Don Giovanni

Porto d’armi e legittima difesa

L – Padrone mio, fra tante cattive notizie, una più deprimente dell’altra, eccone finalmente una buona…
DG – Sarei proprio curioso di sentirla: non mi pare che questo nuovo anno si stia preannunciando molto radioso. Sarà perché è bisestile…
L – Vi mettete anche a fare il superstizioso? Questo proprio non l’avrei mai immaginato, Non ditemi che anche voi state invecchiando: ” Empio finché robusto,infermo è pio;/saprò dai polsi quando crede in Dio”?
DG – Due strafalcioni in uno, mio caro Leporello: Epicureo qual sono, so distinguere la superstizione volgare dalla religione seriamente professata: inoltre io, come sostanza di sogno, non invecchio mai, e tu neppure. Ma dimmi un po’ di che notizia vai blaterando: io finora di bello ho sentito e letto ben poco.
L – Ecco qua: negli Stati Uniti il presidente Obama sembra intenzionato a battersi per sottoporre a regole rigorose il porto d’armi, finora libero.
DG – Mi pare che così sia scritto nel secondo emendamento della costituzione americana: ognuno è libero di armarsi per provvedere alla propria difesa.
L – Qualcuno dice che non va inteso proprio in questo modo…
DG – I legulei sono maestri nel far vedere lucciole per lanterne. Una sentenza della Corte suprema del 2008 dichiarò incostituzionale una legge dello Stato di Columbia che restringeva per i comuni cittadini la libertà di armarsi. Ma non sono un costituzionalista, né ci tengo ad esserlo. Penso  invece che una regolamentazione del porto d’armi sarebbe sbagliata.
L – Ohibò, questa è grossa, un sedicente non violento come voi, un gandhiano, che vuole la gente libera di armarsi! Non abbiatevene a male per la mia schiettezza, ma mi pare che siate del tutto incoerente! Le armi per legittima difesa? Ma andiamo! Proprio voi, che a colpi di spada avete fatto fuori il Commendatore!
DG – Se mi parli ancora di quel gaglioffo, giuro che faccio a pezzettini anche te! Se fossi stato disarmato, mi avrebbe steso a terra lui! Legittima difesa, la mia, niente di più e niente di meno!
L – Ma voi gli stavate sforzando la figlia. Avrà avuto il sacrosanto diritto di difenderla!
DG – Primo: la figlia ci stava, e come! Quando è arrivato il paparino, per non essere accoppata lei insieme con me, ha finto d’essere stata aggredita. Secondo: io stavo fuggendo. Uccidere uno che fugge non è legittima difesa!
L – Adesso siete voi a fare il leguleio, spaccando il capello in quattro.
DG – Neanche per sogno: io dico che ognuno deve esser libero di armarsi. La legittima difesa è sacrosanta. Ma bisogna intendersi bene. Se io accoppo un ladro disarmato non è legittima difesa. Se io accoppo un rapinatore che sta fuggendo non è legittima difesa. Il principio di proporzionalità è irrinunciabile, checché ne dicano certi sedicenti libertari. Però se un delinquente mi punta una pistola giocattolo, simulando di voler far fuoco, e io lo accoppo, sarebbe capzioso parlare di eccesso di legittima difesa. Io non potevo sapere che quella era una pistola giocattolo. In buona fede pensavo che mi si potesse uccidere, e ho prevenuto il colpo che m’aspettavo. Ma torniamo un momento alla faccenda del Commendatore. Se le leggi del tempo mi avessero precluso il porto d’armi sarei stato spacciato….
L – No, perché anche il Commendatore non avrebbe potuto portare armi.
DG – Lo dici tu! Come funzionario di Stato ne avrebbe avuto il diritto. Un po’ come i poliziotti d’oggi, con tutti i privilegi e le eccezioni che la divisa concede. Se negli Stati Uniti un poliziotto vede che un tale sta scavalcando la recinzione d’una casa privata, e pensa sia un delinquente, mentre -poveretto- è il proprietario che ha smarrito le chiavi e tenta di entrare come può, gli tira un bel colpo e lo fa secco. Ci sarà un’inchiesta, ma se la caverà. E’ capitato molto tempo fa, e penso che là cose del genere capitino sovente. Ebbene, io dico che un poliziotto così dev’essere immediatamente espulso dal corpo! Vedi che non basta regolamentare il porto d’armi. Bisogna porre sullo stesso piano agenti di polizia e privati. Chi sbaglia, paga, abbia la divisa o no.
L – In Italia, quando nei tempi bui del terrorismo brigatista fu introdotta la famigerata “Legge Reale”, qualcuno parlò di un provvedimento potenzialmente omicida, perché dava agli agenti di polizia troppa libertà nell’uso delle armi. Non so se la critica fosse giustificata. So però che, durante i disordini del G8 a Genova nell’anno 2001, un povero carabiniere  si difese con un colpo di pistola da un energumeno che voleva massacrarlo con un estintore, freddandolo, e fu messo alla gogna come un assassino. Mentre l’assassino era quell’altro, che invece fu osannato come un martire. Sbaglio?.
DG – No, hai ragione. Legittima difesa, indipendentemente dalla divisa. Ha fatto bene a sparare. Anche un normale cittadino avrebbe fatto bene a farlo. Non vedo la differenza e -soprattutto- non vedo il problema. Un estintore dato in testa fa lo stesso servizio di una pistola. La proporzionalià è chiarissima. Punto e basta.
L – Ma torniamo indietro un momento alla questione generale. Se tutti possono armarsi liberamente, la violenza diventa più facile. Le armi, prima o poi, entrano in azione…
DG – Ah, sì? Intendi dire che se io tengo una pistola, magari scarica, in un cassetto, prima o poi quella si mette a sparare da sola? Stai dando i numeri? Fai come gli economisti che, invertendo causa ed effetto, attribuiscono all’inflazione il merito di far da propulsore a un’economia in piena forma, invece di vederla come conseguenza indesiderata d’un sistema produttivo surriscaldato? Sono le piante a produrre il vento agitandosi o è il vento a scuotere le piante? E’ il porto d’armi libero a produrre una società violenta o è una società violenta a sollecitare, presso gli onesti, la volontà di armarsi liberamente?
L – L’occasione fa il ladro. Un’arma può essere una tentazione.
DG – Se una donna bella e giovane e magari discinta mi si para davanti, è senza dubbio una tentazione irrefrenabile per me, che sono un libertino, intraprenderne la seduzione. Ma la mia spada non è una tentazione a menar fendenti. Se ne sta ben chiusa nel fodero a far bella mostra di sé, finché nessuno mi minaccia, perché non sono un violento.  Se invece fossi un violento, qualsiasi oggetto potrebbe diventare un’arma mortale: una bottiglia usata a mo’ di clava, un coltello da cucina, una pietra, un martello, un chiodo, o anche le mani strette intorno al collo, o i pugni sferrati  nello stomaco… Manzoni nei “Promessi Sposi” ci presenta un Seicento dove domina la violenza. Prima di cambiar vita Ludovico (poi fra Cristoforo) è incline alle liti e si macchia del suo bravo omicidio, per una futile questione di precedenza. Colpa della spada che portava al fianco, o del suo temperamento rissoso? Avrebbe potuto spaccar la faccia al suo rivale con un pugno ben assestato, mandandolo ugualmente al creatore. In compenso il buon Renzo, collerico e vendicativo a parole, di fatto incapace di far male a una mosca, si presenta il dì delle nozze da don Abbondio tutto agghindato per l’occasione, con un bel coltello alla cintola. Ma né allora né mai userà quel coltello. Tutti erano armati perché la violenza dilagava, ma usava le armi illecitamente solo chi era per natura o per educazione violento.
L – Quindi voi lascereste libero il porto d’armi, anche in un Far West come in un certo senso è rimasta l’America…
DG – Certamente, e anche per un altro motivo. Chi è delinquente non se ne fa niente dei divieti. Si procura le armi attraverso canali illegali. Chi invece è onesto avrebbe difficoltà ad armarsi per tutelare la propria incolumità in caso di aggressione. I delinquenti avrebbero il sopravvento, trionferebbe la violenza aggressiva, non quella esercitata per legittima difesa. Sarebbe un bel regalo ai malvagi. Inoltre, come tutti i proibizionismi, anche la proibizione delle armi aprirebbe le porte al mercato nero, molto più pericoloso e incontrollabile.
L – Ma se, ad esempio, un ladro  intenzionato a compiere un furto nel mio appartamento sa che io potrei, senza difficoltà alcuna, essere armato e sparare, a sua volta potrebbe, vedendomi intervenire per sventare il suo tentativo, essere indotto a sparare per primo; laddove, se le probabilità che io sia disarmato fossero alte, sarebbe più cauto, se non altro per non rischiare una pena  più grave, nel caso fosse acciuffato.
DG – Questa è senz’altro un’obiezione più ragionevole. Credo però che se a reati di ben diversa gravità corrispondessero pene ben differenziate, nettamente più gravi per quelli più gravi, decisamente inferiori per quelli meno gravi, il rischio che tu dici si attenuerebbe. Il furto semplice deve essere punito molto meno severamente del furto con omicidio. Cesare Beccaria l’aveva già spiegato bene: se reati di ben diversa gravità vengono puniti con pene non molto  diverse, il delinquente ha tutto l’interesse, calcolando il rischio, a commettere il reato più grave. Per l’omicidio si potrebbe anche teorizzare la pena di morte, per il furto semplice si  potrebbe, come nell’antico diritto romano, comminare una pena pecuniaria, magari corrispondente al doppio, in valore monetario, della refurtiva.
L – Allibisco, padrone mio, non ditemi che siete fautore della pena di morte.
DG – Parlavo sul piano puramente teorico. La pena di morte non mi piace. Non credo sia un deterrente. Però le ragioni di Beccaria non mi hanno mai convinto.
L – E perché mai?
DG – Sarebbe troppo lungo adesso spiegartelo. Ne parleremo un’altra volta. Vorrei invece concludere il discorso di oggi. Lasciando da parte l’ ideale libertino, per sua natura alieno da ogni regolamentazione pubblica attraverso il diritto positivo, perché non provare a regolamentare il porto d’armi per un congruo numero di anni, 10 o 15, ad esempio, e nel frattempo controllare rigorosamente, attraverso analisi affidate ad agenzie indipendenti, se la situazione della violenza, nel complesso, migliora, peggiora o rimane stazionaria? Alla fine, davanti ai dati numerici, si potrebbe ragionare pacatamente e decidere con cognizione di causa se mantenere le norme restrittive o tornare indietro. E’ vero che, in tempi torbidi come i nostri, in cui troppi fattori esterni come il terrorismo internazionale di matrice islamica interferiscono con le dinamiche interne, i risultati potrebbero subire alterazioni non facilmente correggibili. Basta, io lascerei tutto com’è. Lo Stato sa far solo pasticci e, quando interviene, di solito peggiora la situazione. Vieni, snebbiamoci la mente con un bel bicchiere di Marzemino.

Giovanni Tenorio

Libertino