Don Giovanni

La legge di Say e le dimensioni delle vongole

Vongole
Vongole
L – Padrone mio, vedo che le da voi tanto amate autorità dell’Unione Europea…
DG – Le tanto amate da me autorità? Se potessi farle saltare per aria premendo un tasto, come quello che servì a sganciare le atomiche  su Hiroshima e Nagasaki, non esiterei ad agire; con la differenza che quella di Hiroshima e Nagasaki fu un’operazione da delinquenti, mentre la mia meriterebbe ogni elogio; sarebbe una liberazione per tutti.
L – Proprio voi dite questo, che vi dichiarate non violento!
DG – Ma io col mio tasto non ucciderei nessuno: semplicemnete manderei per aria tutti gli uffici, quando sono vuoti; distruggerei tutti i documenti; polverizzerei tutti i sistemi elettronici per la raccolta e l’elaborazione dei dati;  e renderei così tossica l’atmosfera tutt’intorno all’area, da non consentire la ricostruzione. Ma sto sognando , inutile continuare. Piuttosto, che mi volevi dire?
L – Volevo dire che certe direttive dell’Unione sono semplicemete assurde! Da una parte si concede di produrre cioccolato con latte in polvere, rinunciando così a salvaguardare la qualità del prodotto: il che può andare a vantaggio dei produttori, non certo dei consumatori: Dall’altra si obbliga  a mettere in commercio vongole non in feriori a 25 millimetri. Non capisco proprio a vantaggio di chi! Sembrerebbe uno sgarbo all’indirizzo dei pescatori italici dell’ Adriatico. Per quale motivo?Mistero! Presumo che, almeno questa volta, siate pienamete d’accordo con me!
DG Non del tutto! Anche in questo caso bisogna distinguere. La concessione di produrre cioccolato con latte in povere amplia gli spazi di libertà: si può far qualcosa che prima non si poteva fare. Il divieto-sia ben chiaro!- non ci sarebbe mai dovuto essere: se uno vuol produrre cioccolato con latte in polvere e i consumatori sono contenti di comperarlo, magari a prezzo inferiore, non vedo chi glielo possa impedire; l’imporrtante è che i consumatori siano informati sugli ingredienti e sui metodi di produzione. Nessuno impedirebbe a chicchessia di continuare a usare latte fresco, vendedo il prodotto a prezzo più elevato. I veri amanti del cioccolato, come me, sarebbero contenti di pagare un po’ di più ma di godere d’un prodotto migliore; i plebei di buona bocca sarebbero ben contenti di avere un prodotto più scadente a prezzo più basso.In questo modo è savaguardata la libertà di scelta di tutti.
L – Forse avete ragione, ma ,a scanso di equivoci, vorrei chiarire che io non faccio parte dei plebei di cui parlate. Anch’io, come voi, amo il cioccolato, ma quello buono!
DG – Lo so, lo so che ami i cibi raffinati: non posso dimenticarmi di quella volta che, durante una cena, mentre servivi, mi rubasti sotto gli occhi, dalla tavola riccamente imbandita e annaffiata di Marzemino, una coscia di fagiano!
L – Sì eccellente è il vostro cuoco che lo volli anch’io provar!
DG – Malandrino! Ma io me ne accorsi! Poi arrivò quella rompiscatole di mia moglie, Donna Elvira, a guastare tutto, coi suoi predicozzi ..
L – Eh, padrone errore vostro! Voler esercitare anche voi il scimunito mestiere di marito! Un libertino come voi!
DG – Lasciamo perdere e andiamo avati. La direttiva delle vongole, invece, restringe gli spazi di libertà, sia per i produttori sia per i consumatori. Anch’io non riesco proprio a capire a quale logica riasponda.Ho l’impressione che i burocrati dell’Unione abbiano qualche rotella che gira alla rovescia. Abbasso le autorità! Abbasso le concessioni che piovono dal benigno capriccio di chi sta in alto! Abbasso le normative demenziali! Abbasso i controlli! Abbasso le certificazioni!
L – In somma, se ho ben compreso, voi siete favorevole, anche in questo caso, alla più completa libertà per tutti. Ma chi tutelerebbe i consumatori dalle frodi? Uno, per esempio, potrebbe scrivere sull’etichetta che il cioccolato è fatto con latte fresco,  invece ci ha messo quello in polvere.
DG – Questa sarebbe una truffa bella e buona, perseguibile davanti a un arbitro(privato, come i giudici dell’antica Roma).
L – Sì, ma quanti poveri consumatori avrebbero il denaro per portare davati a un arbitro una grande impresa commerciale, che può permettersi di pagare fior di avvocati per la propria difesa?
DG – Potrebbero attivarsi in questo senso le associazioni (private) per la difesa dei consumatori, che  a loro volta disporrebbero di avvocati altrettanto agguerriti. Non c’è proprio bisogno di tutele pubbliche.
L – Ma in un sistema così anarchico i collegi arbitrali sarebbero sommersi di cause!
DG – Neanche per idea. Se le decisioni arbitrali sono rapide e le sanzioni severe, pochi produttori disonesti affronterebbero il rischio di dover sborsare somme cospicue a titolo di risarcimento.
L – Però si diffonderebbero merci scadenti.
DG – Che determinerebbero la propria domanda. Certo, ogni offerta crea la propria domanda. E’ la legge di Say.
L – Questa è bella! Se vendo cacca, creo domanda di cacca?
DG – Se la offri al prezzo economicamente conveniete per il consumatore, sì. Guardati intorno: di cacca se ne vende in gran quantità, e con grade soddifazione dei clienti.
L – Per esempio?
DG – Il recente “Otello” di Rossini al Teatro alla Scala, diretto da un autentico cane, fra spettatori osannanti. E che prezzi, in platea e nei palchi! Ma non divaghiamo. In presenza di prodotti scadenti che possono essere venduti seza controlli e certificazioni, saranno gli imprenditori migliori a produrre  in modo sempre più accurato le loro merci, salvaguardandone la qualità a vantaggio della clientela, che sarebbe ben contenta di pagare in cambio qualcosa di più…
L – Quindi, se ho ben inteso, voi siete contrario anche alle certificazioni di qualità, ai prodotti di origine controllata…
DG – Se i privati vogliono consorziarsi per garantire con un marchio i loro prodotti, liberissimi di farlo. Purché non ci si metta di mezzo lo Stato a farsi garante dei garanti. E chi garantirà per lo Stato, che, per dirla con Sant’Agostino, è  “latrocinium magnum”?
L – E se uno falsifica un marchio?
DG – E’ una frode ai danni del consumatore, non degli altri produttori. E’ come se ti vendessi un orologio di ottone dicendoti che è d’oro. Anche in questo caso, ci sono gli arbitri (non mi piace chiamarli giudici, che sa tanto di Stato), i quali possono stabilire risarcimenti vertiginosi a carico dei truffatori e a vantaggio dei truffati Si formerebbe, in proposito, una sorta di diritto consuetudinario, fondato sulle sentenze precedenti, come nella “common law” anglosassone, e sulla dottrina giurisprudenziale, come nell’antico diritto romano. In Cina, attualmete, uno potrebbe costruirsi una Ferrari fasulla, usando un motore diverso da quelli autentici e una carrozzeria che imita perfettamente quelle originali. Nessuna legge lo vieta. In compenso, chi compera una Ferrari vera, paga un prezzo di molto superiore, ma è minuziosamente (direi quasi amorevolmente) assistito dalla Casa produttrice per ogni problema di riparazioni e di manutenzione. Non viene venduto il solo oggetto, ma l’appartenenza a un club: una strategia che non è possibile replicare vendendo auto fasulle. Dal che si deduce che l’anarchia di mercato (che non significa assenza di norme consuetudinarie sulla buona fede contrattuale) può addirittura essere causa di miglioramenti nella produzione di merci e servizi.
L – Caro padrone, anche questa volta mi arrendo. Quindi voi fareste saltar per aria tutte le autorità…
DG – Anche tutta l’Unione Europea!
L –  E, già che ci siamo, anche tutti gli Stati nazionali…
DG – Come sei perspicace, oggi, Leporello mio! Non l’avrei giammai creduto!

Giovanni Tenorio

Libertino