Facce di bronzo
Era già capitato a Bertinotti, che però, tutto sommato, era più simpatico. Alla cerimonia del Due Giugno, non poteva mancare, per il suo ruolo istituzionale. Però, pacifista a senso unico come tutti i compari della sinistra, mica poteva battere le mani alla sfilata dei Bersaglieri e al rombo delle Frecce Tricolori. Un bel distintivo antimilitarista all’occhiello e una bella faccia di bronzo servivano egregiamente all’uopo di salvar capra e cavoli, la lealtà alle istituzioni e il rifiuto della guerra. La Boldrini ha fatto la stessa cosa. Applauso da spellarsi le mani per i rappresentanti del servizio civile, viso impassibile e braccia lungo i fianchi alle esibizioni dei reparti militari. Sepolcri imbiancati! Siate coerenti, per favore. Anch’io aborro gli eserciti, come e più di voi. Tutti gli eserciti, non solo quelli dei Paesi che meno gradisco. Per me lo Stato è un furto, la guerra un delitto e il servizio militare una schiavitù. Per fare il militare o il poliziotto bisogna esser tagliati in un certo modo. Io preferirei andare a pulire i cessi, per tutta la vita, ma de gustibus non est disputandum. Non sarò io a impedire le scelte degli altri, a patto che poi questi altri non impediscano le mie. Aggiungo: non solo aborro il servizio militare, ma qualsiasi altra corvé che il potere politico (non importa se legittimato per diritto divino o per “consenso” democratico) impone ai cittadini-sudditi. Quindi anche il cosiddetto servizio civile, che se cessa di essere volontario diventa un onere odioso, privo di ogni idealità; uno strumento come un altro per far eseguire a prezzo vile incombenze d’ogni genere che altrimenti dovrebbero essere affrontate pagando -com’è giusto- a prezzo di mercato i soggetti disposti ad accollarsene la soluzione. Sfruttamento, nient ‘altro che sfruttamento. Forse che cessa d’esser tale perché esercitato da poteri pubblici anziché da soggetti privati? Penso che anche Marx ne avrebbe orrore. Lo Stato può mandare i sudditi a morte in guerra, e metterli in catene in pace. Siano morte e catene allo Stato, piuttosto!
Più coerenza, signori! Se odiate la guerra, dovete odiare lo Stato, quindi non potete assumere cariche istituzionali. Se assumete cariche istituzionali, fate il favore, in tutta coerenza, di non essere antimilitaristi e di applaudire Bersaglieri, Alpini, Carristi, Frecce Tricolori e tutto l’arsenale guerresco. La guerra è connaturata allo Stato. Ogni Stato è nato da un atto di violenza, e non può che difendersi attraverso la violenza. Dove si tracciano confini si distingue il NOI dal VOI, il conterraneo dal nemico, il consanguineo dal barbaro, l’umano dal non-umano. Né mi si venga a dire che questo capita solo in presenza di grandi potentati politici, Avete presente, nel mondo antico, la guerra del Peloponneso, tra Atene e Sparta? Avete presente le guerre tra i liberi Comuni del tardo Medioevo in Italia, quando un uomo di alto sentire come Dante poteva augurarsi che Pisa fosse sommersa dall’Arno e gli abitanti di Genova annientati? Aboliamo i confini e non ci sarà bisogno di eserciti per difenderli (che le frontiere siano segno di barbarie lo disse Luigi Einaudi, che non era un estremista anarchico come me). Ma per abolire i confini bisogna abolire gli Stati. Non si potrà. purtroppo, abolire la violenza, che è connaturata al legno storto dell’Umanità. Ma dove nessuno può accumulare coattivamente risorse per fabbricare cannoni, le armi serviranno soltanto per la difesa privata. Non ci sarà bisogno dell’atomica. Ci potranno essere violenze di gruppo, contro cui sarà necessario approntare forme di difesa. Nessuno però potrebbe bombardare Dresda, distruggere Montecassino o sganciare ordigni su Hiroshima e Nagasaki in nome della libertà. Sarebbero scaramucce risolvibili con atti di guerriglia.
Sento già le obiezioni:utopie di sognatori anarchici! Può darsi. Più oneste però delle contorsioni ipocrite dei Bertinotti e delle Boldrini.
Permettetemi, in questa occasione, di rendere omaggio a uno scrittore che mi è caro, Carlo Cassola. Fu spudoratamente messo alla berlina, come fosse una nuova Liala o qualcosa di simile, dagli avanguardisti di Gruppo 63, quei bei tomi autori di prose illeggibili, poesie orripilanti e musiche vomitevoli (avete presente Edoardo Sanguineti? Avete presente Luigi Nono? Se vi piacciono, godeteveli). Cassola piaceva al pubblico per la sua prosa piana, scorrevole, dimessa, eppure elegante. Era inviso ai sapienti per la sua critica implicita, ma corrosiva, al mito della Resistenza. Ebbene, Cassola ebbe il coraggio, negli ultimi anni della sua militanza letteraria e civile, di perorare con tutte le sue forze la causa del disarmo unilaterale. Sembrava una follia, in un momento in cui la corsa agli armamenti delle grandi potenze di allora, USA e URSS, aveva raggiunto un livello di altissima tensione. Allo schieramento dei missili sovietici (i famigerati SS 20) si rispondeva con lo schieramento degli altrettanto famigerati Pershing e Cruise. Contro i quali ultimi insorgeva il pacifismo a senso unico delle sinistre (di cui sono degni eredi i Bertinotti e le Boldrini), con cortei e slogan in cui si deprecava il capitalismo guerrafondaio al soldo della plutocrazia statunitense. Sui missili sovietici, naturalmente, silenzio assoluto. Cassola cantava fuori del coro. Non era schierato da nessuna parte, semplicemente deprecava la guerra e si batteva per un mondo pacificato. Diceva che la causa della corsa agi armamenti era da imputarsi agli Stati sovrani armati. Fin qui aveva ragione. Sbagliava però pensando che bastasse il disarmo (magari un disarmo unilaterale, che poi si sarebbe propagato per contagio) a risolvere il problema. Fin che ci saranno Stati sovrani ci saranno eserciti. Ridurre la sovranità e mettere in capo le mansioni guerresche a un soggetto sovranazionale (pensiamo alla Comunità Europea di Difesa, da molti sognata e finora abortita) sposta semplicemente il problema a un livello più alto. Un governo mondiale, come sognava Kant? No, molto più semplice: nessun governo, né grande né piccolo. Solo comunità volontarie, svincolate dalla territorialità. Senza territorio, che confini si vogliono tracciare? E se non ci sono confini, chi può invadere chi?
Infatti i confini dovrebbero essere solo geografici, non politici. Quest’articolo è uno dei più belli che ho letto, mi permetto di commentarlo con un paio di piccoli dissensi. Bertinotti simpatico, no; ma ovviamente è una considerazione del tutto personale. Non credo che Marx avrebbe orrore del tipo di sfruttamento che vorrebbero pinocchi e pinottiani. a meno che non si sia reso conto di quanto sfruttamento avrebbe portato l’applicazione delle sue teorie. E non c’era bisogno, come ci insegna Popper, di provarne l’applicazione stessa in quanto il fallimento era tutto nelle premesse teoriche. In questi giorni torna sul tema del servizio obbligatorio anche Romano Mussoprodi, ex presidente di quell’istituto fondato da un certo Beneduce (nomen omen). Se ne è uscito lamentandosi che in Italia manchino degli “obblighi verso la società”. Certo, perché la società è un dio creatore, come tutti sappiamo, al quale dobbiamo inchinarci. Ha aggiunto che la tassa sulla prima casa è una misura di uguaglianza. Naturalmente, la stessa uguaglianza che ci può essere tra chi si è sacrificato all’osso per un bene primario come l’abitazione e chi ha avuto l’assegnazione dell’alloggio pubblico senza sacrifici personali. D’accordo su tutto per quanto riguarda Cassola, Sanguineti e Nono. Di quest’ultimo ho ascoltato “Al gran sole carico d’amore”. Non mi sentivo in grado di commentarlo; mi venne incontro, all’epoca, uno studioso di quelli filoavanguardisti rompicollo: “Du’ p… (censura), fu la romanissima critica. Se non è piaciuto a lui, figuriamoci a un che come me non è mai riuscito a capire certi linguaggi; sempre che di linguaggi si tratti. Solo che se si dissente, gli intellettuali dicono: “non ti piace perché sai che è di sinistra”. Ormai rispondo di sì, perché sono diventato intollerante. In passato gli ricordavo che i miei registi preferiti erano Visconti, Scola, Monicelli e Lizzani. Che apprezzavo Gli Indifferenti, La Ciociara, La Romana e i Racconti Romani di Moravia. Che mi coinvolgeva molto l’Isola di Arturo di Elsa Morante. Che mi divertivo tantissimo a vedere Dario Fo e Franca Rame. Che mi piaceva Guttuso. Che Franco Mannino, autore da me apprezzato, era dichiaratamente filosovietico. Ma loro continuavano a rispondermi che il mio “pregiudizio” nei confronti di Luigi Nono era dettato da motivi ideologici. Facce di bronzo? No, facce come il … cielo; quando è plumbeo, però.