Don Giovanni

Siamo in guerra, loro contro di noi

Ci hanno detto e continuano a dirci che siamo in guerra. No, non è vero. Non usiamo metafore a sproposito. La guerra è un conflitto armato di uomini contro altri uomini, non contro un microrganismo di dimensioni infinitesimali, che forse non è neppure un essere vivente propriamente detto, ma soltanto una catena chimica. La guerra, se proprio vogliamo usare la brutta metafora, è quella che combatte il nostro sistema immunitario contro tale microrganismo. Ma ancora una volta è un modo improprio di parlare. Lasciamo la guerra agli eserciti e ai soldati. Purtroppo, in questi bruti momenti in cui tutta la popolazione è stata messa agli arresti domiciliari, calpestando bellamente diritti sempre proclamati a parole, ma molto spesso violati con i più vari pretesti, i soldati sono presenti sulle strade, per affiancare le cosiddette forze dell’ordine (molto spesso, di fatto, forze del disordine) nelle loro attività repressive. Muniti di mitra. Per combattere il Coronavirus? No, per intimidire vieppiù i malcapitati che finiscono nelle loro grinfie. Si legge di cittadini intimiditi e insultati magari per aver fatto un giro un po’ più lungo dopo essere usciti a fare la spesa, approfittando del primo sole di primavera, che è il più efficace antidoto all’infezione virale. Si legge di carabinieri che sparano e feriscono chi ha forzato un posto di blocco. Di poliziotti che pretendono di perquisire le borse della spesa per vedere se si sono acquistate merci non necessarie. Un vecchietto è stato fermato e multato per essere uscito a comperare due bottiglie di vino. Il vino non è un prodotto alimentare necessario! Dov’è scritto? In una legge? No. In una circolare? Nemmeno. Parola di sbirro. Spesso semianalfabeta. Non solo murati vivi, quindi, ma ridotti peggio dei carcerati in tempi molto lontani, quando venivano nutriti a pane e acqua. Con pane e acqua uno può vivere. Il resto è superfluo. Neppure ai condannati al 41 bis (legge infame; e non mi si dica adesso che sono amico dei mafiosi: semplicemente homo sum, humani nihil a me alienum puto, come dice Cremete nell’ “Heautontimoroumenos” di Terenzio) è imposto un regime alimentare del genere. A questo punto devo dire: sì, è proprio guerra. Sbirri e soldati, che sono uomini, fanno guerra ad altri uomini, i cittadini ridotti a sudditi. Sono gli scherani di un potere che sta mostrando il suo vero volto. Il Coronavirus ha svelato che il re è nudo. L’emergenza, ancora una volta, è il pretesto per introdurre normative che calpestano la libertà. Normative che poi, quando si torna, o si crede di tornare, alla normalità, rimangono vigenti, perché ci si guarda bene dal cancellarle. Si pensi a quale imbarbarimento ha avuto la legislazione degli Stati Uniti dopo l’11 Setttembre. Il cosiddetto “Patriot Act” è soltanto l’esempio più clamoroso. Non parliamo degli orrori di Guantanamo. Durante la Seconda Guerra Mondiale nel Regno Unito fu introdotto l’obbligo della carta d’identità, per la prima volta nella storia di quel Paese. Finita la guerra, non fui abolito. Solo dopo che un cittadino, fra mille perizie, poté ricorrere alla Magistratura denunciando l’illegittimità del provvedimento in tempo di pace, la legge fu abrogata. Ma non andiamo tanto lontano. Il sistema penale e di sicurezza italiano ha subito un imbarbarimento progressivo dai tempi della famigerata “Legge Reale” (emergenza criminalità) a quelli di tutta la normativa anti-terrorismo. Pochi forse sanno che l’obbligo di segnalare al’autorità di Polizia la presenza, nella propria dimora, di un ospite per più di cinque giorni, è ancora in vigore. Quest’estate a una persona che io conosco, in vacanza in una località del Piemonte, è capitato di essere svegliata di mattino presto nell’albergo dove aveva preso alloggio per presentarsi alla vicina stazione dei Carabinieri. Dalla carta d’identità risultava che, qualche mese prima, era stata in Giordania, e nel suo passaporto si rilevavano non so quali anomalie. Sospetto di terrorismo? Tutto è finito nel nulla, ma quante angosce e quanto tempo buttato per la stupidità degli sbirri. Guerra, quindi, ma guerra dello Stato contro i suoi sudditi. Quel che più sconcerta, è che ancora una volta la realtà effettuale conferma la cosiddetta “sindrome di Stoccolma”, il meccanismo psicologico grazie al quale la vittima si innamora del suo carnefice. C’è gente che plaude alla repressione in atto. Gode se viene controllata non soltanto con posti di blocco presidiati da soldati con mitra, ma anche con gli strumenti più sofisticati, elicotteri che sorvolano i centri abitati e droni. Come in “1984” di Orwell, dove alla fine il protagonista arriva ad amare il “Grande Fratello”. Come sempre, la grande arte è profetica. E pensare che, nell’anno 1984, quando si aprì qualche dibattito sul capolavoro di Orwell intitolato proprio a quell’anno, qualcuno ebbe il coraggio di dire che si trattava di un’opera ormai datata. Un vero pirla, per dirla in lingua schiettamente meneghina, “nu cap’e cazzo”, come dicono i miei amici napoletani.E’ tanto vero che siamo in guerra, nel senso che dicevamo, che si è rispolverata la bandiera tricolore accompagnata dalla marcetta di Mameli. Inno di guerra, stringiamci a coorte, siam pronti alla morte, l’Italia chiamò. Chiamò contro chi? Contro il Coronavirus? Ma vogliamo scherzare? La Patria, ancora una volta, è l’ultimo rifugio dei mascalzoni. Il carnefice, lo Stato, inventa un nemico per legare a sé le sue vittime. Che applaudono dai balconi, sventolando la bandiera. Il più prestigioso quotidiano nazionale arriva addirittura a regalarla, la bandiera. Un illustre giornalista arriva a sostenere che per la prima volta ai balconi si affaccia il popolo, non come quando da Palazzo Venezia si affacciava Mussolini o, più recentemente, da Palazzo Chigi quel somarello di Di Maio. Mi vien voglia di chiedergli: ci sei o ci fai? Quando c’è di mezzo bandiera e inno è sempre il potere che si affaccia al balcone, anche se l’ingenuo cittadino, ridotto a suddito, crede di obbedire a un moto spontaneo, mentre è più che mai eterodiretto. Il potere ti punta la pistola alla schiena, e tu sei contento. Come nella Guerra del 15-18, quando gli ufficiali puntavano la pistola alla schiena dei soldati condannati a marcire nelle trincee, per mandarli all’attacco, ubriachi di grappa, contro altri uomini che non gli avevano mai torto un capello. E se quei poveri fanti, invece di sparare contro il nemico dichiarato, si fossero girati a sparare contro il nemico vero, che li costringeva a una vita disumana? Se, invece di esporre la bandiera, e cantare l’inno, il popolo suddito cominciasse a ribellarsi? In uno dei miei ultimi scritti alludevo alla rivolta scatenata da Giovan Battista Perasso detto il Balilla, a Genova, nel 1747. Del Balilla si parla proprio nell’inno di Mameli, in quella seconda parte che è così brutta e ridicola (“già l’aquila d’Austria le penne ha perdute” e altre amenità del genere) che non si canta più e pochi la conoscono. Ma il Balilla non ha niente che fare col fare con l’Unità d’Italia. Così come non ci hanno nulla che fare il Carroccio e la Battaglia di Legnano e Francesco Ferrucci a Gavinana, Quella di Balilla fu una vera e propria rivolta di popolo contro l’oppressione di un potere sentito come nemico. Molto più chiaramente che nelle Cinque Giornate di Milano, che videro in azione anche il popolo minuto, ma furono organizzate e guidate dalle classi alte. Tant’è vero che il ritorno di Radetzky fu applaudito da molti, specialmente fra la popolazione contadina, e ci fu chi, a propria giustificazione, esclamò: “Semm minga staa nun, hinn staa i sciori” . Ebbene mi fa piacere che il rappresentante dei commercianti genovesi in un’intervista concessa al al quotidiano telematico “Byoblu” abbia proprio fatto riferimento al Balilla e al suo “Che l’inse?”, “Devo proprio cominciare io?”. C’è chi continua a esporre tricolori ma c’è anche gente sempre più esasperata. Se continua così, la maggioranza sarà ridotta alla fame. Si abbandoneranno i balconi e si scenderà in piazza, coi forconi. Chi darà la sveglia? Le carceri sono già sul punto di riesplodere… 

Giovanni Tenorio

Libertino

8 pensieri riguardo “Siamo in guerra, loro contro di noi

  • Alessandro Colla

    A William Pitt, non so se padre o figlio, è stata attribuita la seguente frase: la necessità è il pretesto invocato per ogni violazione della libertà umana, l’argomento dei tiranni e il credo degli schiavi. Non so se il giornalista che paragona i balconi del potere con quelli delle abitazioni si renda conto che nessuno, se non le proprie manie personali, obbligava l’allora detentore del potere a stare sul balcone. Viceversa, anche il suddito non maniaco è oggi costretto a non oltrepassare quel balcone. Purtroppo vedo scarse reazioni in giro e molta soddisfatta sudditanza. Speravo nei centri di opposizione al regime. Ma leggo sul sito del Movimento Libertario articoli di alcuni suoi alti esponenti sostenere che uscire liberamente sarebbe oggi una violazione del principio di non aggressione in quanto ognuno di noi potrebbe essere un portatore sano potenzialmente infettante gli altri. Se fosse vero dovremmo stare sempre rinchiusi perché non sappiamo quanti agenti patogeni ci portiamo dietro senza avvertire sintomi. Ho cercato di mettere in evidenza questo aspetto, mi è stato risposto che dei virus influenzali conosciamo tutto mentre di questo nulla. Allora per tutto ciò che non conosciamo dobbiamo rinunciare a vivere. Ed applicare il principio di precauzione su ogni cosa limitando completamente, insieme alla libertà, anche il progresso scientifico e quello umano. Senza contare che ci sono alcuni scienziati che sostengono che questo virus sia imparentato con quello della Sars del 2003; quindi non è vero che non sappiamo nulla. Ho chiesto invano che si tenga conto, nelle statistiche, delle persone che sarebbero comunque infettate o decedute per altre patologie. Altrettanto invano ho chiesto un raffronto con infezioni e decessi dei periodi precedenti. Mi è stato risposto che in una città di ventimila abitanti ci sono stati cento morti in vece che della media di venti al mese. Ma la media di venti al mese è quella di Trilussa. Magari tutti gli inverni in un mese ci sono cento morti in quel mese, due o uno solamente in un altro mese e forse nessuno in un altro ancora. Un dato completo dei periodi precedenti mi viene negato. Provo a ricordare i tre milioni di infettati nelle influenze pregresse a fianco di meno di centomila colpiti attuali. Mi si ripropone la solfa del virus sconosciuto. Così quando non ci saranno più contagiati ufficiali, i sommi sacerdoti del potere potranno spacciarsi per salvatori della patria per aver limitato il contagio con le misure repressive. Come una volta gli stregoni dell’America centrale giustificavano i sacrifici umani per consentire il ritorno del sole in seguito a un’eclissi. Il sole poi tornava, certo, ma non per cause naturali: il merito era loro che avevano imposto il sacrificio di gente innocente. Anche questo ho scritto sul citato sito ma non mi si risponde né sul dato statistico né su quello giuridico. Perché se anche le cifre fossero veramente preoccupanti, continuo a ritenere che i governi non abbiano alcuna legittimità per impedire la mobilità di chi è intenzionato a non star fermo. Se perfino questo elementare principio è messo in discussione da chi si definisce libertario, allora non trovo più conforto nemmeno psicologicamente. Perché so che nulla posso contro il potere ma ritenevo di avere una sponda politica, magari numericamente insignificante ma qualitativamente interessante. Per minori violazioni della libertà, vidi nel 1973 serie proteste contro il divieto di circolazione con le automobili private dopo un certo orario in occasione della crisi petrolifera dell’epoca. Oggi noto l’incredibile silenzio dei radicali. Si avverte la mancanza del capo carismatico che ben sappiamo chi fu fino a non molti anni or sono. Nulla mi attendo dal gruppo boniniano (o bonineo, per dirla alla democristiana) che preferisce la partecipazione al potere in luogo delle battaglie per il diritto. Mi aspettavo iniziative da parte dell’altro gruppo, ad esempio da Giovanni Negri. Nulla. Per me lo scoramento continua, non solo sul piano filosofico ma anche su quello strettamente personale dal momento che sono costretto a vivere alcune situazioni affettive limitate al contatto telefonico. E sottoposto alla tortura cinese dello stillicidio decretizio delle date sempre rinviate riguardo al ritorno della cosiddetta normalità. Sono abbastanza casalingo, grazie anche al piacere della lettura, ma comincio lo stesso a non reggere più. Solo che a sessantuno anni non credo di avere la forza di essere io a lanciare per primo il sasso.

  • Caro Colla, condivido il Suo intervento fino all’ultima virgola. Quanto al Movimento Libertario, quelli si sono da tempo bevuti il cervello. D’altra parte, sono per lo più figlioletti di Gianfranco Miglio, che libertario non è mai stato, ma semmai indipendentista e “federalista” (parola usata assai a sproposito: perché il federalismo è una forma di accentramento, non di decentramento. Nella Storia degli Stati Uniti federalisti erano quelli che volevano delegare più poteri al governo centrale. La Confederazione Elvetica, pur continuando a chiamarsi così, è di fatto, dalla seconda metà dell’Ottocento, una federazione, per aver rafforzato i poteri del governo di Berna). Del pensiero di Hoppe accettano la parte più discutibile, messa ben in evidenza dall’amico Gian Piero de Bellis. Il personaggio cui Lei allude sugli omosesuali la pensa più o meno come la pensava Piero Buscaroli, grande intellettuale dichiaratamente fascista: “Sono malati di mente”. Sappiamo che fine facevano nella Germania di Hitler e nella Russia di Stalin. Finivano in manicomio. Indigestione di Miglio, ma ignoranza totale di Szaz, l’antipsichiatra libertario.
    Per tornare alle misure liberticide che tanto piacciono ai sedicenti libertari “moderati”, ecco che cosa leggo oggi su EVERITHING VOLUNTARY :”And if the politicians send uniformed thugs to enforce their dictates? Leave a few of therir bodies lying in the streets or hanging from lamp posts as a warning to the wise” . In somma, ancora una volta: “Che l’inse?”

  • Dino Sgura

    Il Foglio, Linkiesta, il dott. Giulio Tarro, il prof. Boldrin, Nicola Porro, Daniele Capezzone e Vittorio Sgarbi mi pare siano le uniche autorevoli voci critiche sull’operato cialtronesco di questo governo. Del resto appare chiaramente quali siano i modelli dei nostri governanti: non sono certo l’Europa del nord e nord ovest, il mondo anglosassone ecc, con Johnson deriso e schernito, quanto semmai la Cina neocomunista, la Russia, il Venezuela, Cuba… tutti paesi faro di civiltà, ormai nostri amici ed alleati.
    Ma è la retorica che conta, l’importante è che questo governo “abbia anteposto la salute del popolo italiano agli sporchi interessi del profitto capitalistico” grazie ai consigli del “patto trasversale per la scienza” e di Landini….. e chissà cosa s’inventeranno questa estate con la fame incombente…. la battaglia del grano magari.

  • Alessandro Colla

    La Russia no, non risulta amica e alleata degli attuali italodespoti. Ma solo perché Putin è nazionalista (come Orban) e quindi viene associato a Salvini. Per il resto, obbedendo ai dettami della chiesa ortodossa, le sue leggi e quelle della Duma sono quasi come quelle italiane per quanto riguarda il tasso di autoritarismo. Lui si è ritrovato con delle connazionali cantanti anticlericali che hanno interrotto una funzione anglicana in Gran Bretagna. Risultato? Trecento sterline di multa. Hanno replicato casalingamente in una chiesa ortodossa della loro Russia. Questa volta il risultato ha costituito una condanna a più di tre anni di carcere. Non poca la differenza. Ma questa, Dino, è tutta analisi; che non risolve il nostro problema del “che l’inse?”. Ho letto l’articolo segnalato da don Giovanni. Personalmente non me la sento di uccidere, né uno sbirro né un mafioso. Viltà? Forse. Loro approfittano proprio dell’istinto non violento di chi usa l’arma della ragione. Merito questa situazione in quanto non violento? Anche qui rispondo forse. Ma con qualche dubbio. Tra l’altro, in Italia, le armi ce le hanno solo loro. Una battaglia a sconfitta garantita.

  • Gran bell’articolo di cui (stranamente) condivido tutto.

    Si aggiunga, tra l’altro, che sul “cattivone” Radetzky qualcosa non quadra, in quanto anche senza più cariche, egli visse tranquillo a Milano e ivi morì senza alcuna aggressione.
    Magari essendo ormai decrepito avrà fatto pena, ma dubito che il feroce monarchico Bava avrebbe potuto fare altrettanto.

    Lieto anche di sentire idee critiche su quella banda di magliari pataccari del ML, aka Premiata ditta F&F. E’ da parecchio che li prendo a calci in culo; se aprissi le cataratte io, Iguassu parrebbe un rigagnolo.

    Piccola correzione fraterna: i suoi amici napoletani diranno sicuramente “nA cap’e cazz” e/o “nU strunz”.

  • Alessandro Colla

    Su uno dei due “EFFE” non me la sento di condividere l’aggettivo di pataccaro. Sull’altro sto sperimentando un bel po’ di delusione per le sue prese di posizione dettate dall’allarmismo. E sul quale non mi risponde quando chiedo il confronto delle cifre. Se per seppellire un determinato numero di persone occorre l’esercito, perché lo scorso anno le forze armate non sono state utilizzate con un numero maggiore di vittime? Solo perché all’epoca non facevano notizia e ai regimi non servivano? Solo perché qualcuno non vuole ammettere che la calca scatenata dal terrore ha provocato negli ospedali qualche infettato in più rispetto a quelli che avrebbero potuto non ammalarsi? E magari salvarsi, come nel caso degli operatori sanitari? “Migliaia di morti”. Tutti per il coronavirus? E i cinquantuno milioni di morti della cosiddetta spagnola di cento anni or sono? Ho difeso sempre la sperimentazione sugli organismi geneticamente modificati. Mi sento tradito. Anche dai radicali; che finora non mi risulta abbiano prodotto alcun intervento in merito.

    • Per quel che ne so io, come mi disse vent’anni fa un lavoratore del settore, per legge i morti infettati vanno chiusi in bare di zinco e cremati. Non essendo possibile smaltire nei crematori lombardi tutti i deceduti, li hanno dirottati in altri centri (es. Novara). Credo che sia per questo l’intervento militare.

      Io sono invece piuttosto critico sul fatto che ogni camion trasporti solo 6 bare, ovvero circa 6 quintali, quando hanno una portata di 4 tonnellate circa, che raddoppiano con un semplice rimorchio.

      Meno traffico, meno scena, meno inquinamento, meno colonne, meno autisti, meno gasolio, meno costi, più intelligenza.

  • Alessandro Colla

    Appunto, più intelligenza, cioè quella che il popolo non vuole. Più scena, invece, quella utile al potere.

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