Don Giovanni

I have a dream.

Molti lo vedevano come un salvatore, come colui che avrebbe ribaltato le sorti della povera Italia ridotta allo stremo da un governo di straccioni come quello guidato da Conte. Fra costoro c’erano tanti presunti e sedicenti liberali, che lo salutavano come uno di loro. Che cosa ci sia di liberale in un figuro come Draghi io non l’ho mai capito. I sovranisti lo rimproverano per aver svenduto – così dicono loro – i gioielli dell’industria pubblica italiana. Erano i tempi del governo Ciampi e degli accordi con i potentati economici e finanziari del mondo a bordo del famigerato panfilo “Britannia”. Non ho mai approfondito l’argomento e non so dire come siano andate effettivamente le cose. Certo non fu un’operazione limpidissima, e può darsi che alcune attività economiche siano state cedute a prezzi di saldo. Essersi liberati però di un’industria pubblica in gran parte inefficiente e deficitaria non è stato in sé un male. Inutile aver nostalgia dei tempi in cui lo Stato produceva panettoni. Fosse stata venduta anche l’Alitalia, non ci si sarebbe trovati nella necessità di salvarla due o tre volte con denaro pubblico, e sempre con esiti fallimentari (e la storia è tutt’altro che conclusa). Dicono anche che, quando il Nostro era governatore della Banca d’Italia, diede il via libera, nonostante il parere contrario degli alti funzionari dell’istituto, a quell’operazione che avrebbe portato al disastro del Monte dei Paschi di Siena. Anche questa è una vicenda su cui non voglio dare giudizi, perché non sono abituato a parlare delle cose che conosco soltanto di striscio. Sono due, invece, i comportamenti di Draghignazzo che me lo fanno considerare un personaggio esecrabile. Il primo riguarda la manovra truffaldina con cui la Godman Sachs, di cui a quei tempi era un funzionario di altissimo livello, irretì il governo della Grecia, che agognava a entrare nell’Eurozona. La Goldman Sachs finse di “comperare” il debito pubblico greco, in modo che il Paese risultasse formalmente in linea con le condizioni di bilancio richieste per ottenere il consenso all’istanza. Di fatto, si trattava di un prestito che doveva essere restituito a breve termine con interessi usurari. Qui è l’origine delle vicende che pochi anni dopo avrebbero portato la Grecia sul lastrico, anche se questo non esime i suoi governi  dalle loro responsabilità. L’altra malefatta di Draghignazzo è il tanto incensato “Quantitative Easing”, che avrebbe il merito di aver salvato l’Euro. A parte che l’Euro è nato male e forse non avrebbe mai dovuto nascere, sta di fatto che, con il QE lo statuto della BCE è stato furbescamente stravolto. Lo so che quanto sto dicendo farà venire la pelle d’oca ai sovranisti, i quali sognano il ritorno a banche centrali nazionali ben disposte a fornire denaro a piacimento a governi spendaccioni, come avveniva in Italia prima del – da loro deprecato- “divorzio” della Banca d’Italia dal Tesoro (una delle poche cose buone fatte dal keynesiano Nino Andreatta, quello a cui il compianto Sergio Ricossa suggeriva di darsi una martellata in testa). Ebbene, io dico che lo statuto della BCE, modellato sui principi della Bundesbank teutonica, giustamente vietava interventi a salvataggio delle economie nazionali  con emissione di moneta. Il suo compito rimaneva limitato al controllo del circolante, dei rapporti di cambio, dei tassi d’interesse, del livello dei prezzi. Un economista della Scuola Austriaca come Jesus Huerta de Soto vedeva così nell’Euro un mezzo di pagamento che in qualche modo si avvicinava all’antico sistema aureo, dove era difficile emettere moneta fiduciaria senza copertura. Si sbagliava: il sistema avrebbe potuto operare senza difficoltà in un’Europa davvero federale con un governo centrale, ovverossia con  un bilancio, una politica fiscale e una politica del lavoro e magari un sistema assistenziale comuni. Se ogni Stato va per conto suo, una banca centrale sovrannazionale qual è la BCE prima o poi deve entrare in crisi, quando alcuni Paesi fanno le formiche e altri le cicale. Per salvare in qualche modo il baraccone bisogna escogitare qualche furbata. Non si possono comperare direttamente titoli di debito pubblico dei singoli Paesi perché lo statuto lo vieta? Basta comperarli sul mercato secondario, e il gioco è fatto. In questo modo è possibile abbassare il famigerato “spread” dei Paesi cicale, presumendo nel contempo che la massa di moneta affluente in questo modo alle banche ordinarie finisca nell’economia produttiva, garantendo una robusta ripresa. Peccato che poi, alla prova dei fatti, tutta questa moneta sia finita non alle imprese, ma alla speculazione finanziaria, gonfiando i titoli di Borsa. Gli sciocconi dicono: “Vedete che i dogmi dell’economia tradizionale non valgono più? E’ stata immessa nel sistema una quantità enorme di moneta, ma non si è avuta inflazione, alla faccia dei crucchi come Jens Weidmann, che continuano a paventarla”. Non si accorgono, poveretti, che i prezzi dei beni di consumo e d’investimento non sono saliti perché la cosiddetta inflazione (cosiddetta perché il termine non è del tutto corretto) si è manifestata in Borsa, portando alle stelle i valori di titoli del tutto scollegati dai fondamentali dell’economia. In somma, Draghignazzo è come il Mastro Adamo che Dante condanna all’Inferno (l’abbiamo già scritto qualche anno fa, e qui lo ripetiamo). Anzi, ripensando alla porcata della Goldman Sachs ai danni della Grecia, se la faccenda fosse comica anziché tragica, verrebbe voglia di paragonarlo al protagonista del film “Tototruffa”, quello che vende la Fontana di Trevi a uno sprovveduto e malcapitato turista: con la differenza che Totò è simpatico, come tutti i napoletani, anche i delinquenti, Draghignazzo no. Altro che liberale! Bisogna avere l’ingenuità di un Nicola Porro per continuare a ripetere che Draghignazzo, nonostante tutto, è meglio di Conte. E’ peggio, molto peggio, e non certo perché sia un incapace, anzi per il motivo opposto! Perché, come tutti i truffatori, ha un’intelligenza sopraffina. Conte era un avvocaticchio da quattro soldi, capitato lì non si sa bene come. Nel suo primo governo si comportava come un servitore di due padroni, dando un colpo al cerchio dei Cinque Stelle e uno alla botte della Lega. Nel suo secondo governo la “pandemia” è stata per lui come il cacio sui maccheroni. Subito è diventato un ducetto, che con la scusa di salvare il popolo dalla peste nera ha cominciato a governare a suon di sgangherati DPCM, prendendo come consiglieri una pletora di sfigati “esperti” raccolti in un pomposo “Comitato Tecnico-Scientifico e come commissario per l’emergenza un personaggio come Arcuri, di cui non si saprebbe dire se sia più svitato o corrotto. Era ormai evidente che così non poteva durare a lungo. Conte era funzionale ai disegni dei grandi potentati sovrannazionali che gonfiano la “pandemia” per i loro disegni, puntando sui vaccini  e squalificando le efficaci, ma troppo poco lucrose, terapie disponibili; ma il suo agire era così maldestro che rischiava di screditare proprio quel disegno, che invece in altri Paesi veniva messo in atto con molto maggior destrezza. Bisognava sostituirlo. Renzi si è prestato al gioco. Mattarella ha fatto la sua parte, come quando Napolitano chiamò Mario Monti, un’altra creatura della Goldman Sachs, a sostituire un Berlusconi resosi inviso alla Merkel e a Sarkozy per essere  rimasto fino all’ultimo riluttante all’intervento militare contro l’amico Gheddafi. Draghignazzo può impunemente continuare la politica dittatoriale di Conte, stracciando pezzo per pezzo la Costituzione, ma con uno stile impeccabile, rimediando ai guasti più vistosi del passato governo. Liquidazione dell’impresentabile commissario Arcuri, riduzione del pletorico CTS e totale sostituzione dei suoi componenti con “esperti” più qualificati, affidamento della campagna vaccinale a un alto ufficiale degli Alpini. Aver accolto nel suo governo Lega e FI è stata una mossa da maestro. In questo modo è stata quasi del tutto azzerata la già flebile opposizione (Giorgia Meloni si è chiamata fuori, ma resterà in un angolo. La sua opposizione è più parolaia che effettiva). Una marionetta come Speranza è rimasta al suo posto di Ministro della Salute. Colpo da maestro anche questo.  Speranza continuerà con la politica sanitaria di prima, assumendosene la responsabilità. Draghignazzo è troppo intelligente per non capire che è una politica criminale (anche se Speranza è imputabile più per colpa che per dolo).  E’ stato messo lì per assecondarla, ma non può farlo in prima persona. Lui deve far credere che il suo compito primario è quello di garantire l’arrivo dei tanto agognati finanziamenti europei e la ripresa economica. In realtà, se non ci si decide a riaprire subito tutte le attività, il futuro prossimo che attende l’Italia è una caduta nel baratro della miseria. E se, come molti segnali lasciano presagire, la Germania, e non solo la Germania, si metterà di traverso, anche il cosiddetto “Recovery fund” potrebbe rimanere un bel sogno destinato a un triste risveglio. Ricordiamoci che per essere reso operativo necessita dell’approvazione dei Parlamenti di tutti i 27 Paesi UE. Auguri!Qualcuno pensa che, nelle altissime sfere di un fantomatico governo-ombra sovrannazionale si voglia proprio arrivare a questa conclusione: ridurre alla fame Paesi un tempo fiorenti a beneficio di una ristretta oligarchia che detiene le leve del capitalismo mondiale. Draghi potrebbe essere il referente italiano di questo disegno. Non so che dire. Forse sono fanfaluche. Forse sono fantasie sgangherate di “complottisti” fuori di testa. La Storia giudicherà. Una sola cosa è certa: In Italia si è già in una dittatura. Draghignazzo non è un pasticcione come Conte. Non confeziona DPCM raffazzonati e facilmente attaccabili da un giudice di pace qualsiasi. Il suo ultimo DL è scritto con grande maestria. Fa strame della Costituzione, ma sarà più difficile sottoporlo al giudizio della Magistratura. Trattandosi di un DL, e non di un semplice DPCM, anche se vulnera gravemente alcuni principi  costituzionali come l’art. 32, obbligando di fatto gli operatori sanitari a vaccinarsi attraverso norme ricattatorie di tipo estorsivo, potrà soltanto essere portato davanti alla Corte Costituzionale se in un normale processo per trasgressione alla normativa dedotta nel provvedimento legislativo il giudice riterrà non manifestamente  infondata l’eccezione di incostituzionalità. Ieri notte ho fatto un sogno. La campagna vaccinale si risolveva in un disastro, come capitò verso la fine dell’Ottocento in Gran Bretagna durante una vaccinazione di massa per l’eradicazione del vaiolo. I contagi, in quell’occasione, invece di diminuire, subirono un’ improvvisa recrudescenza. Ci furono durissimi scontri di piazza. Il governo dovette sospendere la somministrazione del vaccino.. Ecco, allo stesso modo in Italia le vaccinazioni somministrate con precisione militare dal generale Figliuolo nel mio sogno provocavano più vittime effettive di quelle fasulle da Covid ogni giorno riportate dai giornali. Scontri di piazza, mobilitazione dell’esercito non più per vaccinare, ma per contenere la folla inferocita che scendeva in piazza con le armi in pugno. Alla fine, come capitò ai tempi della rivolta in Iran contro lo scià Reza Pahlevi,  soldati, carabinieri e poliziotti anziché sparare contro i fratelli puntavano le armi contro i loro capi. Draghignazzo dava le dimissioni, la dittatura finiva. Sognare non costa niente. Purtroppo, mi sono svegliato.

Giovanni Tenorio

Libertino

4 pensieri riguardo “I have a dream.

  • A me sembra che gli indizi iniziano a diventare troppi: se la politica monetaria “whatever it takes” anticipa il destino del “bolivar” (e poi del “bolivar soberano”), la comparsa del generale in uniforme e mostrine (o addirittura mimetica, quando vuole sentirsi comodo), mi fornisce la conferma che ci stiamo evolvendo verso un modello sudamericano, in cui l’alternanza tra modelli di statalismo diversi (con le dovute proporzioni, i gruppi sono due: uno che include tra gli altri Conte, Allende, Chavez Maduro e l’altro che schiera soggetti come Uribe, Draghi, Pinchet).

    Anche in questo caso ci si salva solo con al regola “fix the money, fix the world”: hasta Bitcoin, siempre!

    • Dino Sgura

      Bitcoin SV però, il resto sono solo fuffa. Mai vista una bolla pompata in modo così criminale, peggio persino delle dot com del 2000.

    • Di “FaGGiuolo”, come lo chiama il Bria, non mi preoccuperei molto. Disegnato da Hanna & Barbera e distribuito dal nostro esercito da operetta è quanto più lontano possa esserci da una deriva autoritaria. Tra l’altro mi è pure simpatico perchè è uno dei pochi che in fototessera riesce a fare più spavento e brutta figura di me…

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  • Alessandro Colla

    Attendevo da tempo un articolo così perché anche a me è capitata di recente una strana avventura onirica: mi trovavo, non si sa come, catapultato in un imprecisato futuro ed ero ancora più vecchio di quanto non lo sia ora realmente. Rinvenivo in uno scaffale un libro di storia e leggevo alcune pagine che riguardavano il nostro attuale periodo. Troppo lungo riportare tutto, mi limito ad alcuni stralci di un capitolo piuttosto interessante.

    CAPITOLO VII

    Dopo la marcia su Roma compiuta dalla quadrumvira Virginia FariRaggi e l’ascesa al trono della famiglia reale Mattavoia grazie all’operato dell’ex presidente del consiglio Matteo Giolittenzi (definito dal deputato liberista Antonio Martilvemini, ministro della malavita), l’incarico di primo ministro viene assegnato a Benito Mussoconte che sostiene di voler incarnare gli ideali della “sinistra tradita”. Per il suo programma propone che “le stelle littorie diventino cinque” e che “l’onestà si difende anche davanti a un distributore di benzina”. Il suo servo Rocco Staracino lancia il messaggio secondo il quale “Mussoconte ha sempre ragione”. Dopo un esecutivo con la Laga delle Nazioni che vuol regalarci le sanzioni, Mussoconte cambia alleati e viene appoggiato da chi prima sfoggiava antifascismo di maniera. Palmiro Zingagliatti diventa alleato del fascio stellorio assumendo la carica di plenipotenziario del Latium Vetus con l’appoggio aggiunto dei suoi ex avversari. Un virus pseudomisterioso attacca l’Europa e invece di negoziare con la scienza ufficiale, i governi lasciano che la nazione responsabile della provenienza virale conquisti progressivamente ulteriori porzioni di territorio. I paciflaccidi europei sostengono che non valga la pena morire per Hong Kong e che sia meglio una vacanza a Danzica abbracciando un cinese. Inoltre il virus consente il rafforzamento dei governi e quello tedesco, gestito dal cancelliere Adolf Merkel, non è da meno rispetto a quello italiano. La guerra viene quindi scatenata contro il virus a colpi di limitazioni della libertà personale. Un altro quadrumviro, Domenico Roberto Farinarcuracci dei conti di Porto Salvo, viene nominato capo della Milizia Volontaria per la Sicurezza Sanitaria. Chi dall’opposizione chiede conto della spesa per tale operazione, viene minacciato al grido di “guai a chi tocca la Milizia”. Dopo il “delitto Marrocciotti” (nella realtà quotidiana il dottor Lucio Marrocco, responsabile vaccinale del Ministero della Salute) che le autorità mascherano come suicidio, Mussoconte assume pieni poteri accompagnati da frasi intimidatorie: “Quest’aula sorda e grigia della Camera dei Deputati, verrà aperta come una scatola di tonno e il Senato diventerà un bivacco di manipoli”. La cooperazione internazionale si rafforza grazie alla politica tedesca e all’intervento militare in Libia: nasce “Roberto”, l’asse Roma – Berlino – Tobruk, al grido “Le potenze dell’asse riscriveranno la storia. Le demoplutocrazie dovranno comprendere che niente sarà come prima e che la terra si salva se si produce meno e si consuma altrettanto meno”. La campagna di Russia contro il vaccino Sputnik si rivela, però, un fallimento e la nomina di un falco al ministero degli esteri statunitense sconvolge i piani di coloro che vedevano in Bidentruman il presidente alleato in nome del keynesianesimo. Il bombardamento virale delle Aziende Sanitarie Locali di Roma, dallo “Scalo San Lorenzo” all’area casilina, provoca malumori e malcontento tra la popolazione; soprattutto tra i commercianti ma anche tra i politici rimasti fuori dal potere esecutivo. Dopo una drammatica seduta del Gran Consiglio dei Ministri in un austero venticinque gennaio (ma nel contesto di un’assise politicamente tanto calda da sembrare un venticinque luglio), l’ordine del giorno “Maio” per il ritiro della fiducia a Mussoconte viene approvato con l’incredibile voto favorevole del conte Galeazzo Sileri di Cortellazzo. L’ex duce considererà tale affronto come una “cortellatazza subita da parenti acquisiti”. La RAI annuncia il seguente comunicato: “Sua Maestà il Re Mattatore… ha accettato le dimissioni da Presidente del Consiglio… Primo Ministro e segretario di Stato… da parte di Sua Eccellenza l’avvocato Benito Mussoconte… e ha nominato… nella carica di Presidente del Consiglio… Primo Ministro e Segretario di Stato… Sua Eccellenza il Finanzier… Maresciallo Mario Dragoglio.” Quest’ultimo esordisce dicendo: “La guerra al virus continua a fianco dell’alleato tedesco.” L’alleato, intanto, aveva tentato di colonizzare la Francia del generale Pémacrotain che aveva spostato la sua residenza a Vichy. Il suo antagonista, generale Charles De Gilet Jaune – Jalle, organizzava nel frattempo la resistenza. Mussoconte tenta di rifondare il Movimento Stellato Repubblicano con sede a Salò. Memore dei suoi precedenti favorevoli alla via della seta, tenta un nuovo asse chiamato “Ropedo” (Roma – Pechino – Dongo). Ma Roma è ormai perduta, l’oro di Dongo è gestito dall’Unione Europea e la Cina non lo considera più interlocutore affidabile. Mentre il cancelliere Adolf Merkel comprende che la sua parabola è alla fine, Il primo ministro inglese Winston Boris Churchonson promette lacrime e sangue per l’immunità di gregge. Mussoconte punta alla socializzazione del mondo in un momento in cui la crisi economica comincia a mostrare i suoi lati più oscuri. Si ripromette di creare un nuovo soggetto politico allargato ma verrà tradito proprio dai suoi alleati durante un colloquio svolto presso la massima prefettura lombarda.

    CAPITOLO VIII

    In una tetra giornata di fine aprile a Milano, piazzale Loreto…

    E qui non so se interrompa il libro o il sogno.

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