Don Giovanni

Stato assassino

L – Caro padrone, avete visto quel ch’è capitato negli Stati Uniti? Un gruppo di fuorilegge, brutti ceffi fanatici, che pretendono di tornare ai valori autentici della Costituzione, si armano fino ai denti e occupano terre demaniali senza autorizzazione e senza pagar tasse. Intervengono, com’è giusto, le forze di polizia, per far rispettare la legalità, e ci scappa il morto.  E poi venitemi a dire che è bene lasciar libero il porto d’armi!
DG – Se non vado errato, è stata la polizia a sparare, e la vittima era uno dei ribelli. Vuoi negare il porto d’armi anche alla polizia?
L – No di certo!
DG – Bene. Immagina che lo scontro sia avvenuto fra due bande rivali. L’assassino sarebbe stato arrestato e condannato per omicidio volontario. Visto che è un poliziotto, sarà assolto per legittima difesa.
L – Ma c’è una bella differenza fra  lo scontro di due bande armate, entrambe  fuorilegge, e  lo scontro di una banda fuorilegge con le forze di polizia, che della legge sono l’incarnazione!
DG – Le forze di polizia difendono lo Stato, che in quanto tale rappresenta la legalità, di cui è artefice come legislatore istituzionale e autoreferenziale; la legittimità, invece, credo sia più dalla parte di quelli che tu chiami, nel nostro caso, fuorilegge: i quali non hanno tutti torti a richiamarsi alla Costituzione, che al secondo emendamento consente e quasi invita alla libertà di portare le armi proprio come strumento di difesa non soltanto individuale, ma anche collettiva. Popolo armato contro i tiranni, esterni o interni. Io non amo troppo la Svizzera, ma qualcuno ha detto che là nessuno mai potrà diventare tiranno perché i cittadini, terminata la ferma militare annuale, si portano a casa il fucile. Un popolo armato, dunque, contro l’oppressore esterno ma anche contro un eventuale oppressore interno.
L – Adesso vi mettete anche voi a magnificare la Svizzera!
DG – Se fanno qualcosa di buono, magnifico anche i preti, anche il papa, anche belzebù! La verità non si può negare! Ma torniamo agli Stati Uniti. Io più che alla Costituzione farei riferimento alla Dichiarazione d’Indipendenza, laddove è scritto che se un governo diventa tirannico il popolo ha il diritto di cambiarlo. Attenzione: lì si parla di governo, non di Stato! Quasi che lo Stato fosse un non-essere, un concetto alieno, da escludere  a priori…
L – Ma Stato e governo sono poi zuppa e pan bagnato! Oggi avete proprio voglia di cavillare, come i legulei che tanto disprezzate.
DG – Per niente: non si può far d’ogni erba un fascio, le parole vanno usate con discernimento, nel loro significato preciso, senza considerar sinonimi quelli che tali non sono. L’anarchia, che è il mio credo, rifiuta lo Stato, in quanto tirannia d’un classe parassitaria a scapito di chi lavora e produce, ma non rifiuta il governo, inteso come complesso di regole liberamente accettate dai consociati. L’ho detto e lo ripeto: anarchia non è anomia, non è il bellum omnium contra omnes che secondo Hobbes renderebbe necessaria la coercizione, e quindi la nascita dello Stato. Il cosiddetto “contratto sociale” può legittimare la formazione d’un governo, e di nient’altro. Purtroppo illustri filosofi come Hobbes, Locke e Rousseau non hanno colto la differenza, proprio come fai tu.
L – Mi lusingate, padrone mio: dunque anch’io sono un grande filosofo!
DG – Ma bravo! Sarebbe come dire che, se Toscanini era un grande seduttore, anch’io, che nell’arte di sciupafemmine lo supero di gran lunga, sono un direttore d’orchestra coi fiocchi! Dunque, lo Stato è sempre tirannia, il governo sempre necessario: a meno che uno non voglia vivere da anacoreta, nel deserto o in cima auna colonna… La ribellione dei coloni americani alla madrepatria britannica, se avesse seguito la linea ideale che si intravede come in filigrana nel testo della Dichiarazione, sarebbe sfociata nel primo esempio moderno d’una società senza Stato.
L – Come nell’antica Grecia…
DG – Continui a far confusione. Anche se qualcuno dice di no, le poleis greche erano Stati a tutti gli effetti. C’era anche lì una classe parassitaria, detentrice di grandi proprietà fondiarie e una classe di nullatenenti, condannata a vivere del proprio lavoro. Per non parlare degli schiavi. Anche in una città egualitaria come Sparta gli Spartiati potevano dedicarsi al’attività di caserma per tutta la vita perché i perieci e gli iloti lavoravano per loro. I Messeni, poveretti, dovevano versargli la metà della propria produzione agricola. Quasi come i contribuenti d’oggi nelle cosiddette democrazie liberali, che si vedono pappare dal fisco, in misura esorbitante, il reddito guadagnato. Un modello di società senza Stato i coloni d’America l’avevano davanti agli occhi: quello delle tribù di cacciatori indigene. Avevano un capo riconosciuto da tutti: chi non lo voleva poteva andarsene per i fatti suoi. Non esistevano terre e beni demaniali, in un certo senso non esisteva neppur l’idea della territorialità. Si cacciava la selvaggina in gruppo, osservando certe regole e obbedendo ai capi, ma nessuno aveva interesse a espropriare gli altri perché le uniche proprietà individuali erano la preda di volta in volta  catturata, la capanna e i pochi oggetti necessari alla vita quotidiana.
L – Potevano vivere così perché erano selvaggi!
DG – Io dico che erano più selvaggi coloro che li hanno sterminati. Anche questa, purtroppo, è la tanto vantata “civiltà cristiana”, che , come il papa di Roma, sta a Cristo come io sto al casto Giuseppe, quello che si rifiutò di giacere con la bella moglie di Putifarre ( detto fra noi: che gonzo!)
L – Ma come può un sistema sociale moderno essere aterritoriale?
DG – Può, e come. Basta che non ci sia un ente (in realtà un gruppo di parassiti proclamatosi istituzione) che monopolizza la terra, intendendo questo termine nel senso tecnico degli economisti, cioè tutto ciò che può diventare capitale produttivo. Oggi esiste una proprietà “naturale”, quella che si acquista col lavoro, con lo scambio e col dono, e una proprietà giuridica, il cosiddetto demanio…
L – La terra del demos, cioè di chi comanda legittimamente in nome del popolo sovrano.
DG – O che ignorantello! Primo: legalmente forse sì, legittimamente no. Secondo: “demanio” non viene da “demos”, popolo, ma da “dominium”, proprietà: quindi il demanio non è la terra di tutti, ma la terra di chi comanda. I boschi e le praterie dove quelli che tu chiami selvaggi esercitavano la caccia non erano demaniali. Erano di nessuno. O forse potremmo dire che, per diritto naturale, chi li frequentava da sempre aveva acquisito un diritto collettivo di sfruttamento, che nessun nuovo venuto avrebbe potuto violare occupando quei territori e appropriandoseli senza limiti. Sarebbe stato corretto contrattare prima l’acquisto dei diritti di sfruttamento con le comunità che ne erano titolari.
L – Ma gli avventurieri che migrarono in America non erano gentiluomini, che cosa pretendete!
DG – Nessun fondatore di Stati era gentiluomo, nessun grande generale, nessun grande uomo politico. Cesare era un gentiluomo? Sarà stato generoso con gli avversari politici, ma in Gallia fece massacri. Napoleone era un gentiluomo? No, un bel delinquente, che ha sulla coscienza una caterva di vite umane, sacrificate per la sua gloria di conquistatore e oppressore. Molto più gentiluomini i capi delle tribù di pellirosse… Torniamo al punto di prima: in America si poteva davvero aprire un’epoca nuova per l’umanità. Si preferì seguire il modello del vecchio mondo, cambiando il governo, ma conservando lo Stato. E’ la sorte malefica di tutte le rivoluzioni: da quella “gloriosa” del  1688 in Inghilterra, che portò al potere Guglielmo II d’Orange, a quella francese del 1789 (bel bagno di sangue, per arrivare alla tirannia giacobina!) e a quell’altra del 1831, che guadagnò il trono a Luigi Filippo d’Orleans. Per non parlare della rivoluzione sovietica, che invece di cancellare lo Stato, secondo gli auspici di di Marx , ne ampliò a dismisura il potere: non più comitato d’affari della borghesia, ma banda criminale che si faceva i propri interessi in nome del “bene comune”, che allora era la dittatura del proletariato.
L – Mi gira la testa. Voi state abbattendo una dopo l’altra tante certezze che mi sembravano acquisite una volta per tutte.
DG – Caro Leporello, c’è una sola certezza: che il mondo è mal fatto e l’umanità un legno storto. Veniamo alla conclusione. Quei brutti ceffi, come li chiami tu, che pretendono di occupare terre demaniali abbandonate manifestano un genuino spirito libertario. Sono armati perché vogliono difendersi dallo Stato aggressore. E ancora una volta è lo Stato che mostra il suo volto d’assassino. Capito perché si fa tanto baccano per abolire il secondo emendamento o darne un’interpretazione “evolutiva”, così da poter introdurre controlli e autorizzazioni per il porto d’armi dei privati cittadini? Per salvaguardare non la vita dei deboli inermi, ma la tirannia della classe dominante. Eppure qualcuno dei padri fondatori aveva capito che c’era qualcosa di marcio nella nuova federazione americana. Era l’idea stessa di federazione, secondo cui le singole ex-colonie dovevano rinunciare ad alcune prerogative sovrane per trasferirle a un potere centrale, cioè a un super-Stato. Gli anti-federalisti si opponevano a tale accentramento. Contro l’arroganza  di chi se ne faceva sostenitore Thomas Jefferson arrivò a scrivere: “Mi piace un po’ di ribellione di tanto in tanto…Lo spirito di resistenza al governo è così importante che vorrei fosse mantenuto sempre in vita. Spesso sarà esercitato in modo sbagliato, ma meglio così che quando è assente del tutto”. E ancora: “Dio non voglia che passino mai vent’anni senza una ribellione del genere” (con allusione a un’insurrezione armata, del 1786, passata alla storia come “Ribellione di Shays”). Che ne dici? Non credi che se Jefferson fosse vivo guarderebbe con simpatia ai “fuorilegge” di cui stiamo parlando, esecrando la violenza omicida dello Stato? Peccato che anche lui confonda lo Stato col governo. E temo che nello stesso errore cadano anche i nostri “fuorilegge”. Se chi comanda diventasse un po’ più tollerante, chiudendo un occhio o magari due, si calmerebbero. Lo dico con grande rammarico: finché certi concetti non saranno chiari, i libertini come me resteranno una sparuta minoranza, sconfitta e irrisa.
L – Quasi quasi mi avete convinto anche questa volta. Dite pure:” I libertini come noi”, mettendoci anche me, così la minoranza sarà un po’ meno sparuta. Ne sapete una più del diavolo.
DG – Te l’ho detto. col diavolo qualche volta si può andare d’accordo…

Giovanni Tenorio

Libertino