Don Giovanni

Mercato e meritocrazia totalitaria

Credo d’averlo già detto: Dacia Maraini è brava scrittrice, mediocre ideologa. In uno dei suoi ultimi interventi sul “Corriere della sera” parla dei diversi significati, ora celebrativi, ora deteriori, in cui viene impiegata la parola “popolo”. Concetti chiari, in gran parte condivisibili. Sono il primo a dire che con “popolo” si può significare tutto e il contrario di tutto. Il “popolo” è un fantasma che corrisponde di volta in volta ai sogni dei visionari (e tra questi ci metto filosofi, politologi, sociologi, ecc.). In senso proprio è un aggregato di persone, un insieme, non una struttura. Delle strutture si può dir qualcosa, perché hanno una forma, di un insieme si può solo dire se sono sassolini, caramelle, elefanti e via di seguito. Quel che mi stupisce nel ragionamento della Maraini è il punto in cui, per esemplificare un’accezione deteriore del termine in questione, parla del popolo degli evasori e degli antimeritocratici. Non vedo il nesso. Uno può essere evasore e meritocratico, antimeritocratico e contribuente fedele. A meno che la Maraini non sia d’accordo con l’assunto di Pierluigi Barrotta nel saggio “I demeriti del merito – Una critica liberale alla meritocrazia”, dove si dimostra che il mercato non premia i più meritevoli, ma chi sa rispondere meglio alle richieste dei consumatori (se il consumatore vuol puttane o droga avrà puttane e droga, anche se non è un merito né puttaneggiare né drogarsi). Sostituire il mercato con un sistema meritocratico significherebbe aprire le porte a una società totalitaria (avete presente la repubblica di Platone, dove governano i filosofi? Dio ce ne scampi e liberi!). Non penso che la nostra brava scrittrice sia in sintonia con questo pensiero. Se è, come presumo, ammiratrice della costituzione più bella del mondo, considererà un gioiellino l’art. 36, dove si dice che il lavoro deve essere retribuito in modo proporzionale a quantità e qualità (siamo oltre Marx, che parlava di plusvalore in termini puramente quantitativi).  Ma se non è il mercato a stabilire la qualità, chi dev’essere? Evidentemente la Repubblica, che, dice l’art l’art,1, sul lavoro è fondata. Ricadiamo nella repubblica platonica, governata magari non dai filosofi ma dagli economisti della decrescita felice alla Piketty. Se la tenga, la Maraini. Io sono evasore e antimeritocratico, nel senso di Barrotta, e me ne vanto: voglio far morire lo Stato che pretende di stabilire che cosa è meritevole e che cosa no. Sarebbe capace di togliermi le donne e il Marzemino.

Giovanni Tenorio

Libertino