non solo musicale, dilagante tra le giovani generazioni. Se c’è un errore che la Signora Venezi ha fatto è quello di andare a una manifestazione degradata e degradante come il Festival di Sanremo. Non è questo il modo di far conoscere Puccini a ragazzotti ignoranti come l’esemplare  di cui sopra. Mischiare musica “forte” e musica debolissima non ha mai fatto bene a nessuno. Lo fece Di Stefano, andando proprio a Sanremo, quando ormai la sua carriera era agli sgoccioli, e  sappiamo com’è finito: cantando al “Kursaal” di Merano, il cui ingresso era vietato ai militari di truppa, davanti a un pubblico di militari di leva obbligati ad andarlo ad ascoltare rinunciando con stizza alla libera uscita. I concertoni dei “Tre tenori” sono da dimenticare. Pavarotti si è sputtanato cantando con Zucchero e mischiando Verdi ai cavalli.Signora Venezi, continui pure a farsi chiamare “direttore”. Continui a salire sul podio in abiti eleganti nelle splendide sale di teatri d’Opera che andrebbero conservati come gioielli  Continui a deliziarci con la sua musicalità e la sua femminilità impareggiabili. Lasci perdere Sanremo. Tra l’altro i ragazzotti ormai lo snobbano. Piace ai vecchi rimbecilliti come il Commendatore, che ne va pazzo.

Giovanni Tenorio

Libertino