Don Giovanni

Magrotte, cicciottelle, niqab, burqa e chador

Non sarò certo io, che le amo e le ammiro, a dire che tutte le donne sono oche. Certamente tra loro di oche ce ne sono, ma nella stessa misura in cui tra i maschietti si annovera una congrua percentuale di somari patentati. In somma: è l’umanità in quanto tale, senza distinzione di sesso a generare i suoi scarti; così come per qualsiasi prodotto, a dispetto di tecnologie sempre più raffinate, non mancano esemplari difettosi per vizio di fabbricazione.

Oche sono certamente quelle che si impuntigliano su sciocchezzuole credendo di combattere in nome di sacrosanti diritti. Una giunta comunale è composta di soli maschietti? Ecco l’ochetta di turno inalberarsi gridando alla discriminazione sessista. Non le passa neppure per l’anticamera del cervello che forse non erano disponibili, in quel particolare contesto, femminucce dotate di capacità e competenze pari a quelle dei maschietti. In un contesto completamente diverso sarebbe potuto capitare l’opposto: nessun maschietto competente e capace, quindi una giunta di tutte femminucce. Lo so, è un’ipotesi puramente accademica, che però non può essere esclusa come impossibile. In quel caso qualcuno avrebbe il coraggio di gridare alla discriminazione contro i maschi? Al contrario, si inneggerebbe all’apertura mentale di chi ha saputo scommettete sull’intelligenza delle donne. Un giornalista sportivo chiama “cicciottelle” alcune campionesse olimpioniche? Apriti cielo! Quale offesa! Neanche le avesse chiamate puttane. Viene subito rimosso. Ma “cicciottella”, per chi ha un minimo di cultura, non è un’offesa, è un complimento. La magrezza femminile, spinta fino all’anoressia (modello Audrey o Angelina) è una bruttura degli ultimi decenni. Fino a non molto tempo fa era considerata un grave difetto. Ricordate come viene definita da Figaro Rosina, nell’immortale “Barbiere di Siviglia” di Rossini? “Grassotta, genialotta”. E doveva essere un gran pezzo di figliola, se aveva fatto girare la testa al Conte di Almaviva, un libertino come me (qualche regista, oggi, assecondato deplorevolmente dal direttore d’orchestra, ha avuto il coraggio di correggere in “magrotta”: peste e corna a lui!) E che dice il vecchio satiro Benoit nella “Bohème” di Puccini? “Le donne magre son grattacapi, o meglio sopracapi; e son piene di doglie… Per esempio, mia moglie!” Nell’Ottocento Baudelaire sosteneva che c’è qualcosa di perverso nella magrezza. Nel Novecento è stato Leonardo Sciascia a chiarire che le donne., oggidì, credono di farsi belle dimagrendo, mentre agli uomini piacciono un po’ rotondette. Si dirà: i canoni estetici cambiano col tempo. Vero, ma rimangono sempre molto soggettivi; quindi anche oggi dire che una donna è cicciottella può essere, nelle intenzioni di chi parla, un complimento garbato come una carezza. Leporello , illustrando il mio catalogo all’insopportabile Donna Elvira, dice che io voglio d’estate la magrotta e d’inverno la grassotta. Non è del tutto vero.In ogni caso, le magrotte mi vanno bene, le magrissime proprio no. Non mi piace stringere tra le braccia il ritratto della miseria.

Intanto, mentre si discute di queste fatuità, passano in secondo piano temi di capitale importanza proprio a proposito della dignità femminile. Me l’aspettavo che prima o poi qualche associazione islamica avrebbe avanzato la richiesta di introdurre la poligamia nei nostri ordinamenti. E’ successo in questi giorni. Le reazioni ci sono state, ma assai più tiepide di quanto una simile aberrazione avrebbe meritato. Qui sì le donne, tutte le donne, di destra di centro di sinistra, femministe e antifemministe, intelligenti e oche, belle e brutte, giovani e vecchie, magrotte e grassotte avrebbero dovuto rispondere a pernacchie e sputi. La poligamia è sinonimo di schiavitù. Perché un maschietto deve poter avere quattro mogli e una femminuccia non può avere quattro mariti? La religione islamica lo ammette? E’ un altro segno del suo carattere regressivo. Quando nel Vangelo Cristo condanna il ripudio della donna da parte del marito, non pronuncia tanto una condanna del divorzio in sé, quanto dell’arbitrio con cui, secondo la legge mosaica, un uomo poteva liberarsi della moglie anche per i più futili motivi. Sempre Cristo non si scandalizza affatto perché la Samaritana ha avuto cinque uomini, e con l’ultimo convive. Questa è apertura mentale. L’islamismo ritorna indietro, alla poligamia, dove l’uomo è padrone e le donne sono schiave. “E’ la loro cultura!”, dice qualcuno. Se la tengano. “Questo è etnocentrismo!” Se aborrire la schiavitù, in qualunque forma si manifesti, è etnocentrismo, ben venga l’etnocentrismo. “Tutto è relativo!” Non è vero. Anche il relativista più incallito deve accettare almeno una verità salda come una roccia: il principio che tutto è relativo! Se fosse vero che tutto è relativo, perché combattere fino alla morte per sostenere i principi in cui si crede?  Le femministe combattono contro la discriminazione della donna in Occidente, ma diventano tiepide quando si tratta di esecrare la schiavitù in cui la donna è mantenuta in altre culture. “E’ la loro tradizione!” Anche da noi, fino a non molto tempo fa, era tradizione punire con il carcere l’adulterio femminile e considerare lecito quello maschile. Contro tali tradizioni il movimento femminista ha combattuto con tutte le più sacrosante ragioni. Facevano bene gli antichi ebrei a lapidare le donne (e non i loro compagni!) colte in flagrante adulterio? Anche in questo caso era la legge mosaica a prescriverlo, e anche in questo caso Cristo, nell’episodio dell’adultera, ha proclamato una legge radicalmente diversa. In questo senso è verissimo che non possiamo non dirci “cristiani”; e rinneghiamo la nostra civiltà superiore – sì, superiore – se in nome del relativismo accettiamo e legittimiamo costumanze che sarebbe giusto bollare come barbare.
Qualcuno potrebbe obiettare: “Se una donna acconsente a essere schiava del marito, non si può parlare di violenza”. Discorso capzioso. Ognuno di noi può disporre dei propri beni e anche del proprio corpo, fino a ,mutilarsi e a togliersi la vita, ma non della propria volontà. Se io oggi accetto di essere schiavo, non posso più cambiare idea, e se volessi farlo il mio padrone mi terrebbe assoggettato con la forza, violando il principio di non aggressione. Ogni pattuizione consensuale cesserebbe. Io posso vendere, per ora, il mio lavoro a un imprenditore, non posso per contratto vincolarlo a lui per tutta la vita : diventerei uno schiavo. Ci si scandalizza per la pratica del cosiddetto “utero in affitto” perché sarebbe una atto di degradazione morale. Per la stessa ragione si vorrebbe mettere fuori legge la prostituzione: eppure sono due casi in cui la donna dispone liberamente di se stessa, offrendo servizi che hanno come oggetto il suo proprio corpo. Se nessuno la obbliga a farlo, non si vede che cosa ci sia di tanto umiliante. Uno affitta la sua casa, uno dà a noleggio la sua auto e una  dà in affitto il suo utero.Uno mette a disposizione a pagamento la sua autorimessa e una la sua fica. Se invece un’associazione islamica pretende la legalizzazione della poligamia, si fanno mille distinguo. Quasi che la schiavitù non fosse la peggior forma di disumanità.
Svegliatevi, mie care donne! Proclamate ad alta voce che le vostre sorelle nate per loro disgrazia nel mondo islamico devono ribellarsi. Rifiutino la poligamia, si vestano all’occidentale come meglio credono, gettino alle ortiche niqab, burqa, chador e altri orrori, abbiano il coraggio di esibire  le loro grazie a tutti, e non soltanto ai mariti – padroni. Pretendano parità di diritti. Esigano di poter studiare, di frequentare ogni tipo di scuola, fino all’uni università, sedendo nei banchi gomito a gomito con i loro compagni maschietti. In breve diventeranno più colte e più intelligenti dei loro attuali schiavisti. Hanno un’arma formidabile: quella di Lisistrata, lo sciopero del sesso. Tutti noi occidentali, donne e uomini, dobbiamo incoraggiarle, assisterle, sostenere con tutti i mezzi la loro battaglia, anche con martellanti campagne di stampa. L’Illuminismo nostro, di cui giustamente ci gloriamo, non fu tenero con le donne. Per le sue idee femministe Olympe de Gouges fu addirittura ghigliottinata al tempo del Terrore. Come sarebbe bello se il mondo islamico vedesse sorgere un movimento illuminista – la cui mancanza ne ha finora impedito l’evoluzione in senso moderno, con la conseguente impossibilità di un’intesa col mondo “cristiano”- proprio da una rivolta delle donne!
Me lo auguro con tutto il cuore.

Giovanni Tenorio

Libertino

2 pensieri riguardo “Magrotte, cicciottelle, niqab, burqa e chador

  • Alessandro Colla

    Chi sono i registi che cambiano il testo ai libretti? “Magrotta” è un oltraggio a Cesare Sterbini. Quanto alla risposta dei sedicenti progressisti con la frase “è la loro cultura”, si conferma che i citati sedicenti continuino a scambiare la cultura con il culto. Quella è assenza di cultura, altro che “loro”. Come anche per i Tughs, per chiunque pratichi sacrifici umani, per chi si affilia alle cosche. La cultura è sempre l’esatto contrario di tutto questo. Non tutto è cultura e anche le sciocchezze giustificazioniste non lo sono. I citati sedicenti comincino ad acquistare un vocabolario. O forse è meglio che prima si alfabetizzino.

    • Il regista è Jean Pierre Ponnelle, complice il direttore Claudio Abbado, nell’allestimento -per il resto encomiabile sotto ogni aspetto- del Teatro alla Scala nella stagione 1969-70, riproposto a Salisburgo nel 1972 e ora disponibile in un DVD della Deutsche Grammophon. Fa sorridere il fatto che l’interprete di Rosina sia una splendida – non solo come voce – Teresa Berganza: splendida e “cicciottella”. Sempre Abbado, questa volta con Strehler, consentì di mutare, nel testo del “Simon Boccanegra” di Boito per Verdi, “romito di Sorga” in “Francesco Petrarca”, forse per venire incontro alla presunta ignoranza del pubblico. Ma io dubito che chi non intende “romito di Sorga” sappia chi è Francesco Petrarca.

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