Don Giovanni

Il mio amico fraterno DSK

Dominique Strauss Kahn
Dominique Strauss Kahn

Amici miei, fino a qualche anno fa un personaggio come Dominique Strauss Kahn mi era francamente antipatico: socialista , cioè fautore del principio “quel che è mio è mio, quel ch’è tuo è mio”, statalista, cioè difensore del peggior parassitismo criminale, direttore   del Fondo Monetario Internazionale, cioè di una di quelle istituzioni che manderei volentieri in cenere, insieme con tutti gli altri falsari in guanti bianchi del sistema monetario mondiale (benedetti i falsatori artigianali di banconote a Napoli: quelli sì, al confronto, sono benefattori dell’umanità! Almeno non danno soldi alle banche e agli speculatori di borsa, ma li immettono direttamente nel circuito commerciale e produttivo. E se la mia è apologia di reato, me ne faccio un merito).

Dopo le sue disavventure di qualche anno fa a New York, però, mi è diventato simpaticissimo, lo considero  quasi come un mio fratello. Anch’io sono stato, ai miei tempi, vittima di calunnie e raggiri come quelli che lo hanno messo così crudelmente alla gogna. Lo hanno accusato d’aver violentato una servetta in un albergo di New York, lo hanno arrestato, lo hanno fatto sfilare pieno di vergogna davanti al popolaccio forcaiolo, e poi dal processo che n’è seguito è uscito totalmente innocente. Eppure l’accusa non era credibile fin da principio: avete visto che bella donna la sua moglie d’allora, Anne Sinclair? Va bene avere il gusto dell’orrido, va bene il piacere di porle in lista a prescindere dall’estetica, ma vi sembra che uno possa tradire una donna così per una sbiadita servetta? Andiamo! Non si chiama mica Bill Clinton, che ha tradito un  ciospo  per  un ciospo più brutto. Lo trovo molto più affine a un John Kennedy, che da buon cattolico, più furbo dei funerei calvinisti, scelse di andare all’inferno per una posta conveniente, tradendo quell’ochetta della moglie Jacqueline (poi divenuta consorte di quel rozzone di Onassis, il che è tutto dire) con la splendida Marylin Monroe… Povero DKS, gli è capitato proprio come a me! Vi ricordate la scena finale dell’atto I dell’Opera di Mozart cui devo l’onore d’esser stato reso immortale? Purtroppo anche lì (e questa agli amici Da Ponte e Mozart proprio non gliela perdono) la calunnia resta: nella gran festa che diedi nella mia sontuosa villa palladiana, tra cioccolato, caffè, vini, presciutti, al suono di minuetti, follie, allemande, io non tentai affatto di stuprare Zerlina. Era lei che mi si strusciava addosso, perché desiderava-chi ha orecchi da intendere intenda- che io, cavaliere, facessi cavaliera ancora lei, e in senso molto concreto, ché degli stemmi nobiliari non se ne faceva niente, caso mai dei soldi… Poi arrivò quel mentecatto di Masetto, e allora si vide costretta a recitare la commedia: lanciò quell’urlo, come se fossi io a volerle fare violenza, mentre, a ben vedere , era lei che la stava facendo a me. Io per salvarmi dovetti gettar la colpa  su Leporello, fingendo che fosse lui a voler consumare lo stupro; e feci mostra di volerlo ammazzare per punirlo. Ne seguì quel che sapete.

Adesso capite perché Dominique Strauss Kahn mi è diventato fraterno. E poi, per socialista che sia, e per di più banchiere come quel vecchio rimbambito di commendatore, era, e credo sia ancora, un gran signore. I suoi festini pieni di belle donne (altro che Zerlina!) erano proprio come i miei, e le sue capacità di seduzione non dovevano essere molto diverse dalle mie. Altro che il bauscia milanese, quello che voleva tenere il piede in due scarpe, fare lo sciupafemmine da un lato e andare a braccetto coi preti dall’altro, vantando zie suore e intruppando nel suo caravanserraglio politico, insieme agli atei devoti panzoni, anche teologi vaneggianti e farfuglianti… Coerenza ci vuole, coerenza! E buon gusto, quello che discende da magnanimi lombi e non si impara alle scuole dei Salesiani. DKS non avrebbe mai cercato di sedurre una fanciulla mostrandole, in un villone sardo, il letto dove ha dormito Putin! Ma andiamo! Sarebbe come se io avessi cercato di sedurre la cameriera di Donna Elvira (quella sì, un bel bocconcino, fragrante come una rosa!) mostrandole nella mia villa palladiana, fra gli affreschi del Dorigny, al suono delle più raffinate contraddanze, il lettone dove anni prima, per mia disgrazia, avevo fatto dormire il commendatore (gli avevo affittato – per eccessiva condiscendenza – la mia villa per un convegno dei massoni del Club Bilderberg. E’ stato l’errore più grave della mia vita, di cui non riesco a perdonarmi. Quello sì potrebbe meritarmi l’inferno).

Giovanni Tenorio

Libertino