Don Giovanni

Medioevo prossimo venturo?

La notizia, se le mie informazioni sono corrette, non ha trovato spazio sulla grande stampa nazionale, e neppure sugli altri media a larga diffusione, ma solo su alcuni quotidiani locali. Capisco che, di questi tempi, bollono in pentola questioni tanto gravi (prima fra tutte, quella della possibile chiusura degli stabilimenti ILVA di Taranto), da rendere necessaria una selezione delle notizie minori. Ma la questione di cui intendo qui parlare non mi sembra poi  così trascurabile, anche perché ha implicazioni di bruciante attualità. In breve: in molte zone dell’Italia Settentrionale, dalla Lombardia al Veneto all’Emilia, sabato 9 novembre è capitato un fatto inaspettato: per motivi misteriosi, che non mi risulta siano stati finora chiariti, si sono bloccati tutti i canali elettronici delle transazioni monetarie. Nei supermercati non era possibile pagare con le carte di credito, al punto che molti clienti sono stati costretti ad abbandonare i carrelli pieni di merce acquistata e rinunciare alla spesa; non era possibile rifornirsi di  moneta tramite bancomat. Panico generale. Per fortuna, pare che nel pomeriggio il problema sia stato risolto. Ma qualcuna non ha potuto fare a meno di sussurrare: “Se davvero si arriverà a eliminare del tutto il contante, e dovesse succedere qualcosa del genere, senza che si riesca a ristabilire in poche ore la normalità, che facciamo? La tecnologia è una gran bella cosa; l’informatica e la cosiddetta intelligenza artificiale, i sistemi esperti, ecc. ecc. ci offrono opportunità un tempo impensate, ma come tutte le cose umane si possono guastare. E allora, che si fa? Bisogna aver pronti gli strumenti d’emergenza; magari rozzi strumenti, antiquati quanto si vuole, però preziosi”.

In un racconto di Asimov si immagina che, in un convegno di scienziati, a un certo punto ci si imbatte in un problema matematico che, con le tecniche d’avanguardia a disposizione appare irrisolvibile. Dopo un po’ si alza un vecchietto e fa presente che i calcoli si possono eseguire anche con carta e matita. La storiella mi ritornò alla mente quando, parecchi anni fa, in un supermercato della catena Esselunga si bloccarono gli apparati elettronici delle casse. L’attività dovette essere sospesa, i clienti dovettero tornarsene a casa a mani vuote, si dovettero chiamare d’urgenza gli esperti dalla centrale operativa più vicina e solo dopo molte ore l’attività poté essere ripresa. Le cassiere sono abilissime a digitare i prezzi, ma non so quante di loro conoscano ancora le tabelline, che una volta a scuola si studiavano a memoria. Oggi i calcoli possiamo eseguirli con le calcolatrici elettroniche integrate nei cellulari o negli smartphone, e un cellulare o uno smartphone l’abbiamo tutti in tasca. Ma quando capitò il fatto di cui parlo i cellulari e gli smartphone non esistevano ancora; esistevano già le calcolatrici elettroniche, ma raramente uno se le portava appresso, se non in caso di necessità. Se qualcuno fosse stato capace di fare i conti con carta e matita forse, in attesa che arrivassero i  tecnici a riparare il guasto, sia pur con notevole rallentamento si sarebbe potuto provvedere a servire i clienti, invece di mandarli a casa a mani vuote, registrando gravi perdite economiche.  Lo stesso si dica per le transazioni monetarie elettroniche. E’ un errore eliminare del tutto i contanti; ed è un errore andare a far la spesa solo con carte di credito. Se i sistemi si bloccano, chi ha in tasca la vecchia moneta in qualche modo si arrangia; gli altri si attaccano al tram. Ma se la moneta viene completamente eliminata per legge, ci attacchiamo al tram tutti quanti. Demonizzare il progresso è da stupidi, ma è ugualmente da stupidi farne un mito. Prima della rivoluzione informatica l’ingegnere e scrittore Roberto Vacca scrisse un saggio, che fece molto scalpore, dal titolo provocatorio “Medioevo prossimo venturo”, in cui si sosteneva che la crescente complessità degli apparati tecnologici li avrebbe resi a un certo punto ingovernabili, causando una crisi sistemica che avrebbe provocato un blocco  dello sviluppo economico e un ritorno alla povertà. Più avanti l’autore si dovette ricredere: l’elettronica, l’informatica, l’intelligenza artificiale permettevano di rendere governabili gli apparati che, fin quando erano basati principalmente sulla meccanica, erano destinati a entrare in crisi. Quindi si sarebbe andati verso un “”Rinascimento prossimo venturo”, come recita un altro saggio dello stesso autore, che si ricollega al primo ribaltandone le prospettive.

Ma c’è sempre un altro lato della medaglia. Il progresso è una gran bella cosa, ma l’acquisizione di nuove conoscenze e di nuove tecniche spesso fa perdere abilità importanti. Se n’era già accorto Platone. Nel “Fedro” racconta che il dio Teuth va dal re Thamus e gli offre la sua invenzione della scrittura come potente strumento di progresso: “Questa tecnica renderà gli uomini più sapienti, perché è un farmaco per la memoria”. Ma Thamus gli risponde che sarà tutto il contrario di quel che lui dice: fidandosi dello scritto, gli uomini perderanno la memoria. Vero. Oggi con le calcolatrici elettroniche abbiamo disimparato le tabelline. Sarei curioso di sapere quanti laureati sono ancora in grado di estrarre una radice quadrata con il vecchio sistema che una volta si insegnava nelle Scuole Medie. Quanto alla memoria, ormai l’abbiamo persa del tutto. Sembra un discorso reazionario, e un pochino lo è. Ma, come abbiamo già detto più di una volta, ci sono momenti in cui bisogna avere il coraggio di essere reazionari. Nei primi anni Settanta dello scorso secolo Gaspare Barbiellini Amidei pubblicò un saggio dal titolo “Il minusvalore”, in cui dimostrava che, accanto al “plusvalore” di cui parla Marx, lo sviluppo capitalistico porta con sé anche un “minusvalore”, consistente nella perdita di abilità, tradizioni, linguaggi, modi d’essere  che non sono soltanto materiali, bensì spirituali in senso lato. Ma, mentre il “plusvalore” rubato dall’imprenditore capitalista può essere, secondo Marx,  recuperato e redistribuito grazie alla rivoluzione proletaria, il “minusvalore”, una volta perduto, risulta difficilmente recuperabile.

Bisogna allora intervenire prima che sia troppo tardi. Qualcuno s’è già accorto che il “minusvalore” prodotto dalla rivoluzione informatica può essere una grave perdita, e sta correndo ai ripari. Negli stati Uniti si sta tornando, nelle scuole primarie, alla scrittura manuale, riducendo l’uso delle tastiere. Ci si è resi conto che scrivere a mano implica un lavoro mentale importantissimo per lo sviluppo delle facoltà intellettive. Si è anche scoperto che leggere libri di carta stampata è molto meglio, ai fini dell’apprendimento, che leggere su schermi elettronici. In Italia, dove le innovazioni già sperimentate altrove arrivano in ritardo, quando all’estero sono già state ridimensionate o messe da parte, da qualche tempo i giovani escono dalla scuola senza saper scriver in corsivo e si persevera nel tentativo di sostituire i vecchi libri di testo cartacei con testi elettronici.

Successe qualcosa di simile per quanto riguarda l’insegnamento della Matematica con il metodo dell’Insiemistica. In Italia veniva proposto come un’assoluta novità, destinata ad aprire vasti  orizzonti, quando in altri Paesi si era ormai da tempo ritornati al vecchio metodo, visti i risultati deludenti. Invano Silvio Ceccato, filosofo, linguista  ed esperto di cibernetica, cercava di far capire a tanti pedagogisti che stavano combattendo una battaglia sbagliata.

Torniamo alla moneta. Si sente ripetere che i contanti vanno eliminati perché la loro gestione è più dispendiosa dei sistemi di pagamento elettronici. Non è vero: gli esperti della Bundesbank hanno affermato e dimostrato il contrario. Si dice che le carte di credito e i POS  non sono una manna per le banche, perché, grazie al loro incremento, i costi per gli utenti verranno ridotti, e quel poco che si pagherà per il servizio bancario sarà ampiamente compensato da una maggior fluidità delle transazioni. Falso anche questo. Per le banche sarà proprio una manna, perché nessuno più potrà ritirare il denaro dai conti correnti e nasconderlo sotto il materasso, inceppando il perverso meccanismo della riserva frazionaria. Ma c’è di peggio. E’ provato che le carte di credito sono un forte incentivo a spendere e a indebitarsi. I keynesiani da strapazzo potrebbero dire: “Benissimo! Se si spende di più, tanto meglio per l’economia, visto che la crisi in atto è dovuta a un eccesso di risparmio”. E’ una balla anche questa, che sarebbe troppo lungo ora confutare. Magari ci torneremo sopra. Sta di fatto che, sempre negli Stati Uniti, anche a questo proposito si sta facendo macchina indietro. L’indebitamento delle famiglie ha raggiunto livelli mostruosi, e si sta proprio rivalutando il vecchio, caro contante: che quando si hanno le tasche vuote, non può essere speso. All’inizio degli anni Sessanta dello scorso secolo, quando ancora l’economia italiana era nel pieno del suo sviluppo, grazie alle politiche oculate di galantuomini della vecchia scuola einaudiana, ma già si avvertivano i segni dei guasti che il keynesismo in ascesa avrebbe provocato, a un vecchio artigiano tipografo venne regalata una carta di credito, mezzo di pagamento a quei tempi rarissimo e riservato a pochi privilegiati. La tolse dalla busta, la guardò, scosse la testa, la mise sotto la lama della taglierina, la divise in due pezzi e la gettò tra i rifiuti. Il nipotino, che era nel laboratorio con lui, gli disse: “Ma nonno, sei pazzo?” E il nonno gli rispose. “Non ho mai fatto debiti in vita mia. Non voglio rovinarmi proprio ora che sono diventato vecchio”. Quel tipografo era il figlio di quella vecchina che teneva le banconote da diecimila lire nascoste nella stufa, tra gli stracci. Persone stupide? No, persone sagge. Nella loro ignoranza, avevano capito tutto. Che la riserva frazionaria è una schifezza, e che i contanti fanno tutt’uno con la sacrosanta virtù del risparmio.

Giovanni Tenorio

Libertino

5 pensieri riguardo “Medioevo prossimo venturo?

  • La storia del nipotino che dice “nonno sei pazzo” non mi convince; potrebbe reggere al giorno d’oggi che anche un bambino sa cosa sono le carte, almeno le prepagate varie, non allora.

    Io ho avuto un’esperienza simile quando mio padre ricevette la sua prima (ed ultima) carta di credito (Bank of America) via posta intorno al 1966 (+/-) e l’ha spezzata in 4 con le mani piegandola più volte e io a tempestarlo di domande su cosa fosse quell’oggetto di plastica mai visto, su a che cosa servisse, sul perchè lo buttasse via, e poi perchè non lo buttasse via e basta senza fare tutta sta fatica, e giù a rompergli le palle e a dargli il tormento…

    Similmente doveva fare il nipotino in questione, sennò per me “scricchiola”.

    • Confermo tutto quanto ho scritto. Ne sono stato testimone oculare. Quando mi capita di parlare per sentito dire, lo faccio presente, lasciando ad altri responsabilità di quel che riporto Se il racconto scricchiola, lasciamolo scricchiolare.

    • In questo caso quel nipotino doveva essere un bimbo “indaco”; io al contrario ero poco più di un animaletto da cortile.

  • “(…) la vita, per tutte le sfacciate assurdità, piccole e grandi, di cui cui beatamente è piena, ha l’inestimabile privilegio di poter fare a meno di quella stupidissima verosimiglianza, a cui l’arte crede suo dovere obbedire” (Pirandello, Il fu Mattia Pascal)

  • Però se permane lo status quo attuale – ovvero euribor negativo – se togli i soldi alle banche è un agrement, un cadeau inaspettato e gradito, prova ne sia la proposta del presidente di Unicredit di stangare i c/c troppo pingui, cosa che peraltro mi pare già avvenga altrove in UE.

    Se poi obbligheranno all’uso delle carte abbassando o annullando per legge le commissioni, ovviamente gli istituti andranno a rifarsi altrove (canoni o altro).

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